Economia

Costo del lavoro in Italia: confronto con l’Europa e impatto su imprese e salari

Il Paese si posiziona leggermente sotto la media dell’Unione Europea (30,5 euro) e ben al di sotto della media dell’Eurozona (34,3 euro)

di redazione economia

Costo del lavoro in Italia: confronto con l’Europa e impatto su imprese e salari

Il costo del lavoro in Italia è un tema centrale per imprese, lavoratori e investitori. Con un valore medio di 29,4 euro all’ora (dati 2023), il nostro Paese si posiziona leggermente sotto la media dell’Unione Europea (30,5 euro) e ben al di sotto della media dell’Eurozona (34,3 euro). Ma questa cifra racconta solo una parte della storia. Il vero nodo sta nella composizione del costo del lavoro e nel basso livello di produttività, due fattori che penalizzano la competitività italiana rispetto ai principali competitor europei.

In Italia, il costo del lavoro si suddivide in due componenti principali. La componente salariale rappresenta circa il 72,2% del costo totale, mentre i costi non salariali, che includono contributi previdenziali, welfare aziendale e tasse, pesano per il 27,8%. Questo valore è tra i più alti d’Europa, subito dopo Francia e Svezia, rendendo il lavoro italiano più oneroso senza garantire un incremento proporzionale della produttività. L’indice dei costi del lavoro nel primo trimestre del 2024 ha raggiunto 108,10 punti, con una previsione di crescita fino a 108,75 punti nel 2025

A livello europeo, l’Italia si colloca in una posizione intermedia. Il costo del lavoro è nettamente inferiore rispetto a Francia e Germania, dove si attestano rispettivamente a 40,8 euro e 39,5 euro all’ora, mentre in Lussemburgo raggiunge i 50,7 euro, il valore più alto nell’Ue. Al contrario, paesi come la Spagna registrano un costo del lavoro di 23,5 euro, inferiore di circa il 20% rispetto all’Italia, mentre in Bulgaria il valore scende drasticamente a 8,2 euro, il più basso nell’Unione Europea.

Queste differenze riflettono il divario economico tra Nord e Sud Europa, ma considerando il potere d’acquisto (PPS) il gap si riduce. Ad esempio, la Germania e la Francia sostengono costi del lavoro più elevati ma compensati da una maggiore produttività e da un tessuto industriale più solido, mentre l’Italia, nonostante costi inferiori, fatica a migliorare la competitività.

Nonostante la crescita delle retribuzioni contrattuali nel settore privato, che nel 2024 ha registrato un aumento del 3,8%, la produttività italiana resta bassa, con un indice di 99,47 punti, inferiore alla media europea. Questo significa che, a parità di costo del lavoro, un’ora lavorata in Italia produce meno valore rispetto ad altri paesi Ue.

Tuttavia l'inflazione, prevista all’1,5% nel 2025, potrebbe ridurre la pressione sui salari reali, ma senza riforme adeguate non sarà sufficiente a rilanciare la competitività. Nel frattempo, nell’Eurozona il costo del lavoro cresce a un ritmo più sostenibile, con un indice che dovrebbe raggiungere 124,38 punti nel 2025, contro i 108,75 punti previsti per l’Italia.  A livello normativo, un altro fattore chiave sarà la direttiva UE sui salari minimi, che potrebbe spingere l’Italia ad adottare un sistema di retribuzioni minime pari ad almeno il 60% del salario medio nazionale, attualmente non garantito. Se attuata correttamente, questa misura potrebbe riequilibrare il mercato del lavoro, riducendo le disparità senza penalizzare la competitività delle imprese.

LEGGI QUI TUTTE LE NEWS DI ECONOMIA