Economia

Cottarelli: "Governo di spesa? Mai. Senza riforme arriva la Troika"

Buddy Fox

L'intervista di Affaritaliani.it a Carlo Cottarelli, ex commissario alla spending review



Draghi oggi è amatissimo, prima di lui altrettanto amato, addirittura idolatrato, era Alan Greenspan, quando parlava tutti ascoltavano in religioso silenzio. Dopo però, a causa delle sue politiche di denaro facile, fu accusato di aver provocato la crisi. Oggi siamo addirittura al denaro gratis, non vorrei che capitasse la stessa sorte a Mario Draghi...
“C’è questo rischio. La politica monetaria è troppo espansiva, l’ho detto più volte. L’espansione monetaria serve con un’economia in difficoltà, dovrebbe essere ridotta con l’economia in crescita. Greenspan teneva i tassi bassi anche con l’inflazione al 3% e promuoveva una forte liberalizzazione dei mercati finanziari, Draghi oggi sta ancora rispettando il mandato BCE. Greenspan aveva esagerato, però Draghi dovrà fare attenzione ai futuri effetti collaterali di questa politica monetaria molto generosa”.

Ricorda “un mondo perfetto”? Un film che si reggeva sull’utopia del sentimento nato tra un rapinatore e il suo ostaggio, una storia senza lieto fine. Anche l’economia vive oggi in un mondo perfetto, e gli investitori credono che l’utopia della crescita costante dei mercati senza inflazione avrà un lieto fine. Lei ci crede? “Non ho mai visto il film, ma se andrà bene o male dipenderà solo da noi, se utilizziamo questo momento magico per irrobustire la nostra casa. Dal punto di vista dei conti pubblici abbiamo sprecato questi 6 anni. Se pensiamo che la soluzione ai nostri problemi sia nuovo deficit, stiamo già sbagliando, rischiamo di esporci a una riedizione del 2011. Io spero di no, ma potrebbe non esserci un lieto fine”.

Quindi tornerà Monti?
“O la Troika, compreso il Fondo Monetario, io ci ho lavorato per 25 anni e le assicuro che non è piacevole averlo in casa, anche se talvolta è necessario….come andare dal dentista!”.

Invece vedo che la politica sposta l’obiettivo dicendo che il problema è l’Euro, come in “fuga da Alcatraz” è una prigione da cui dobbiamo scappare. E se invece fosse la nostra salvezza? Nel 1992 non c’era l’Euro eppure l’Italia non se la passava tanto bene.
“Dal punto di vista economico, razionalmente, si può vivere sia con una moneta propria e sia condividendola, quello che trovo sbagliato è pensare che l’Italia fuori dall’Euro sarebbe libera di fare quello che vuole e soprattutto che questo metterebbe il turbo nella crescita, non è vero. Si fa spesso l’esempio del Giappone, che con noi ha in comune un grande debito, ma ha una sua moneta, il Giappone insieme a Italia e Grecia è il paese che in termini di reddito pro capite è cresciuto meno negli ultimi 25 anni. I problemi si risolvono con meno tasse, con meno sprechi, con i conti in ordine, eliminando l’evasione, la corruzione, la lentezza della giustizia e l’eccessiva burocrazia. Uscendo dall’Euro avremmo un problema di transazione molto forte e non una soluzione ai nostri problemi”.

Le statistiche dicono che anche con l’Euro forte le nostre imprese vanno molto bene, il nostro export cresce... 
“Le imprese che sono sopravvissute, quelle vanno bene. Un fenomeno che si collega alla debolezza della nostra domanda interna, se avessimo consumi interni più forti, noi avremmo probabilmente esportazioni più basse”.

Negli allenamenti di pallavolo si usava mettere i pesi alle caviglie dei giocatori per irrobustire la muscolatura, poi in partita, senza i pesi, i giocatori saltavano altissimi. Non è che l’Euro a 1,60 ha avuto questo effetto sulle nostre imprese?
“Questo è vero, ma nella sostanza tante imprese sono scomparse. La nostra produzione industriale sta recuperando ma è ancora bassa e anche il nostro Pil èsono ancora inferiorei al 2007. Solo i sopravvissuti vanno bene, abbiamo ancora molto da recuperare, ora l’Italia deve accelerare nella crescita, l’1,5% annuo non basta”.

E si da colpa alle banche. Ma se chiedo alle banche loro rispondono che hanno prestato molti soldi e che gravi responsabilità sono degli imprenditori che quando sono in difficoltà, piuttosto che rimpatriare i soldi dall’estero per salvare la propria azienda, preferiscono fallire.
“Le banche sono estremamente liquide e sarebbero ben contente di prestare di più perché farebbero più soldi. Uno dei motivi per cui non lo fanno è il continuo cambiamento della regolamentazione bancaria (Basilea 3, le regole sugli Npl) che crea molta incertezza su quanto capitale le banche dovranno detenere per fare prestiti. Tenere liquidità depositata a tassi negativi certo non fa felici le banche, non conoscendo l’evoluzione di questa regolamentazionei regolamenti, le banche frenano i prestiti”.

Il bail in è stato un errore?
“Nei tempi e nei modi sì, ma il principio è giusto. La gente deve essere più responsabile, perché è troppo comodo rischiare negli investimenti, tanto se va male paga lo Stato. Mi preoccupa di più il tentativo di rendere automatico il bail in per il Debito Pubblico, cioè se un paese ricorre ai finanziamenti dell’Esm deve avere una ristrutturazione del debito pubblico. Questo è pericoloso perché aumenta le probabilità che ci sia una crisi”.

Il problema è sempre il debito. In “America Sniper” il cecchino americano riusciva a colpire i nemici anche da posizioni molto distanti, noi abbiamo un debito talmente grande che dove colpisci, lo centri sempre. Con Prodi e Ciampi eravamo arrivati quasi al 100%, al giro di boa, poi abbiamo rovinato tutto. L’argenteria, le privatizzazioni, stanno finendo, come si può fare?
“Il problema più delle privatizzazioni è l’avanzo primario che era stato portato al 4,5% a fine anni novanta, poi abbiamo ricominciato a spendere”.

Vendere oro potrebbe essere una soluzione?
“Ma no, a parte poi i problemi legali con Banca d’Italia. Non abbiamo bisogno di soluzioni una tantum, ma di riduzioni tendenziali e strutturali del rapporto Debito/Pil. Non è nemmeno necessario un abbattimento rapido, ma ci vuole una discesa regolare e costante che si può fare con un avanzo primario nell’ordine del 3,5/4%. E c’eravamo già a quel livello!”.

Se penso a “Gran Torino” mi viene in mente Fiat, un’azienda che ora va molto bene ma l’Italia praticamente l’ha persa. Attiriamo aziende, ma non riusciamo a mantenerle, perché? Calenda è stato molto bravo con Alcoa, forse con Embraco è stato un po’ ingenuo, perché Embraco ha seguito le regole di mercato... 
“Al di la dei casi singoli, noi dobbiamo diventare un paese dove sia gli imprenditori esteri e sia quelli italiani trovano conveniente investire, e non per un sussidio, ma perché il paese è favorevole a fare impresa. Finché abbiamo questa burocrazia e questa lentezza giudiziaria, sarà difficile creare l’habitat giusto”.

Le imprese straniere non vengono in Italia, ma nemmeno noi italiani andiamo all’estero. Non riusciamo a fare squadra ed a lanciarci nelle conquiste. Nel film “Invictus” persino un paese diviso come il Sud Africa, grazie a una partita di rugby, riuscì ad unirsi. Nerio Alessandri ha detto che siamo seduti su un mare di petrolio ma non abbiamo costruito i pozzi. Come facciamo a costruirli se non riusciamo a unirci nemmeno quando gioca la nazionale di calcio?
“Sicuramente c’è un problema di eterna litigiosità, si potrebbe risolvere con la costruzione di un capitale sociale, ma è un processo che necessita di tempo, ma anche l’individualismo ha i suoi aspetti positivi”.

Siamo frenati dalla mentalità del Palio di Siena, non importa che io vinca, l’importante è che perda quello della contrada nemica...
“Se si parla di calcio, anch’io mi sento responsabile di rivalità”.

Ho capito Lei non è juventino... 
“(ride)”.

Lei ha criticato l’entrata di Cdp in Telecom, paventando il rischio di un nuovo ritorno alle partecipazioni statali...
“Preferisco non commentare la vicenda Telecom perché non la conosco abbastanza, ma non ho problemi a dire che la Cdp sta facendo un po’ troppo incetta di partecipazioni”.

Non le sembra che una Telecom ibrida (Stato + Privato), su qualcosa che può dare rendimento, possa essere un esperimento interessante?
“Non prendo posizione sullo specifico perché non conosco i dettagli, però in generale si crea una strana linea d’opinione, perché a livello locale le municipalizzate (cioè il capitalismo pubblico locale) sono il male assoluto, però a livello nazionale il capitalismo di Stato viene ripescato. Dobbiamo deciderci, ci piace il capitalismo pubblico? Se ci piace allora deve valere anche a livello locale, allora teniamo in vita le diecimila partecipate che ci sono già”.

Visto che le piace il calcio, Mario Sconcerti due anni fa disse che se la Juventus avesse comprato Cristiano Ronaldo l’avrebbe messo in panchina perché il titolare era Dybala. Lei oggi è il Ronaldo della situazione, tutti la cercano e tutti la vogliono, ma due anni fa c’era già…
“4 anni fa…”.

Le hanno fatto fare un lavoro, ma la sensazione è che non l’abbiano fatta giocare da titolare. Chi l’ha messa in panchina?
Io l’ho detto più volte che si era creato un problema, ho fatto le mie raccomandazioni, le ho consegnate, poi si trattava di implementarle, non mi sentivo più il sostegno della politica e da commissario potevo continuare ad agire solo con il sostegno della politica, quindi ho preferito andarmene. Non mi sento però richiesto da tutti, prima delle elezioni si sentiva spesso il mio nome ma io credo fosse solo uno specchietto per le allodole”.

Lei è un cervello di ritorno, tra tanti che scappano, Lei è un coraggioso che torna per mettere le sue capacità a disposizione di chi governerà. Dunque se avesse un incarico di governo lo accetterebbe? “Dipende tutto per fare che cosa”.

Per fare maggiore spesa?
“Non per aumentare il deficit. C’è tanta gente in giro che crede che il deficit debba essere aumentato, io non sono uno di quelli”.

Secondo Lei perché non hanno messo in atto il suo lavoro di 4 anni fa?
“Ma perché sono cose difficili da fare politicamente. Torniamo a quello che ci siamo detti all’inizio, bisogna avere una visione di lungo periodo, mentre mi pare che la tendenza sia alla miopia, a guardare solo al breve, al massimo alle prossime elezioni. Che poi, nemmeno quelle si vincono”.

Avrei voluto fargli molte altre domande, Cottarelli è una fonte di sapere e soprattutto conosce ciò di cui parla, per avere altre risposte dovete leggere il suo nuovo libro “I sette peccati capitali dell’economia italiana”. Negli anni ’70 Clint Eastwood ebbe grande fama impersonando il ruolo dell’ispettore Callaghan, un personaggio che fu anche molto criticato perché venne equivocato il suo ruolo definito troppo duro. Una durezza mal interpretata, che solo successivamente fu compresa come un’esigenza del rispetto delle regole. Io vorrei che a Cottarelli non capitasse la stessa cosa, mi sto adoperando affinchè questo non accada.

@paninoelistino