Economia
Credit Suisse, la spy-story travolge l'"Obama della finanza". Via il Ceo
Suicidi, contrasti con top manager e concorrenza. Le ombre sui casi di spionaggio interni. Il Ceo franco-ivoriano presenta le dimissioni. Al suo post Gottstein
Tre casi di pedinamento. Il suicidio di un investigatore, le dimissioni e i suliramenti di top manager, tensioni ormai insostenibili con il presidente e i dubbi del mercato sulla gestione del vertice nell'incredibili spy-story interna. il banchiere franco-ivoriano Tidjane Thiam, il Ceo del Credit Suisse che nel marzo del 2015 ha preso le redini della secondo istituto di credito svizzero ribaltandolo come un calzino (investment banking-private banking) con due ricapitalizzazioni e riportandolo in utile nel 2018 dopo tre esercizi in rosso fatti di mega-multe per controversie soprattutto negli Usa e pesanti oneri di ristrutturazione, ha deciso di gettare la spugna. La storia di spionaggio alla fine l’ha travolto.
L'ex Ceo del Credit Suisse Tidjane Thiam
La prova di essere coinvolto nei tre casi di investigazioni private non c’è, ma le ombre sul passato, la mancanza di fiducia che iniziava a serpeggiare sul mercato sia per aver dimostrato di essere apparentemente all’oscuro di alcune operazioni della prima linea sia per i contrasti interni con il presidente, hanno spinto ieri Thiam a dimettersi, dopo mesi di polemiche.
Il banker, arrivato a Zurigo sull'onda di un'ottima reputazione, tanto da essere definito l'Obama della finanza, da alcuni giornali elvetici, lascerà l'incarico il 14 febbraio, dopo la presentazione dei conti annuali e sarà sostituito da Thomas Gottstein, che attualmente guida le attività della banca sul mercato elvetico.
Il 57enne Thiam ha deciso di lasciare al termine di una riunione del board, che si preannunciava infuocata sin dall’inizio, dopo che alcuni azionisti, fra cui il primo socio della banca Harris Associates (8,42% del capitale, davanti al fondo sovrano del Qatar con il 5,21%, a quello norvegese con il 4,98% e al gruppo saudita Olayan con il 4,93%), avevano chiesto al Cda di schierarsi con forza dalla parte del Ceo, accusando anche il presidente Urs Rohner di essere in manovra per mandar via Tiam. Le dimissioni del banchiere sono state accettate dall'unanimità.
In attesa del responso dell’autorità federale svizzera Fnma che vigila sui mercati finanziari e che avrebbe potuto muovere contro il Ceo e altri manager, rei di non aver vigilato adeguatamente nella spy-story (indaga anche la Procura di Zurigo), Thiam, che nel dare le dimissioni ha ribadito di non essere a conoscenza dei pedinamenti, ha preferito togliere il disturbo.
Su di lui gravano alcune ombre. L’affaire era scoppiato a settembre dopo che l'ex-numero due del gruppo, Iqbal Kahn, banker svizzero di origini pakistane passato ad Ubs (il primo istituto elvetico e diretto competitor del Credit Suisse) come co-responsabile della gestione patrimoniale, aveva scoperto di essere pedinato su mandato della banca rosso-crociata. Il motivo? Capire se Khan agisse per portare via clienti e collaboratori al suo ex gruppo.
A dicembre si era aperto un nuovo capitolo, quando la banca aveva riconosciuto un secondo caso di spionaggio, questa volta del suo ex-direttore delle risorse umane Peter Goerke. Secondo un'indagine condotta dallo studio legale Homburger per conto del Credit Suisse, la responsabilità dei pedinamenti era dell'allora chief operating officer Pierre-Olivier Bouée, licenziato a fine anno. Né Thiam né Rohner, secondo Homburger, erano a conoscenza delle mosse di spionaggio. Lo scorso week-end, il SonntagsZeitung aveva rivelato che la sorveglianza avrebbe avuto nel mirino anche Greenpeace.
Infine, ci sarebbe un terzo caso di pedinamento, di cui si starebbero occupando gli avvocati della banca, che secondo l'agenzia Reuters avrebbero incontrato una ex dirigente di Credit Suisse negli Usa che accuserebbe l'istituto di averla messa sotto sorveglianza nel 2017.
Indagando sulla spy-story, i media elvetici avevano rivelato di antichi dissapori personali tra il banker franco-ivoriano Thiam e Khan per rivalità professionali: il 43enne Khan, immigrato dal Pakistan a 12 anni, era considerato l'erede naturale del Ceo del Credit Suisse, ma era da tempo ai ferri corti con il numero uno, perche, si diceva, gli impediva di avere pubblica visibilità. Tensioni sfociate anche in contrasti come vicini di casa: i due hanno ville confinanti sul lago di Zurigo, un trasloco da parte di Khan vissuto da Thiam, sono i rumors, come un atto di sfida.
Rumorosi e protratti lavori di ristrutturazione nella nuova e lussuosa magione del banker pakistano avrebbero irritato ancor più il Ceo, che avrebbe avuto un ruvido scambio di opinioni con il proprio numero due durante un party. Tra i casus belli ci sarebbero stati anche gli alberi piantati nel giardino della villa di Thiam che avrebbero oscurato a danno di Khan la vista sul lago di Zurigo. Quando Khan aveva deciso di dimettersi dal Credit Suisse, la sua uscita sembrava porre fine al clima di tensione ai vertici. Ma non era stato così: il passaggio del top manager in agosto alla rivale Ubs, con una mossa del tutto inconsueta per il fair play tra i due colossi bancari elvetici, aveva suscitato grande allarme nella banca rosso-crociata.
C'erano poi dei legami fra Thiam e il team di spionaggio: l’ex direttore operativo Bouée aveva già lavorato con Thiam quando questi guidava il gruppo assicurativo britannico Prudential, prima di prendere il timone di Credit Suisse nel 2015. Come anche Goerke, l'ex capo del personale finito pedinato.
Insomma, troppe ombre difficili da gestire nel preservare la tranquillità dell'operatività futura. Intanto, il titolo continua ad andare in rosso alla Borsa di Zurigo, fattore che ha contribuito non poco nella svolta al vertice: durante la gestione Thiam, accusato anche di aver alimentato un clima di sfiduca nella banca, il valore della capitalizzazione del gruppo si è dimezzato.
@andreadeugeni