Economia
Creval, rischio Mps per Credito Valtellinese: il Cda decide sull’aumento
Creval, il Cda del Credito Valtellinese fissa il prezzo dell’aumento di capitale da 700 milioni. Senza soci di riferimento si rischia un intervento dello Stato
Non c’è due senza tre, così dopo Mps e Banca Carige anche il Credito Valtellinese soffre in borsa dove il titolo cala a 10 euro per azione (-6,5% rispetto alla vigilia, -78% circa rispetto a 12 mesi or sono) a poche ore dalla determinazione, da parte di un Cda odierno, delle condizioni a cui sarà lanciato l’aumento iperdiluitivo da 700 milioni di euro che dovrebbe partire lunedì 19 febbraio per evitare possibili turbolenze post-elettorali ma che per Banca Imi resta ad “alto rischio di esecuzione”, nonostante un atteso sconto sul Terp (prezzo teorico ex diritto) del 15%.
Perché il giudizio degli analisti sia così cauto è evidente: a fronte di una capitalizzazione di circa 110 milioni, al mercato vengono chiesti 700 milioni, il che significa che i soci che non parteciperanno subiranno una diluizione pari almeno al 85%-90% del valore ante aumento. Un rischio reso ancora più elevato dall’assenza di alcun socio di riferimento, visto che Denis Dumont, imprenditore francese operante nel settore alimentare, ha solo il 5,78%, anche se appare intenzionato ad arrotondare la sua partecipazione, mentre l’unico altro socio sopra il 5% sono i fondi di Hosking Partners (al 5,057%).
Un “nocciolino” stabile del 10% appare troppo poco per evitare il “rischio Mps”, ossia di dover ricorrere all’aiuto di stato. Così a Sondrio non sono stati con le mani in mano e in queste ultime settimane hanno allargato il consorzio di collocamento, che ora comprende Mediobanca (in qualità di Sole Global Coordinator e Joint Bookrunner), Banco Santander, Barclays, Citigroup Global Markets e Credit Suisse (in qualità di Co-Global Coordinator e Joint Bookrunner), Commerzbank, Jefferies e Societe Generale (in qualità di Senior Joint Bookrunners), Banca Akros, Equita Sim e Keefe, Bruyette & Woods (in qualità di Joint Bookrunners) e MainFirst (in qualità di Co-Lead Manager).
Purtroppo l’impegno degli istituti è ancora solo a livello di pre-underwriting, e dovrebbe diventare vincolante solo nei prossimi giorni. Fino ad allora l’istituto presieduto da Miro Fiordi potrebbe continuare a “ballare” non poco in borsa, anche perché è finito nel mirino di alcuni fondi hedge come Marshall Wace (posizione corta pari allo 0,82% del capitale) o Oxford Asset Management (posizione corta pari allo 0,96%). Se non altro tra chi scommette al ribasso sul Creval non è presente Ray Dalio, il cui fondo Bridgewater ha nel frattempo fatto salire ad oltre 3 miliardi di dollari (rispetto ai 713 milioni che aveva segnalato a fine ottobre) la sua posizione corta contro titoli italiani (18 in tutto), ormai solo una porzione di una scommessa ribassista da 14 miliardi di dollari che il gestore ha acceso contro titoli europei.
Anche così per il management del Credito Valtellinese la situazione resta delicata, dopo aver inutilmente vagliato l’ipotesi del “matrimonio” con la concittadina Banca popolare di Sondrio o, in alternativa, con Bper Banca o Credit Agricole. Ipotesi tutte rimaste sulla carta a causa del peso delle sofferenze in bilancio che la Bce è intenzionata a far calare rapidamente: a fine settembre Creval ne presentava presentava Nple per oltre 4 miliardi di euro, coperti al 45,8%, Bp Sondrio ne registrava per 4,3 miliardi, coperti al 48,9%, mentre Bper Banca ha già fatto sapere di voler cedere un altro miliardo di sofferenze nei prossimi mesi e altri 3 miliardi entro il prossimo triennio.
Insomma: l’eredità di una passata gestione del credito quanto meno infelice e la cautela degli investitori a investire in attività bancarie che restano poco redditizie e che potrebbero risentire di un quadro politico nazionale turbolento, potrebbe mettere i bastoni tra le ruote alla banca di Fiordi, che oggi cercherà di estrarre l’asso dal mazzo per convincere collocatori e mercato che la svolta è a portata di mano e vale la pena di scommettere sul Creval, evitando ogni ipotesi di ricapitalizzazione precauzionale a carico dei contribuenti italiani, gli unici che insieme a Fiordi debbono davvero augurarsi che tutto fili liscio.