Economia

Dpcm, Cavo (Fipe): "Ristori certi e automatici. Non possiamo navigare a vista"

di Andrea Deugeni

Alessandro Cavo, presidente di Fipe-Confcommercio della Regione Liguria e membro del Consiglio direttivo nazionale della Fipe commenta il dl "Ristori" in arrivo

"Abbiamo bisogno di ristori certi e automatici. Ogni volta che il governo prende queste decisioni, abbiamo bisogno che contestualmente ci venga anche detto quanto verrà erogato e che verrà dato in maniera automatica. Non possiamo più navigare a vista". 

Alessandro Cavo
, presidente di Fipe-Confcommercio della Regione Liguria e membro del Consiglio direttivo nazionale della Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi va dritto al punto con Affaritaliani.it, commentanto il nuovo decreto dell'esecutivo in arrivo con gli indennizzi per il settore dei ristoranti, bar, gelaterie e pasticcerie colpito dal nuovo Dpcm. Provvedimento che ne impone la chiusura giornaliera o nuove limitazioni agli orari di apertura per invertire la curva epidemiologica. Un decreto che dovrebbe contenere un pacchetto di misure per circa 5 miliardi di euro, di cui 1-1,5 destinati al Fondo ristori. 

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"Gli ìndennizzi una-tantum, di cui ha parlato il presidente del Consiglio, è qualcosa di inaccettabile per i nostri imprenditori che hanno bisogno di camminare su un terreno solido", tuona Cavo. Che ricorda come "in questi mesi con le aperture estive solamente alcuni esercizi sono riusciti a ridurre il danno, ma non certo a compensare, con quello domestico, il calo complessivo generato dalla mancanza di turismo".

Nell'anno nero del Covid, il settore che è composto da 340 mila imprese che danno lavoro a oltre un milione e duecentomila persone e che nel nostro Paese genera un fatturato aggregato di oltre 90 miliardi di euro, è in profonda sofferenza.

Nel solo secondo trimestre del 2020, quello del lockdown generale, bar e ristoranti hanno registrato un calo senza precedenti del fatturato, il valore più basso della serie storica dal 2010 ad oggi: un -64,2% che equivale a una perdita di circa 13 miliardi di euro. Rosso che, secondo la Fipe, nei primi sei mesi cresce a 18,8 miliardi di euro e che sull'anno complessivo per la mancanza di rimbalzo sarà di 24 miliardi di euro. Uno scenario fortemente negativo, su cui si innestano ora le misure contenute nell'ultimo Dpcm, misure che in alcuni casi daranno il colpo finale a un comparto, in cui l'8% di bar e ristoranti, soprattutto nelle grandi aree metropolitane del Paese, non ha ancora riaperto l'attività dopo la fine della serrata.

"Sicuramente a fine 2020 chiuderanno 50 mila imprese, con oltre 350 mila addetti che perderanno il posto di lavoro, occupati anche con contratto a tempo indeterminato", spiega Cavo. "Purtroppo subiamo anche il danno dello smart-working che ha fatto sparire la pausa pranzo e ha falcidiato l'orario delle colazioni e i caffè durante la giornata", aggiunge il presidente di Fipe-Confcommercio della Regione Liguria.

"Percui le imprese, già indebolite e che come un pugile stavano cercando di rialzarsi, ora si trovano a subire un'altra scarica di colpi: è impossibile per loro sostenere la chiusura della parte serale, l'unica in cui riuscivano a fare fatturato e per la quale erano stati effettuati investimenti in sicurezza per adeguarsi ai protocolli vigenti", spiega ancora Cavo. 

Quindi, "vanno bene la cassa integrazione e la cancellazione della seconda rata dell'Imu, un buon inizio, ma il contributo a fondo perduto dev'essere certo e ripetuto nel tempo per tutto il periodo in cui vigerà la chiusura forzata", conclude. 

@andreadeugeni