Economia

Fusioni, moral suasion di BankItalia. Ecco gli istituti in odore di nozze

"Serve un nuovo ciclo di aggregazioni alle banche italiane". Mentre la Borsa si sta già muovendo da tempo in vista della nuova stagione del risiko bancario da troppo ferma ai blocchi di partenza, ora arriva la moral suasion di Banca d'Italia. Vigile del mercato del credito e consapevole che, passata la bufera sovranista dello spread, per il settore bancario il contesto di business fatto dalla politica monetaria espansiva appena prolungata dalla Bce resta, per dirla con le parole usate dai banchieri in questo caso, "sfidante".

A consigliare la riapertura delle operazioni di fusione nel settore è stato il vice direttore generale di Via Nazionale Alessandra Perrazzelli che ha preso parte alla Giornata del Credito. L'ex country manager in Italia della britannica Barclays Bank ha spiegato che il percorso di rafforzamento degli istituti deve proseguire rapidamente con "i livelli di redditività che rimangono troppo bassi rispetto alla remunerazione richiesta dagli investitori". E "in passato le fusioni e le acquisizioni hanno rappresentato la modalità più diffusa e rapida con cui sono stati riassorbiti gli eccessi di capacità produttiva", eccessi che invece una condizione stand alone da parte degli istituti non permetterebbe di gestire. Quindi, ha concluso la Perrazzelli "ora c'è la necessità che si avvii un nuovo ciclo di aggregazioni".

Ma quali sono le ipotesi di risiko bancario su cui si ragiona sul mercato? Protagonisti della prossima, a questo punto, stagione di M&A, di cui si parla in verità da anni, sono Banco-Bpm, Ubi, Bper e Mps. Banche che, a seconda delle diverse logiche seguite (territoriali, di business e di condizioni patrimoniali) nelle operazioni di aggregazione, benedette ora anche dal governo Conte-Bis che vede in questi deal la possibilità di rafforzare i flussi di credito verso l'economia reale, soprattutto al Sud, vengono tirate in ballo in diverse combinazioni.

Banco-Bpm e Ubi creerebbe il terzo gruppo italiano, dopo Intesa-Sanpaolo e UniCredit. E martedì l'amministratore delegato di Banco-Bpm Giuseppe Castagna per la prima volta ha ammesso apertamente che una  fusione fra le due banche del Nord avrebbe "senso", un'operazione che però incontrerebbe, ha ricordato il Corriere della Sera, diverse criticità per i prezzi attuali (il Banco vale il 25% in meno di Ubi a confronto del patrimonio, secondo Equita) e per il rafforzamento che la Bce potrebbe chiedere, anche di circa due miliardi secondo alcune stime.

Il nuovo patto di consultazione che raccoglie il 17% dei soci di Ubi invece potrebbe guardare con maggior favore a un’aggregazione con Mps. Anche questo deal potrebbe presentare delle criticità a cominciare dal rafforzamento che la Vigilanza potrebbe chiedere al gruppo termine di una pulizia forte del bilancio dalle sofferenze. 

Ora che Carige è stata salvata con l'operazione che ha coinvolto Cassa centrale banca, holding del credito cooperativo che in un paio d’anni potrà prenderne il controllo, resta da sistemare la Popolare di Bari e capire cosa vogliono fare da grandi le due piccole della Valtellina: il Creval e la Popolare di Sondio, mai volute unirsi nelle nozze per creare una superpopolare. Sul Credito Valtellinese i fondi hanno già preso posizione in vista di un inevitabile M&A che per molti osservatori potrebbe coinvolgere i francesi del Crédit Agricole.