Economia
Generali, gli screzi fra il Calta e Nagel. "Benetton fuori dal Cda? Ingiusto"

Un siluro, neanche tanto velato a Mediobanca. O meglio al suo amministratore delegato Alberto Nagel, manager di diversa formazione e approccio al business, con cui pare non sia mai corso buon sangue. E’ bastata una semplice parolina, “ingiusto”, proferita da Francesco Gaetano Caltagirone, secondo azionista delle Generali e vicepresidente della compagnia con una quota del 5,003%, per aprire uno spaccato sulla convivenza dei soci all'interno nocciolo duro tricolore che con circa il 29% controlla il Leone. Nocciolo che ha dato vita alla lista di maggioranza che esprimerà il prossimo consiglio di amministrazione della compagnia assicurativa.
Il vecchio board di Generali è stato "quasi interamente riproposto", ma "è l'espressione di un mondo delle Generali di tre anni fa. Nel frattempo, si è affacciato un nuovo grande azionista ed è un peccato che non sia rappresentato, forse è anche ingiusto", si è lasciato scappare a margine dell'assemblea della Caltagirone Spa l'imprenditore romano, riferendosi implicitamente alla posizione acquisita nella compagnia assicurativa dal gruppo Benetton con Edizione srl, titolare di oltre il 4% del capitale.
Seguendo le indicazioni del consiglio uscente, Mediobanca, socio forte del Leone con il 13%, ha optato per la totale continuità, riproponendo gli stessi nomi di tre anni fa con l'eccezione di Ornella Barra (troppo impegnata nel colosso Walgreens e sostituita da Antonella Mei-Pochtler) e riconfermando il presidente Gabriele Galateri e il Ceo Philippe Donnet, i due vicepresidenti Caltagirone e Clemente Rebecchini, e tutti gli altri consiglieri, Romolo Bardin, Lorenzo Pellicioli (rappresentante del gruppo De Agostini azionista all'1,7%), Sabrina Pucci, Alberta Figari, Diva Moriani e Paolo Di Benedetto.

Cos'ha dato fastidio al Calta che comunque nella governance del gruppo è ben rappresentato? Pare che all'immobiliarista capitolino non sia piaciuto il non essere stato coinvolto direttamente nel processo decisionale per la stesura completa della lista per le Generali, lista che poi è stata presentata poi solo da Mediobanca e comunicata agli altri soci via fax.
Ma in Piazzetta Cuccia dove nell'ultimo anno, dopo l'ingresso dei Benetton hanno avviato un filo diretto con Ponzano Veneto, la scelta non è stata casuale. Sulle consultazioni, infatti, nella merchant bank è scattato un rigido chinese wall.
Coinvolgendo un gruppo di azionisti (fra cui Leonardo Del Vecchio e Caltagirone entrambi saliti al 5%) che equivale a circa il 29% del capitale, a un passo dalla soglia critica del 30%, si sarebbe prospettato il rischio di un riconoscimento da parte della Consob di un patto più o meno occulto fra soci che avrebbe potuto far scattare un'Opa (miliardaria) obbligatoria sulla restante parte delle azioni.
C'è di più. Pare che da Ponzano, dove hanno sempre definito l'investimento nelle Generali come puramente "finanziario", non sia arrivata la richiesta di un posto in consiglio a Trieste, dove i Benetton tra l'altro non sono neppure intenzionati a breve ad accrescere (al 5%) la propria quota. Insomma, a poco dall'assemblea delle Generali (il 7 maggio), il clima fra i soci non è dei migliori. Un blocco nei cui futuri equilibri il trio imprenditoriale Caltagirone, Del Vecchio (fra cui c'è già unità di vedute) e famiglia Benetton (insieme già al 14%) agirà all'unisono controbilanciando il peso di una Mediobanca che deve scendere al dal 13% al 10%.
Tutti concordi invece sul giudizio sull'operato del management e sull'andamento del titolo. "Siamo pienamente soddisfatti della gestione", ha sottolineato Caltagirone, a cui fatto eco, a margine dell'assemblea di Dea Capital, Pellicioli: "Il piano strategico della compagnia è ottimo. E' lucido, chiaro e concreto, senza voli pindarici, ma fatto con grande competenza nel mondo dell'assicurazione che è il mestiere di Generali".
@andreadeugeni