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Economia

di Andrea Deugeni
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Nella settimana delle banche centrali, Haruhiko Kuroda, il presidente della Bank of Japan, si limita a confermare l'attuale politica monetaria, che comprende i tassi negativi su una parte delle riserve in eccesso degli istituti finanziari giapponesi e con un linguaggio non usuale per la banca centrale giapponese, cita la politica dei tassi Usa come un fattore di rischio per i possibili effetti di un eventuale rialzo dei tassi americani specialmente sui mercati emergenti. 

Dopo tutto, debellare definitivamente la bassa inflazione e spingere la crescita in seconda battuta è l'obiettivo dell'Abenomics, la politica economica ultraespansiva del governo di Tokyo e della politica monetaria dei tassi d'interesse negativi da parte della BoJ. E, al momento, ha spiegato Kuroda,  l'economia giapponese "ha continuato il suo trend di moderata ripresa, anche se le esportazioni e la produzione sono in calo principalmente per gli effetti del rallentamento delle economie emergenti".

Da qui l'avvertimento irrituale per la Federal Reseve che inizia oggi la sua due giorni del Fomc, il braccio operativo della politica monetaria, e che dovrà prendere le sue decisioni sul costo del denaro Usa dopo la modestissima stretta di dicembre di un quarto di punto che ha segnato la fine della politica monetaria ultraespansiva statunitense. Mentre le economie dei Paesi emergenti scontano i bassi corsi dei prezzi delle materie prime e il rallentamento della Cina, un nuovo rialzo dei tassi americani complicherebbe i problemi delle società, in primis quelle legate al business delle commodity, fortemente indebitate in dollari.

Anche per dare possibilità alla politica dei tassi negativi resa effettiva a metà febbraio di dispiegare i propri effetti, la banca guidata da Kuroda ha deciso così di mantenere invariata la sua politica di stimolo monetario e, con un voto di 8 a 1, di prevedere un aumento della base monetaria a un ritmo annuale di 80 mila miliardi di yen. Hanno votato (7 a 2) per mantenere il tasso di interesse negativo -0,1% sui depositi dei conti correnti, decisione assunta a sorpresa lo scorso gennaio, al fine di raggiungere l'inflazione del 2% nel più breve tempo possibile.

Dopo l'annuncio di oggi, lo yen si è leggermente rafforzato mentre i titoli bancari si sono indeboliti. L'indice Nikkei ha concluso le contrattazioni in flessione dello 0,68% a 17.117,07 punti, 116,68 punti in meno rispetto alla chiusura di ieri proprio sulla delusione delle attese degli operatori finanziari per una politica monetaria ulteriormente espansiva. L'attenzione degli investitori si sposta ora sul meeting della Federal Reserve e su quello della Bank of England di dopodomani (poi la Banca Nazionale Svizzera e la Norges Bank).  E con ogni probabilità i tassi della banca centrale guidata da Janet Yellen resteranno fermi dove si trovano.

Sarà importante leggere fra le righe quello che dirà il successore di Ben Bernake. Se tornerà, cioè, a professare ottimismo sulla crescita americana, é segno che il prossimo quarto di punto all'insù é solo rinviato a giugno. E questa é la previsione più diffusa al momento. Gli ultimi dati dal Pil al mercato del lavoro indicano che la locomotiva Usa procede. Il rinvio del rialzo dei tassi da marzo a giugno è una mossa naturale: in fondo, con Draghi e il Giappone che vanno sottozero, in termini relativi i rendimenti americani stanno comunque salendo. Oltretutto, con le aspettative di inflazione che nel Paese del Sol Levante appaiono in indebolimento (l'obiettivo di un'inflazione al 2% è ancora lontano a causa del crollo dei prezzi del petrolio nell'ultimo anno e, complici uno yen molto più tonico che erode i profitti delle aziende e la ricorrente fase di turbolenza sui mercati azionari, gli auspicati aumenti salariali tardano ad arrivare, ha specificato la BoJ), il mercato si attende ora che la banca centrale nipponica prenda ulteriori misure espansive il mese prossimo.

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