Economia
"IA a rischio bolla? Dall'intelligenza artificiale non c'è via di ritorno. In Europa nessuna leadership nel settore"
L'allarme della Bce: le aspettative esagerate degli investitori rischiano di alimentare una bolla pronta a esplodere. Parla Matteo Flora, professore in Sicurezza delle AI e Superintelligenze (European School of Economics)
Intelligenza artificiale, scoppia la bolla? "L'IA è qui per restare, non c'è alcuna via di ritorno"
L’entusiasmo attorno all’intelligenza artificiale potrebbe presto trasformarsi in una trappola pericolosa per gli investitori. Lo dice la Banca Centrale Europea, che nel suo ultimo report semestrale sulla stabilità finanziaria lancia un monito chiaro: il boom delle azioni legate all’AI rischia di gonfiare una bolla pronta a scoppiare se le elevate aspettative non saranno soddisfatte.
L’avvertimento della Bce non è solo per gli addetti ai lavori, ma un segnale per chiunque stia cavalcando l’onda dell'IA senza considerarne i rischi. Nel mentre negli Stati Uniti il mercato azionario, drogato di aspettative, appare ormai ostaggio di pochi colossi tecnologici. Ma cosa accade quando la realtà non tiene il passo con le promesse? La storia insegna che i crac delle bolle speculative non lasciano solo danni finanziari: portano con sé sfiducia, instabilità e, spesso, crisi sistemiche. Affaritaliani.it ne ha parlato con Matteo Flora, professore in Sicurezza delle AI e Superintelligenze (European School of Economics) e in Corporate Reputation e Crisis Management (Università degli Studi di Pavia).
Come valuta lo stato attuale dello sviluppo dell'intelligenza artificiale? Gli ingenti investimenti nel settore saranno davvero sostenibili nel lungo termine?
L'intelligenza artificiale, al momento, si sviluppa su due fronti principali. Uno è sicuramente di natura speculativa, come spesso accade con le nuove tecnologie: è successo con la blockchain, il web nelle sue fasi iniziali, la realtà virtuale, il Metaverso, e così via. Questo aspetto speculativo ha un peso rilevante. Dall'altro lato, però, è importante non lasciarsi condizionare dalla paura di un possibile crollo, come avvenne con le Dot-Com. Dopo quella crisi, il digitale non è scomparso: al contrario, è diventato parte integrante delle nostre vite. Lo stesso accadrà con l'intelligenza artificiale.
Quali sono, secondo lei, i segnali che potrebbero anticipare uno scoppio della bolla?
L'intelligenza artificiale è qui per restare, non c'è alcuna via di ritorno: l'efficienza lavorativa, tecnologica, nei processi e la comodità di gestione non hanno alternative. Non possiamo tornare indietro, non torneremo a fare le illustrazioni a mano come fa l'IA, né smetteremo di usare ChatGPT per scrivere report o email. Ora, quello che bisogna capire è quali investimenti sopravvivranno e in che modo. Questo è un punto più complesso, perché stiamo parlando di tecnologie nuove nella loro implementazione, che vengono adottate a una velocità estrema.
Tuttavia, questo non significa che la maggior parte delle applicazioni spariranno. È una bolla destinata a scoppiare? No. È una bolla destinata a ridimensionarsi? Dal punto di vista degli investimenti, sì, ma dal punto di vista della penetrazione del mercato e dell'obbligatorietà di tecnologie come queste in qualsiasi tipo di settore, no.
Cioè?
La bolla economica potrebbe effettivamente scoppiare, ed è possibile che una parte degli investimenti, soprattutto quelli più speculativi, venga ridimensionata significativamente. Ma questo è più un problema finanziario che tecnologico. Per esempio, delle 10 società che sono state pompate da una grande quantità di soldi, 5 potrebbero sparire? Probabilmente sì, ma forse erano proprio quelle 5 che non funzionavano così bene.
Questo però non rischia di minare la fiducia degli investitori verso l’intero settore?
Certo che sì, ma ricordiamoci che gli investitori nelle nuove tecnologie sono investitori di venture capital, quindi, come è successo con il Metaverso o la blockchain, rappresentano una minima parte delle realtà che utilizzano una determinata tecnologia. C’è una selezione naturale abbastanza marcata di queste cose, ma non solo nell’IA, bensì in qualsiasi tecnologia. Pensiamo ai telefoni cellulari: quante erano le tecnologie per i sistemi operativi dei cellulari e quanto è stato investito? Tantissimo. Quante ne sono sopravvissute? Poche, tecnicamente due.
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La Bce ha evidenziato una forte concentrazione di mercato in poche grandi società, in gran parte statunitensi. In Europa, siamo troppo dipendenti dalle big tech Usa per quanto riguarda l’IA? È possibile immaginare una leadership europea?
Ormai, i leader nell’IA si contano sulle dita di una mano, e sono quelli che detengono le redini della ricerca e dell'innovazione. Ma questo non significa che non ci sia spazio per un nuovo soggetto che possa fare progressi significativi. Tuttavia, a meno di scossoni notevoli, la tendenza sembra già tracciata.
In Europa, non c’è alcuna possibilità di vedere una leadership nell’immediato futuro. Si può costruire, ma servono investimenti decisamente più ampi. C’è però un enorme bacino di utenti e un mercato molto allettante. Nella realpolitik, bisogna ricordare che siamo un mercato talmente interessante che poche realtà decideranno di non conformarsi alle normative europee e rinunciare a un intero mercato. Per una questione di opportunità economica, non geopolitica: non siamo il mercato più allettante, ma siamo estremamente rilevanti. Il mercato europeo si sta proteggendo dal dominio e, allo stesso tempo, sta creando paletti interni. Tuttavia, è ancora troppo presto per strapparsi le vesti o per congratularsi per normative che sono nate solo da pochi mesi e che necessitano di un periodo di affinamento molto più lungo.