Economia

Italia, l'industria dei servizi immobiliari vale 43 miliardi e cresce del 5%

Eduardo Cagnazzi

Secondo il Rapporto sulla filiera in Europa la costruzione e la gestione degli immobili pesa per oltre 480 miliardi di euro. Il ruolo dell'innovazione digitale

L’industria dei servizi immobiliari, dalla costruzione alla gestione, vale nei cinque grandi Paesi europei (Francia, Germania, Regno Unito, Italia e Spagna) più di 385 miliardi di euro con un aumento dell’1,2 per cento sul 2018. A livello continentale questa industria pesa per oltre 480 miliardi di euro. Anche in Italia il settore è in grande sviluppo e nel 2019 ha raggiunto i 43 miliardi di euro con un incremento di quasi il cinque per cento sull’anno precedente. È una crescita superiore a quella registrata nel mercato immobiliare che è stata del 3,9 per cento. La Germania si conferma il mercato più importante, la Spagna si muove sulla scia dell’Italia mentre il mercato francese rimane in una posizione intermedia, con un fatturato in contrazione. I mercati più produttivi per fatturato medio per occupato si confermano quello tedesco, con 273mila euro per addetto, e quello francese, con 257mila euro. Sono questi alcuni dei dati illustrati a Roma da Scenari Immobiliari in apertura del convegno FUTU.RE, durante il quale è stato presentato il quinto “Rapporto sulla filiera dei servizi immobiliari in Europa e in Italia”. Il Rapporto è realizzato con la collaborazione delle principali società di servizi italiane (Abaco Team, Agire Gruppo IPI, BNP Paribas Real Estate, CDP, Coima, Cushman & Wakefield, Generali Real Estate, GVA Redilco, Revalo, Rina Prime Value Services, Sidief, Yard).

“L’Italia  -ha affermato Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari (nella foto)- si conferma il Paese con il peso maggiore delle attività immobiliari all’interno dello scenario economico nazionale, con una quota stimata per il 2019 pari al 19,3 per cento.  E’ un comparto produttivo in rapida crescita sia di addetti che di fatturato e ha ancora ampi spazi di crescita. Sia per aree geografiche che per tipologia di mercato. Il settore delle costruzioni è sostanzialmente stabile, con un peso stimato pari al 4,2 per cento sul Pil nazionale. Il settore ha proseguito nel corso del 2019 il percorso di aggregazione iniziato negli anni precedenti, con operazioni di consolidamento dei principali player”.

In Italia nel 2019 l’intera filiera dei servizi all’immobiliare (dalla progettazione alla vendita) supera il mezzo milione di addetti (+2,9% sul 2018), tra diretti e indiretti, facendo registrare una crescita del 15,8 per cento in cinque anni, ai primi posti in Europa.

“I cambiamenti che sta vivendo il settore immobiliare -ha dichiarato Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari- sono sempre più rapidi e profondi e derivano principalmente dall’impatto che le nuove tecnologie stanno avendo sulle diverse fasi del ciclo di vita degli immobili. L’innovazione digitale sta modificando il modo in cui gli edifici si progettano, si costruiscono, si utilizzano e si gestiscono, e di conseguenza tutti gli ambiti che compongono i servizi immobiliari devono adattarsi a questo nuovo ambiente. In questa fase storica tutti i settori immobiliari stanno vivendo profonde trasformazioni, dagli uffici al retail, fino al residenziale, in tutte le sue diverse forme, dalle abitazioni sul libero mercato, al social housing, co-living e co-housing, residenze per studenti, senior housing”.

“Sul fronte dimensionale -ha aggiunto Zirnstein- le società di servizi si confermano contenute, evidenziando una strutturazione inferiore del real estate rispetto ad altri settori produttivi. Le eccezioni sono rappresentate dal Regno Unito e dalla Germania. Nel Regno Unito in particolare la dimensione media delle società è di quasi sei addetti, mentre in Germania è pari a 3,1 addetti. In Francia, Spagna ed Italia la frammentazione delle imprese è rilevante, con una media di 1,3 addetti a società. In particolare, in Italia si riscontra una minore strutturazione del settore, con la presenza di molte società individuali o a conduzione familiare, che però, in uno scenario competitivo, faticheranno a introdurre innovazioni, sia di prodotto che di processo”.