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Economia
L'inflazione mangia i portafogli, nel 2022 il saldo cala di 20 miliardi

Negli ultimi cinque anni si è registrato un aumento complessivo dei finanziamenti personali e per i beni di consumo di 3,1 miliardi (+1,2%) da 253,6 miliardi a 256,7 miliardi: tale incremento ha riguardato ampiamente la componente dei prestiti finalizzati all’acquisto di beni e servizi per 21,1 miliardi (+22,2%), e ha più che controbilanciato la riduzione registrata sul versante dei prestiti finalizzati a spese personali, diminuiti di 17,9 miliardi (-11,3%) nello stesso arco temporale. Nei soli 11 mesi del 2022, la richiesta di prestiti al consumo non si è ridimensionata ed è aumentata di ben 5 miliardi di euro, con un tasso di crescita prossimo al 5% e ben superiore anche all’incremento medio dei mutui per l’acquisto di casa (3,8%).

Il flusso dei finanziamenti finalizzati ha superato la cifra dei 116 miliardi di euro a fine novembre e per quanto vi siano già state più di due manovre sui tassi della banca centrale europea, l’effetto della crescita dell’inflazione incide, evidentemente, in misura maggiore sulla capacità di spesa dei cittadini. Se la tendenza alla crescita dei prestiti personali e del credito al consumo dovesse proseguire, la sostenibilità finanziaria delle famiglie italiane potrebbe essere messa a rischio dal peso ancora più influente di rincari e dei tassi crescenti, con conseguenze sociali che corrono il rischio di diventare preoccupanti per quelle famiglie il cui ricorso al credito è già lo strumento per far fronte alle spese di istruzione, spesa, viaggi, sport, famiglia e bollette.

«L’inflazione resterà ancora a livelli particolarmente elevati per i prossimi due anni: un primo calo si registrerà solo alla fine di quest’anno, ma dovremo aspettare il 2025 per veder tornare l’indice dei prezzi al consumo al 2% medio nell’area euro. Vuol dire che nel 2023 e nel 2024 i prezzi continueranno a salire a un ritmo importante, con evidenti conseguenze negative per tutti gli italiani. La risposta non può essere soltanto l’aumento dei tassi di interesse da parte della Banca centrale europea che, anzi, corre il rischio di diventare un boomerang sul credito.

Servono, da parte del governo, politiche fiscali, volte ad aumentare il reddito disponibile, più incisive e auspico che già quest’anno possano arrivare risposte in questo senso. Ma sono indispensabili, soprattutto, i rinnovi di tutti i contratti collettivi di lavoro scaduti, con importanti aumenti delle retribuzioni. Ricordo che oltre sei milioni di lavoratori attendono il rinnovo dei loro contratti collettivi, in alcuni casi da più di cinque anni. A breve avvieremo il negoziato per il contratto delle lavoratrici e dei lavoratori bancari, stiamo per completare la piattaforma sindacale» dichiara il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni.

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