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Economia
La guerra del caffè: la tazzina sempre più cara rilancia il "modello Starbucks". E dalla Cina...

La guerra del caffè: la tazzina sempre più cara rilancia il "modello Starbucks". E dalla Cina...

Quanto costa bere una tazzina di caffè? Dipende da Paese a Paese ma anche da città a città. In Italia, nel 2024, la media è di 1,18 euro, in crescita rispetto all’1,03 misurato nel 2021. Catanzaro, per la cronaca, è il capoluogo più economico con 0,99 centesimi mentre a Bolzano si registrano le cifre più elevate dello Stivale (1,38 euro). Tutta colpa del “rally” della materia prima, a sua volta causato dalle condizioni in cui si trovano a crescere le coltivazioni delle piante di caffè. Alle prese con problemi non da poco, come il surriscaldamento globale e disastri naturali.

Un business da 7 miliardi di euro solo in Italia

Il risultato è un inevitabile aumento delle quotazioni in borsa del caffè Robusta, aumentate per via del clima arido in Vietnam. Stessa sorte è toccata al caffè Arabica, il più popolare sul mercato, prodotto in un Brasile falcidiato da un meteo avverso. Come fare per arginare un problema non da poco, soprattutto per l’Italia, dove Assoutenti stima che nei locali pubblici del Belpaese vengano serviti circa 6 miliardi di caffè all’anno con un introito economico pari a 7 miliardi di euro (considerando solo l’espresso)?

Occhio alle catene del caffè

L’alternativa più economica, ovviamente, coincide con il consumo del prodotto nella propria abitazione. Una soluzione senza ombra di dubbio efficace ma drastica. L’alternativa potrebbe invece essere quella di cambiare le modalità del consumo del prodotto in questione, nonché la sua tipologia. Il caro, vecchio bar italiano è infatti insediato – soprattutto nelle grandi città – da catene di negozi specializzati nella vendita di caffè. Il più famoso, dalle nostre parti, è Starbucks. Ebbene, realtà del genere che fino a qualche anno fa erano considerate, nell’opinione pubblica, come “McDonald’s” del settore, oggi potrebbero avere la chance di recuperare terreno.

Da Starbucks un caffè costa 1 euro e 80 centesimi

In primis perché il costo del prodotto inizia a competere con quello del caffè servito al bar, tanto più dopo gli ultimi aumenti. E poi perché l’esperienza di sorseggiare un caffè da un bicchiere di plastica è ormai più cool dell’immagine, nostalgica ma appannata, del cucchiaino immerso nella tazzina di porcellana su un anonimo bancone di un bar. Restando su Starbucks, un espresso costa 1,80 ma non è da escludere che la catena possa inventarsi qualche offerta colazione, come accade in altri Paesi, per attirare più clienti. E non è neppure da escludere un calo dei prezzi, o un prodotto più economico, qualora dovessero emergere altri concorrenti.

Caffè, il laboratorio asiatico

Può essere utile dare un’occhiata non tanto agli Stati Uniti bensì all’Asia. Qui, in caso di caffè, l’opzione più economica e semplice consiste nell’affidarsi a una delle tante catene attive nel settore. O, in alternativa, entrare in un minimarket e utilizzare la macchinetta automatica. Alcuni esempi? In Cina sta andando fortissima la catena Luckin Coffee, l’alternativa made in China di Starbucks. Le sue vendite totali nel 2023 hanno raggiunto i 3,45 miliardi di dollari, superando quelle annuali comparabili di Starbucks di 3,16 miliardi di dollari in Cina, rendendola la più grande catena di caffè d’oltre Muraglia.

Mega, Tomoro e Zus Coffee

Il marchio sembra molto concentrato sul dominio del mercato cinese e meno sull'espansione internazionale, ma non è da escludere uno sprint fiutando un possibile spazio di manovra. Altri nomi? Player come Mega Coffee della Corea del Sud, Tomoro Coffee dell'Indonesia e Zus Coffee della Malesia stanno sfidando il predominio di Starbucks e aumentando la loro quota di mercato. In Europa, al momento, la torta è appannaggio degli operatori anglosassoni. Attenzione, però, a possibili sorprese. I bar osservano preoccupati.

 






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