Economia
Lvmh e Kearing, occhi ancora sull'Italia. Le prede? Ferragamo, Tod's e Moncler
Uno studio di Berenberg ha riportato il settore moda-lusso italiano sotto i riflettori
Il settore moda-lusso italiano piace agli analisti di Berenberg che hanno avviato la copertura dei titoli Moncler e Prada con un rating “buy” (acquistare), oltre che di Salvatore Ferragamo e Tod’s (in questo caso con due “hold”, mantenere in portafoglio), promuovendo inoltre da “hold” a “buy” Brunello Cucinelli, giudicato il nome più resiliente nel panorama del settore del lusso non solo italiano ma mondiale.
Secondo il broker i timori di un rallentamento dei consumi cinesi, che hanno pesato sui titoli nelle ultime settimane, vanno ridimensionati e dunque ci si può attendere non solo un rally di fine anno ma anche una riaccelerazione, all’interno del comparto del lusso, dell’attività di fusione e acquisizione nei prossimi 12-18 mesi.
A comprare potrebbero essere in particolare i grandi conglomerati francesi del lusso Lvmh e Kering, che per gli esperti continueranno ad accumulare una considerevole cassa utilizzabile per fare acquisizioni, mentre i gruppi del Sud Europa, come quelli italiani, potrebbero recitare la parte di prede. Ma chi potrebbe veder passare di mano il controllo? Non certo Prada: con la famiglia al 65% e un Ebitda margin (margine sulle vendite: rapporto tra utile operativo e fatturato) del 17,6% a fine giugno scorso, il gruppo pare agli analisti una delle più interessanti storie di rilancio nell’intero settore e non sembra candidata a passaggi di mano
Anche Brunello Cucinelli (Ebitda margin del 16,1%), controllata al 51% dal fondatore, non pare correre rischi, mentre secondo gli esperti Salvatore Ferragamo (Ebitda margin del 17,3% ma in calo del 14,5% su base annua) e Tod’s (Ebitda margin del 14,4%) sarebbero le prede più probabili, nonostante nel primo caso la famiglia proprietaria controlli oltre il 54%, nel secondo il il 60,6%. Come dire che nessuna operazione “aggressiva” potrebbe essere portata a termine contro i due gruppi italiani di moda, semmai potrebbero essere avanzate offerte “a cui è impossibile dire di no”.
Sarebbe insomma un “bis” della strategia che la stessa Lvmh adottò già nel 2013 per mettere le mani su Loro Piana: all’epoca l’80% del gruppo venne rilevato per 2 miliardi di euro, sulla base di un Enterprise Value di 2,7 miliardi, pari a 21,5 volte l’Ebitda. Se venisse adottato lo stesso metro di giudizio, Salvatore Ferragamo varrebbe dai 5 ai 5,3 miliardi, contro una capitalizzazione attuale di soli 3,5 miliardi, mentre Tod’s potrebbe valere sui 3,3-3,5 miliardi (contro 1,75 miliardi di capitalizzazione di borsa).
Quanto a Moncler, gli analisti di Berenberg si attendono che continui a sovraperformare il settore e pertanto dopo il recente calo legato ai timori sui consumi in Cina potrebbe essere “l’occasione per farsi coinvolgere in questa storia immacolata”. Visto che Remo Ruffini controlla direttamente solo il 26,75%, sia Lvmh sia Kering (ma anche qualche altro grande gruppo americano del settore) potrebbero prendere alla lettera il suggerimento.
Se ciò avvenisse sulla base di valutazioni “d’amatore” come per Loro Piana, il marchio del piumino potrebbe arrivare ad essere valutato anche 8,8-9 miliardi di euro rispetto ai 7,55 miliardi attuali: un boccone molto grosso, ma non impossibile da mandar giù per chi, come Lvmh, lo scorso anno ha acquisito Dior con una complessa operazione da 12 miliardi di euro che ha visto impegnati circa 6,5 miliardi di cassa netta di Lvmh, peraltro sulla base di una valorizzazione del marchio acquisito di “sole” 15 volte l’Ebitda.
Berenberg, infine, non copre un ultimo marchio celebre della moda italiana e dunque non lo inserisce tra le potenziali prede da tener d’occhio, ma ciò non significa che non possa essere invece tra i gruppi appetibili: Aeffe, la maison di Alberta e Massimo Ferretti, dal 2007 è quotata in borsa ed ha una capitalizzazione inferiore al momento ai 250 milioni di euro, a fronte di un Ebitda in deciso recupero a fine 2017 (36,6 milioni, +45% sul 2016), pari al 15,2%. Per convincere i Ferretti, a cui fa capo circa il 62% del capitale (un altro 5,5% circa è in mano alla stessa Aeffe come azioni proprie), potrebbe bastare anche meno di un miliardo di euro, valutazione che sarebbe in linea con quella di Loro Piano ma che sembra eccessiva rispetto alle attuali quotazioni di borsa.