Economia
Manovra,"via 0,2% di deficit? Solo l'inizio.Meglio l'intesa che pagare 23 mld"
Parla Marcello Messori, economista e docente Luiss e direttore della scuola European Political Economy
di Andrea Deugeni
@andreadeugeni
"La proposta del governo Conte di abbassare il rapporto deficit/PIl fissato nel documento programmatico di bilancio di 0,2 punti percentuali? E' un'apertura, importante perché rimuove l'indisponibilità dell'Italia a modificare i saldi di finanza pubblica, ciò che voleva Bruxelles, ma siamo ancora all'inizio della trattativa. L'Italia ha tempo fino al 19-20 dicembre per dininnescare la procedura". Lo spiega ad Affaritaliani.it Marcello Messori, economista e docente della Luiss e direttore della scuola European Political Economy, che tira un bilancio del confronto fra l'esecutivo a la Commissione Juncker.
Rispetto a un obiettivo iniziale di deficit/Pil strutturale dello 0,8%, concordato con Bruxelles e a un 2,4% fissato nel documento programmatico di bilancio, il Governo Conte ha aperto a una modifica del saldo finale di 0,2 punti percentuali. Se l'Italia riuscirà ad evitare la procedura d'infrazione europea, la tattica negoziale dell'esecutivo giallo-verde si rivelerà un successo, perché M5S e Lega porteranno a casa reddito di cittadinanza e quota 100 sulle pensioni, contravvenendo alle regole comunitarie...
"E' un'apertura. Dobbiamo aspettare di verificare che la proposta italiana di far scendere il rapporto deficit/Pil dal 2,4% al 2,2% si traduca in misure concrete. E' la precondizione per iniziare un effettivo negoziato con Bruxelles. Non credo possa essere un punto di equilibrio finale in grado di portare l'Italia fuori dalla procedura comunitaria per deficit eccessivo basato sulla regola del debito".
Marcello Messori
Perché?
"Il punto sollevato dalla Commissione europea è che con questa bozza della legge di bilancio, diversamente da quanto era accaduto con i governi precedenti, l'Italia si allontana dalla convergenza verso l'equilibrio strutturale. Lede, quindi, il principio comunitario dell'avvicinarsi verso l'obiettivo di medio termine. La riduzione di 0,2 punti percentuali, non rimuove questo problema. Dal punto di vista delle regole europee, un abbassamento del rapporto deficit/pil dello 0,2% è interessante, perché rimuove quello che sembrava essere un ostacolo dell'apertura di qualsiasi trattativa fra il governo e Bruxelles e cioè la modifica del saldo prestabilito dall'esecutivo Conte".
E' un segnale importante, quindi, lanciato alle istituzioni comunitarie: si può iniziare a negoziare...
"Certo, ma siamo ancora molto lontani dal raggiungere un punto di equilibrio. La Commissione europea ha appena rilasciato le sue previsioni di crescita per il 2019, previsioni che sono molto ottimistiche in termini di tasso di crescita: Bruxelles stima un Pil in aumento dell'1,2%. Una grande banca internazionale, invece, ha appena rilasciato le sue stime e prevede per l'Italia un incremento di appena lo 0,4%. Questo per far capire che, con questi numeri, una riduzione dello 0,2% del deficit, ci porterebbe a un decremento effettivo finale del rapporto deficit/Pil per il 2019 del 2,7%".
E quindi?
"Dobbiamo attenderci l'apertura di una discussione vera. C'è tempo per fare questo".
Perché?
"Ormai, l'iter per la procedura è aperto. Dopo una serie di vagli da parte di un comitato del Consiglio Ue, la procedura dovrà tradursi in una serie di indicazioni di aggiustamenti da parte della Commissione europea. Il tutto avverrà presumibilmente intorno al 19-20 dicembre. Quindi, fino a che non partirà una definizione degli aggiustamenti, l'Italia ha tempo per disinnescare il problema. Deve farlo, però, iniziando un negoziato".
E quindi?
"Spero che questo segnale lanciato dal Governo sia l'effettiva volontà di avviare un negoziato. In definitiva, voglio dire che la riduzione dello 0,2% non è un punto di arrivo, ma di partenza. E' conveniente per l'Italia portare a compimento una trattativa, perché se, al contrario, si aspettasse la definizione da parte dell'esecutivo comunitario della portata degli aggiustamenti, la correzione finale richiesta potrebbe esser molto più impegnativa".
Di quanto?
"Secondo i miei calcoli, nell'ipotesi più favorevole si attesta intorno ai 23 miliardi di euro. Sarebbe una richiesta di aggiustamento per riavvicinarsi alla curva di avvicinamento all'obiettivo di medio termine difficilmente gestibile. Avrebbe costi sociali molto elevati".
E quindi?
"E' meglio disinnescare il problema prima, ma non credo che lo 0,2% di aggiustamento, che sono circa 3,5 miliardi, basti. Arrivare a un equilibrio è conveniente per il Paese. Speriamo che sia l'inizio di un confronto vero".
I mercati, però, hanno letto molto bene il cambiamento di toni fra Roma e Bruxelles: sul secondario sono scattate immediatamente le ricoperture sui Btp e dopo le fiammate della scorsa settimana in cui il differenziale Btp-Bund ha sfondato quota 330 punti, lo spread ora è a 290...
"Gli investitori fanno davvero il tifo perché si arrivi a una manovra rivista e compatibile con le regole europee e che nel Vecchio Continente non si crei un focolaio grave di instabilità. Quindi, scommettono su questo. Speriamo abbiano ragione. In questi 20 giorni, il governo si gioca molto in termini di credibilità politica con l'Europa".