Economia
Meloni: "Con accantonamento più credito ai cittadini". La strana teoria
Spiegando il dietrofront sulla tassa sugli extraprofitti delle banche, Meloni espone una strana teoria sui benefici degli accantonamenti delle banche...
Più credito ai cittadini grazie agli accantonamenti delle banche, la strana teoria di Meloni fa acqua da tutte le parti
Era tra i temi più attesi, ma la strana teoria di Meloni ha generato un mare di perplessità. Tornata sulla tassa sugli extraprofitti delle banche, in conferenza stampa la premier ha spiegato i motivi dietro alla decisione di fare “retromarcia” e affiancare alla rigida ed epocale tassazione una strada ben più conveniente, ovvero gli accantonamenti dei suddetti utili in una riserva non distribuibile (un capitale non utilizzabile per i dividendi agli azionisti o per stipendiare i manager).
In questo modo, al posto che pagare lo Stato, gli istituti di credito hanno la possibilità di tenersi i soldi in “pancia”. E naturalmente, piuttosto che versare subito nelle casse pubbliche vagonate di quattrini, le banche italiane si sono subito dirette verso questa via d’uscita: da Banca Intesa a Unicredit, da Bpm a (persino) Monte dei Paschi che, eppure, è controllata dal ministero dell'Economia per il 39,2%.
Tassa sugli extraprofitti, come nasce
Per fare un veloce riassunto, la tassa nasce in seguito all'aumento dei tassi d'interesse da parte della Banca Centrale Europea, momento in cui gli istituti di credito avevano alzato conseguentemente i tassi richiesti per prestiti e mutui, lasciando invece sostanzialmente fermi quelli corrisposti ai detentori di conti corrente e altri strumenti di deposito.
Questa dinamica si sarebbe tradotta nell'aumento del margine d'interesse (differenza, appunto, tra interessi attivi e passivi) delle banche. Per rimediare a questa distorsione, ecco dunque che l'esecutivo ha pensato di introdurre una tassa sul 40 percento della maggiorazione del margine d'interesse realizzato nel 2023 rispetto all'anno precedente. Successivamente, vista l’opposizione della maggior parte degli esponenti della finanza, tra cui anche Marina Berlusconi (la famiglia possiede il 30% di Banca Mediolanum e controlla di fatto Forza Italia) il governo ha deciso di riscrivere radicalmente il testo, dando vita così all’opzione degli accantonamenti.
Meloni: "Aumentando le riserve, crescerà anche il credito erogato ai cittadini". La strana teoria fa acqua da tutte le parti
Tornando a noi, ciò che ha portato maggior confusione tra cittadini e addetti ai lavori è una dichiarazione in particolare. “Aumentando le riserve aumenterà anche il credito erogato ai cittadini. Quindi nel medio periodo le banche pagheranno più tasse di quelle previste dall'imposta sugli extraprofitti, perché una volta che aumentano le riserve ci sono maggiori impieghi e questi significano maggiori ricavi, quindi più tasse pagate. Si tratta di un’operazione win-win per lo Stato”, conclude la premier.
Ma ci sarebbero da fare diverse obiezioni. La prima è che – per sua stessa ammissione – gli eventuali ritorni per le casse pubbliche ci saranno sul medio periodo, mentre la crisi dei mutui sta dissanguando i conti degli italiani adesso.
In secondo luogo, a fronte di un'ipotesi d'incasso certa su profitti che Meloni continua a definire "ingiusti", ora il governo si accontenta di possibili proventi futuri, tutti da dimostrare. I soldi risparmiati dalla banche, infatti, saranno immessi nel capitale di riserva, quello cioè necessario per affrontare eventuali prossime crisi di liquidità. È tutt'altro che scontato quindi l'assunto della premier, per cui questi accantonamenti si tradurranno in un aumento del credito o in maggiori impieghi, sottoposti a tassazione. Insomma, grazie alla novità degli accantonamenti degli utili nella riserva, nel primo periodo le casse dello Stato non vedranno dalle banche l'ombra di un centesimo.