Economia

Mercati, 2017 ad alto rischio geopolitico. Aon: attenti agli emergenti

Luca Spoldi

L’attacco missilistico di Trump è solo l’ultima conferma delle crescenti tensioni geopolitiche. Secondo l’analisi di Aon nel 2017 i rischi stanno aumentando

Dopo mesi trascorsi tra l’euforia legata ai proclami elettorali di Donald Trump e i timori che l’effettiva azione del neopresidente non fosse così efficace né così focalizzata su quella che i mercati ritenevano essere le priorità (la riforma fiscale e il programma di spesa per infrastrutture), a sorpresa è stato il rischio geopolitico a tornare sotto i riflettori, dopo la decisione di Trump di far attaccare una base aerea siriana da missili Tomahawk lanciati da due cacciatorpedinieri operanti nel Mediterraneo meridionale.

I mercati per ora hanno reagito molto prudentemente, ma i principali indici di volatilità sono nuovamente in tensione e se dovessero esservi ulteriori rappresaglie militari (ad esempio nei confronti della Corea del Nord) non è da escludere una correzione più decisa delle quotazioni di alcuni mercati e settori azionari. Per cercare di capire dove il rischio stia crescendo più che altrove è utile la lettura dell’edizione 2017 della Risk Map di Aon (il principale gruppo in Italia e nel mondo nella consulenza dei rischi e delle risorse umane, filiale della britannica Aon Plc, quotata al Nyse) realizzata in collaborazione con Roubini Global Economics e The Risk Advisory Group e dedicata all’analisi dei rischi politici, del terrorismo e degli episodi di violenza legati ad avvenimenti politici.

Secondo lo studio già nel 2016 si è avuto un incremento del 14% degli attacchi terroristici a livello globale, mentre i movimenti nazionalisti e populisti hanno contribuito a creare un contesto caratterizzato da crescente volatilità per le aziende che operano sui mercati internazionali (e di conseguenza per gli investitori). Inoltre nonostante i paesi occidentali abbiano registrato un marcato aumento degli attentati terroristici, il numero degli episodi di violenza di natura terroristica per questi paesi rappresenta meno del 3% degli attacchi terroristici a livello globale, a conferma che al di là della narrazione di alcune forze politiche, le principali vittime del terrorismo sono i paesi emergenti.

Ciò nonostante, nel 2016 gli Stati Uniti hanno subito il maggior numero di incidenti di natura terroristica nell’arco dell’ultimo decennio, il che aiuta a capire come mai Trump abbia avuto “il grilletto facile” pochi mesi dopo il suo insediamento alla Casa Bianca, tanto più che dalla ricerca non emergono per il 2017 segnali di un’eventuale diminuzione complessiva dei rischi legati ad atti di violenza, semmai anzi ulteriori rischi anche a livello geopolitico, che porteranno prevedibilmente ad un aumento dei costi per la sicurezza, a forme di governo più autoritarie e a un indebolimento del consenso tra gli stati. Dinamiche che secondo Scott Bolton, direttore del team Crisis Management di Aon Risk Solutions, pongono nuove sfide ad aziende e investitori. In particolare le aziende “che operano sia sul mercato domestico che su quello internazionale sono potenzialmente esposte ad eventi che potrebbero avere un impatto sulle risorse umane, le attività e gli asset”.

Henry Wilkinson, Head of intelligence & analysis di Risk Advisory aggiunge: “Lo scenario internazionale nel 2017 si sta muovendo in una direzione sempre più soggetta ad episodi di violenza e a crisi di vario tipo, in un trend che vede anche attori statali come minacce alla sicurezza internazionale, oltre a gruppi terroristici. Il terrorismo legato allo Stato islamico e ad Al Qaeda rimane una minaccia alla quale sono esposte decine di Paesi e settori chiave, tra i quali quello petrolifero e del gas, l’aviazione, il turismo, la distribuzione e i media”. Settori che dunque andranno monitorati e, tendenzialmente, sottopesati in portafoglio da parte degli investitori maggiormente avversi al rischio. Quanto all’analisi del rischio per paesi, Sarah Taylor, a capo della Structured Credit and Political Risks di Aon Risk Solutions, nota come “il panorama globale in costante cambiamento, guidato dal protezionismo commerciale, da politiche populiste e da sanzioni, potrebbe avere un impatto significativo sui mercati emergenti e di frontiera”.

La sensazione che i mercati emergenti possano correre quest’anno rischi crescenti è confermata da Rachel Ziemba, managing director Emerging Markets di Roubini Global Economics, secondo cui “a risentire maggiormente dell’incertezza politica nelle economie sviluppate, come quelle degli Stati Uniti ed europee, sembrano essere i principali partner commerciali in Asia, così come i produttori di materie prime dell’Africa sub-sahariana, del Medio Oriente e del Nord Africa”. Se nel 2016 le compagnie petrolifere e le aziende attive nel comparto del gas sono state bersaglio del 41% degli attacchi terroristici contro gli interessi commerciali, questa tendenza sta continuando anche nel 2017, con la Nigeria e la Colombia tra i paesi più a rischio, mentre l’Arabia Saudita, l’Iran, la Russia, il Venezuela e gli Usa sono risultati i paesi più vulnerabili ai cali della produzione petrolifera (che peraltro potrebbe determinare nuovi incrementi dei prezzi del greggio, in grado di supportare le quotazioni delle major del settore).

Inoltre nel 2016 per il secondo anno consecutivo si è registrata una crescita del numero dei paesi (19 in tutto) in cui sono in aumento i rischi politici, rispetto ai paesi in cui sono diminuiti (11), coi livelli di rischio terroristico e politico tornati a picchi che non si registravano dal 2013. Anche tra i mercati emergenti si individuano tuttavia delle distinzioni: Cile, Colombia, Hong Kong, Malesia, Singapore e Taiwan, fortemente integrati nell’economia globale, appaiono soggetti ad un maggior rischio politico a causa della loro dipendenza dagli Usa o da altri partner commerciali, mentre Messico e Filippine sono i più vulnerabili ad eventuali politiche protezionistiche. Al contrario Brasile, India, Indonesia e Nigeria sono meno vulnerabili, potendo contare su economie nazionali più grandi, molto meno dipendenti dalle esportazioni.

Infine Medio Oriente e Nord Africa presentano la più alta concentrazione di paesi con rischio da alto a molto alto, con rischi politici accresciuti e livelli molto elevati di episodi di violenza collegati ad avvenimenti politici (come in Iraq, Siria, Yemen e Libia) in grado di ripercuotersi anche sui paesi limitrofi. Un’eventuale maggiore dispersione della rete jihadista, avrebbe poi gravi implicazioni per decine di paesi anche in Europa e in Asia. Insomma: anche dallo studio di Aon appare chiaro come il 2017 sarà un anno più “a rischio” e volatile di quello che è stato il 2016.

Per gli investitori più prudenti non sarebbe male ridurre il peso degli investimenti azionari e obbligazionari sui mercati emergenti, limitando inoltre l’esposizione ai già ricordati settori petrolifero e del gas, dei trasporti, del turismo, della moda e del lusso e dei media anche sui mercati azionari sviluppati, puntando semmai sui titoli del settore della difesa e del settore finanziario e sull’alimentare. Per chi invece ama il rischio, sarà opportuno monitorare attentamente l’evolversi dei rischi geopolitici in Occidente come nei principali paesi emergenti, mantenendo una componente di liquidità in portafoglio per poter approfittare di eventuali scivoloni dei mercati legati a singoli episodi di tensione politica, attacchi terroristici o nuove frizioni militari.