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Economia
Messina Denaro, ecco il patrimonio da 4 mld tra commercio, case e opere d’arte
Matteo Messina Denaro

Messina Denaro, una fortuna da 4 mld di euro. Commercio, case e opere d’arte: ecco dove si nasconde il patrimonio del boss

Matteo Messina Denaro, boss di Cosa nostra, è morto. Ma la guerra dello Stato per la legalità non è certo finita, anzi, si può dire sia solo cominciata. Perché oltre all’eredità “umana” dell’ultimo stragista, che comporterà sicuramente una riorganizzazione all’interno della compagine mafiosa – con il rischio peraltro di tensioni interne – ora si apre la caccia alla sua eredità materiale.

Una caccia che in realtà è iniziata dal giorno del suo arresto, lo scorso 16 gennaio, e di cui ha recentemente parlato con Affaritaliani.it il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia, colui che ha coordinato le indagini dei carabinieri del Ros che hanno portato alla cattura del superlatitante.

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Questo perché, come diceva anche Giovanni Falcone, “seguire il denaro” è una delle migliori strategie di contrasto alla criminalità organizzata; soprattutto se il patrimonio in cui si sostanzia, è cospicuo. Si parla, infatti, di quattro miliardi, euro più euro meno: questa la stima (probabilmente per difetto) della fortuna solo in parte già sequestrata e confiscata a numerosi prestanomi del boss. E che potrebbe essere molto più grande (basti pensare che a lungo si è discusso sul costosissimo orologio del valore di 35mila euro che indossava al momento dell’arresto).

Ma dove gli investigatori hanno trovato, e devono ancora cercare, per impossessarsi del patrimonio di Matteo Messina Denaro? Dove l’ex superlatitante ha nascosto, e in passato investito, il frutto dei guadagni ottenuti grazie al traffico di droga, alle estorsioni e al riciclaggio? Sappiamo che "U' siccu" ha puntato, tra l'altro, alle rinnovabili, scommettendo in particolar modo sull’eolico, che veniva curato per il boss della mafia da un noto imprenditore trapanese, ex elettricista e pioniere del green in Sigilia, a cui sarebbe stato sequestrato un patrimonio di un miliardo e mezzo di euro.

E poi ancora al turismo: come riporta il Sole 24Ore, i soldi l’ex boss della mafia sarebbero entrati anche nell’ex Valtur, un colosso del turismo del valore di qualche miliardo, di proprietà di Carmelo Patti, l’ex muratore di Castelvetrano, diventato un vero e proprio capitano d’azienda. Il tribunale di Trani, nel 2018, gli sequestrò beni per un valore pari a 1,5 miliardi di euro: questa è risultata essere una delle misure patrimoniali più ingenti mai eseguite dalla Polizia. Vennero messi i sigilli alla vecchia Valtur; nel mirino finirono anche una barca di 21 metri, un campo da golf, 232 proprietà immobiliari e qualcosa come 25 proprietà.

Messina Denaro riuscì a mettere su un impero economico anche in Venezuela, dove aveva investito 5 miliardi di dollari in un’azienda di pollame. Secondo gli inquirenti questo costituiva un vero e proprio escamotage per riciclare i proventi del traffico di stupefacenti. E ancora appartenevano a Messina Denaro numerose opere d’arte grazie al suo compaesano Giovanni Franco Becchina, che secondo alcuni pentiti sarebbe stato sarebbe un ricettatore di reperti archeologici trafugati per conto della famiglia Messina Denaro. Ma nel patrimonio del capomafia trapanese anche la grande distribuzione commerciale. Era il 2013 quando la magistratura confiscò definitivamente a Giuseppe Grigoli, prestanome e braccio imprenditoriale del boss mafioso, un patrimonio da 700 milioni di euro. Secondo la Dia di Palermo il Gruppo 6Gdo srl gestiva, oltre al centro di distribuzione, 43 punti vendita tra Trapani e Agrigento nonché altri 40 supermercati in regime di affiliazione al marchio Despar. Al re dei supermercati sono stati prima sequestrati e poi confiscati dodici società, 220 fabbricati (palazzine e ville) e 133 appezzamenti di terreno per 60 ettari. 

E sono questi i sequestri più clamorosi. Negli anni si sono susseguite piccole o grandi operazioni con sequestri tra 300mila euro e un milione. In un altro caso sono stati 25 i milioni di euro sequestrati a un imprenditore accusato di essere un prestanome del superlatitante e di averlo ospitato a casa. In quel caso sono stati sequestrati oltre a 99 beni immobili, pari a una estensione di 150 ettari, 17 fra trattori e autocarri, 8 automobili fra cui due Suv, 86 conti correnti e rapporti bancari, una casa di cura per anziani e due società di cui una gestiva un famoso albergo.

Tra i business nelle mani dei fedelissimi del boss c’era anche il gioco online. Secondo quanto si legge nell’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia (Dia), il settore “ben si presta come strumento di riciclaggio dei capitali illeciti oltre che come fonte primaria di guadagno al pari del traffico di stupefacenti, delle estorsioni, dell’usura ecc”. Sono state ingenti, nel tempo, anche le somme depositate in conti correnti di paesi stranieri, compresi ovviamente anche i paradisi fiscali.

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