Economia
Nba, Lakers chiedono gli aiuti per le Pmi. Trump s'infuria e fanno dietrofront
La pandemia di Covid-19 sconvolge i calendari dello sport professionistico in tutto il mondo e ovunque le squadre provano a correre ai ripari. In particolare per i Lakers, una delle squadre favorite per il prossimo anello Nba, il 2020 è stato finora un anno contraddistinto da notizie terribili, a cominciare dalla scomparsa della sua ex “stella”, Kobe Bryant (in suo onore furono ritirate il 18 dicembre 2017 due maglie, la numero 8 e la numero 24, cosa mai capitata prima nella storia del Nba).
In difficoltà per lo stop forzato, ormai alle spalle visto che le squadre del basket professionistico a stelle e strisce potranno tornare al lavoro dopo l'8 maggio iniziando ad allenarsi, i Lakers avevano chiesto e ottenuto 4,6 milioni di dollari di prestiti federali erogati dal programma Sba PPP che Trump ha varato per aiutare le piccole e medie imprese americane in difficoltà nel pagare gli stipendi dei propri dipendenti, mentre in parallelo in sole 6 settimane in America quasi 30 milioni di lavoratori hanno dovuto fare richiesta di sussidi di disoccupazione.
Un programma inizialmente da 350 miliardi di dollari andato rapidamente esaurito (solo nel giorno di pre-avvio delle richieste giunsero domande per oltre 4 miliardi di dollari) e rifinanziato alzando a 660 miliardi i fondi a disposizione, tra non poche polemiche per i problemi informatici registrati dalla piattaforma federale e per i possibili risvolti legali nella selezione dei beneficiari.
Il segretario Usa al Tesoro Steven Mnuchin
Il segretario al Tesoro, Steve Mnuchin, prova ora a contrattaccare rimproverando quelle aziende che a parere suo (e di Trump) avrebbero “impropriamente” attinto ai fondi disponibili, ma non solo. Mnuchin ha nuovamente aggiornato le “linee guida” del programma chiarendo che è “improbabile che una società pubblica con un valore di mercato sostanziale e accesso ai mercati dei capitali” possa dimostrare di aver bisogno di un prestito federale per rimanere a galla.
Tra le società che hanno preferito non irritare la sempre più suscettibile amministrazione Trump, a pochi mesi dalle elezioni di novembre, oltre ai Lakers vi sono stati anche AutoNation (la principale catena di concessionarie automobilistiche negli Usa), il Ruth’s Hospitality Group e Shake Shack. Mnuchin ha anche aggiunto che i prestiti superiori ai 2 milioni di dollari (circa 26 mila finora tra cui quello inizialmente ottenuto dalla squadra di Los Angeles), saranno saranno sottoposti a un audit per determinare se avranno i requisiti per essere “perdonati” o se vi saranno conseguenze più gravi.
Il programma, ha concluso il Segretario al tesoro americano, non era inteso come un “welfare sociale per le grandi imprese”, per cui “pur essendo un grande fan del team, non sono un grande fan del fatto che abbiano preso un prestito di 4,6 milioni” di dollari, anzi “penso che sia scandaloso, e sono contento che lo abbiano restituito, o avrebbero subito le conseguenze”.
I più maliziosi fanno però notare che forse Mnuchin è un fan dei Lakers, ma il suscettibile presidente americano non deve ancora aver digerito “il gran rifiuto” ricevuto dai Golden State Warriors (5 volte finalisti, 3 volte vincitori delle Nba Finals dal 2015 a oggi) al suo invito alla Casa Bianca. Ancora meno la polemica che quell’episodio innescò con l’attuale stella dei Lakers, LeBron James, che in un tweet rispose a Trump che “andare alla Casa Bianca è stato un onore prima che arrivasse lei”.
Intanto, la Nba continua a lavorare nella speranza di poter tornare sul parquet disputando le gare di campionato nelle prossime settimane-mesi, non appena ci sarà l’opportunità di scendere in campo in sicurezza. Per questo la lega a stelle e strisce sta cercando di organizzare la conclusione della stagione immaginando il minor numero di spostamenti possibile e concentrando le squadre in un unico posto.