Economia

Non solo Deutsche Bank. Occhio a Lisbona. Col downgrade rischio sistemico Ue

Negli ultimi 15 giorni il caso Deutsche Bank ha scosso il sistema bancario europeo, ma è in Portogallo che covano nuove potenziali crisi

Quindici giorni da cardiopalma per Deutsche Bank, complice prima la richiesta di 14 miliardi di dollari di penale da parte del Dipartimento di Giustizia Usa per la vicenda della vendita di titoli legati ai mutui subprime prima dell’esplosione della crisi 2008 negli Usa, poi delle indiscrezioni che vogliono la banca pronta a trovare un’intesa sulla più gestibile cifra di 5,4 miliardi di dollari. Il titolo è così arrivato a perdere fino al 22% rispetto alle quotazioni del 15 settembre per poi dimezzare la perdita (-11,36%), facendo comunque salire al 48,2% la perdita da inizio anno. 

Nello stesso periodo tra le grandi banche “sistemiche” europee, Commerzbank ha perso il 9% (-39,85% da inizio anno), Intesa Sanpaolo ha perso il 7,2% portando a -36,08% la variazione da inizio 2016, Unicredit ha ceduto il 3,8% (-59,65% da inizio anno), Societe Generale ha segnato -4,65% (-27,7% da inizio anno), Bnp Paribas è rimasta pressoché invariata (-12,37% da inizio anno), come pure sono rimasti sugli stessi valori Banco Santander (-13,41% da inizio anno) e Bbva (-20,14% da inizio anno) e l’olandese ING Groep ha sfiorato un rialzo dell’1% (da inizio anno cede l’11,73%).

Ma la crisi di Deutsche Bank rischia di non essere l’unica “mina vagante” lungo la rotta dei mercati finanziari europei da qui a fine anno. Lontano dai riflettori, la crisi delle banche portoghesi, schiacciate dal peso dei crediti deteriorati, sembra non trovare soluzione, con Caixa Geral de Depositos che ha necessità da mesi di un aumento di capitale da 5 miliardi di euro e Banco Comercial Portugues a cui servono 2,5 miliardi di mezzi freschi. A complicare le cose, gli analisti dell’agenzia di rating Dbrs hanno segnalato che l’aumento del rendimento dei titoli di stato portoghesi e la fragile ripresa economica del paese gettano qualche ombra sul mantenimento di un rating sovrano “investment grade”.

(Segue...)