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Biogen, le biotecnologie per la salute umana presente e futura
A colloquio con Giuseppe Banfi, Amministratore Delegato di Biogen Italia
La pandemia da Covid-19 e il flusso di informazioni riguardanti lo sviluppo dei vaccini ci hanno fatto conoscere più da vicino il mondo farmaceutico facendo scoprire tanto dei processi che stanno dietro lo sviluppo e l’utilizzo dei farmaci.
In questo scenario come si inseriscono le biotecnologie?
“Quella delle biotecnologie è un’area in continua crescita, che negli ultimi anni è stata protagonista di importanti innovazioni scientifiche. Tali innovazioni sono state rese possibili grazie alla sempre più profonda conoscenza del DNA umano e dei processi molecolari alla base dello sviluppo di gravi patologie in ambiti che vanno ad esempio dall’oncologia, alla neurologia, alle malattie infiammatorie autoimmuni.
L’applicazione alla biologia molecolare delle tecniche più avanzate di ingegneria genetica ha permesso la messa a punto di una nuova categoria di farmaci, che utilizzano sistemi biologici o derivati per intervenire in modo mirato sui meccanismi molecolari coinvolti nella formazione e nello sviluppo delle malattie.
Scoperte che hanno permesso di rivoluzionare l’approccio terapeutico per molte patologie e di offrire ai pazienti nuove opportunità di cura, arrivando addirittura a cambiare il corso di gravi malattie, come ad esempio la sclerosi multipla. Ma anche malattie genetiche rare come l’atrofia muscolare spinale (SMA).
Biogen è una delle prime aziende biotecnologiche al mondo, fondata nel 1978 da un gruppo di scienziati tra cui due premi Nobel, e in oltre 40 anni di attività siamo stati protagonisti e testimoni di vere e proprie rivoluzioni scientifiche, in uno dei settori a più alto bisogno clinico e terapeutico: quello delle neuroscienze. Le biotecnologie sono oggi più che mai il cuore dell’innovazione scientifica e il nostro impegno continua, per trasformare grazie alla scienza la vita delle persone affette da gravi patologie neruologiche e neurodegenerative. Di recente abbiamo appreso la notizia dell’approvazione negli Stati Uniti del primo e unico trattamento che incide sulle cause della malattia di Alzheimer. Si tratta del primo trattamento approvato in quasi vent’anni”.
Come siete arrivati a questo risultato?
“Siamo orgogliosi di questo importante traguardo, che arriva dopo quasi vent’anni, per la precisione dal 2003, dall’approvazione dell’ultimo farmaco per il trattamento di questa malattia neurodegenerativa, dopo numerosi tentativi da parte dell’industria farmaceutica.
Durante questo periodo, circa 100 programmi per lo sviluppo di un farmaco anti-Alzheimer si sono risolti in un fallimento. Aducanumab è il primo e unico trattamento, recentemente approvato dall’autorità regolatoria statunitense, che incide sulle cause della malattia di Alzheimer e potrebbe modificarne il decorso, mantenendo più a lungo l’indipendenza del paziente. Un risultato che è frutto di anni di ricerca e di impegno quotidiano. Insieme ai nostri partner abbiamo accettato le sfide e i rischi legati all’avventurarsi in territori inesplorati.
La speranza per il futuro e la dedizione verso la scienza ci hanno spinti a portare avanti la ricerca, contribuendo a una comprensione più chiara dei meccanismi della malattia di Alzheimer nel cervello e delle possibili soluzioni per il trattamento. I pazienti e i loro familiari stanno aspettando da decenni una svolta scientifica, che possa tradursi in un beneficio clinico e siamo felici di avere aperto la strada allo sviluppo di una terapia che sarà la prima in grado di agire sui meccanismi che provocano la malattia”.
Oltre all’Alzheimer ci sono tante altre malattie neurologiche che da anni non vedono novità terapeutiche o che addirittura non hanno opzioni di trattamento disponibili. Perché è così difficile sviluppare farmaci per trattare le malattie neurologiche?
“Nessun’altra area terapeutica, come quella delle neuroscienze, presenta così tante esigenze mediche non soddisfatte e, al contempo, potenzialità per terapie rivoluzionarie. In Biogen stiamo sviluppando trattamenti volti ad affrontare alcune tra le patologie più complesse e difficili da gestire, che affliggono milioni di persone nel mondo. Le neuroscienze sono un’area difficile, proprio perché la comprensione dei meccanismi biologici del sistema nervoso è molto complessa e rappresenta la vera frontiera della ricerca clinica. Un’area di cui siamo orgogliosamente pionieri, con le responsabilità che questo comporta”.
A settembre festeggerete i 10 anni della sede italiana, guardando ai prossimi 10 anni di attività nel nostro paese, abbiamo di fronte numerosi cambiamenti a livello sanitario, quali sono a suo parere le priorità per attuare la trasformazione auspicata dal PNRR e qual è il ruolo che le aziende farmaceutiche possono avere in questa evoluzione?
“I prossimi anni saranno cruciali per realizzare un miglioramento concreto nei percorsi di diagnosi, trattamento e assistenza, in particolare in ambiti complessi come quello delle cronicità, dove gli avanzamenti scientifici e terapeutici hanno portato negli ultimi anni a cambiare il volto della cura e all’emergere di nuovi bisogni di gestione della malattia. Penso ad esempio all’ambito della sclerosi multipla (SM), area in cui operiamo in Italia da oltre 10 anni e da oltre 25 a livello mondiale, dove i bisogni assistenziali dei pazienti richiedono una sempre maggiore personalizzazione del percorso di cura, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Con l’approvazione del PNRR, l’Italia è a un crocevia importante per attuare riforme da tempo attese, pensiamo, ad esempio, al potenziamento della sanità territoriale. L’auspicio è che questa diventi una fase all’insegna del ritorno a una programmazione sanitaria di lungo periodo, che prepari il nostro SSN alle sfide dei prossimi dieci anni, tenendo conto già oggi dell’evoluzione dei bisogni dei pazienti e dell’innovazione tecnologica e terapeutica destinata ad essere la realtà di domani. Occorre investire oggi in un’“infrastruttura” aggiornata e pronta per i prossimi frutti della ricerca scientifica. Le tecnologie digitali avranno un ruolo chiave per favorire questo processo evolutivo e in questo scenario di cambiamento la partnership pubblico-privato rappresenta un elemento di grande valore. Il nostro impegno, come azienda operante nelle biotecnologie, va oltre lo sviluppo e l’offerta di soluzioni terapeutiche e punta a sostenere il Sistema Sanitario, per integrare le soluzioni tecnologiche idonee a favorire una maggiore “prossimità” nei confronti dei pazienti. In questo senso siamo impegnati in numerose iniziative, tra cui il Digital Health Campus, progetto di formazione sulla Digital Health dedicato ai professionisti sanitari, i Management Lab realizzati in partnership con SDA Bocconi, dei veri e propri “contenitori” di intelligenze al lavoro per progettare il futuro, servizi come la App Cleo, che offre alle persone con SM una sorta di una sorta di cassetta di strumenti utili nella vita quotidiana, e il recente progetto di telemedicina eCOSM, mirato a valutare l’utilizzo delle tecnolgie digitali nella gestione clinica delle persone con SM. Progetti di successo, che ci rendono felici di poter contribuire nel portare valore per un sistema assistenziale moderno, efficace e sicuro per tutti”.