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Dissalazione, l’arma contro la crisi idrica che deve combattere i luoghi comuni
Un esempio concreto arriva da Lampedusa, dove un mini-dissalatore, installato dieci anni fa, ha abbattuto i costi da 17 a circa 2 euro al metro cubo
Dissalazione in Italia: una soluzione necessaria per l’emergenza idrica tra ritardi, preconcetti e opportunità di innovazione
Anche l’Italia, seppur con ritardo rispetto ad altri Paesi, sta iniziando a riconoscere il ruolo cruciale della dissalazione nella lotta contro l’emergenza idrica. Questa tecnologia, spesso osteggiata per decenni a causa di luoghi comuni, ignoranza e disinformazione, sta finalmente emergendo come una soluzione chiave, sostenuta dall’esempio virtuoso di Paesi come la Spagna, leader mondiale nel settore.
In passato, la dissalazione è stata etichettata come una tecnologia eccessivamente costosa. Oggi, invece, i dati smentiscono queste convinzioni. I costi sono crollati: se un tempo produrre un metro cubo d’acqua costava 17 euro, oggi il costo varia tra 50 centesimi e 1 euro. Un esempio concreto arriva da Lampedusa, dove un mini-dissalatore, installato dieci anni fa, ha abbattuto i costi da 17 a circa 2 euro al metro cubo, sostituendo il trasporto via nave cisterna.
Un’altra critica storica riguarda l’impatto ambientale, legato al consumo di energia dei dissalatori. Anche su questo fronte le innovazioni tecnologiche sono significative. Il consumo energetico per dissalare un metro cubo di acqua si è ridotto drasticamente, passando da 21 chilowattora a soli 3,5. Inoltre, i dissalatori di nuova generazione sono sempre più alimentati da energie rinnovabili. Un esempio di punta è il dissalatore di Casablanca, che produrrà 850.000 metri cubi di acqua al giorno alimentato interamente da energia verde.
Il confronto internazionale mette però in evidenza il ritardo dell’Italia. In Spagna, dove la dissalazione è in uso da 30 anni, si contano circa 800 impianti, di cui 100 su larga scala, capaci di produrre 5 milioni di metri cubi di acqua al giorno. In Italia, invece, la produzione totale annua è di soli 17 milioni di metri cubi, garantita da circa 40 piccoli impianti, spesso alimentati da tecnologie vecchie e inefficienti. Di questa produzione, il 71% è destinato all’industria, mentre solo una piccola parte viene utilizzata per usi potabili e nessuna per l’agricoltura.
Secondo i dati della fondazione Utilitatis, in Italia le acque marine e salmastre rappresentano appena lo 0,1% delle fonti idriche, un dato ridicolo se paragonato al 3% della Grecia e al 7% della Spagna. Una situazione paradossale per un Paese che, essendo una penisola, potrebbe attingere ampiamente alle risorse marine. L’adozione della dissalazione in Italia sta crescendo, ma non bisogna abbassare la guardia. È fondamentale combattere le disinformazioni e favorire lo sviluppo di questa tecnologia, integrandola con altre soluzioni, per scongiurare una crisi idrica che si fa sempre più imminente.