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Papa Francesco, 5 giorni di lutto e in mezzo il 25 aprile: l’80° della Liberazione non può essere oscurato dal doveroso e condiviso sentimento di cordoglio per la scomparsa del Pontefice
Cinque giorni di lutto nazionale costituiscono da oggi un precedente importante per altre eventualità che purtroppo potranno ancora verificarsi nel prossimo futuro

Papa Francesco, 5 giorni di lutto e in mezzo il 25 aprile: l’80° della Liberazione non può essere oscurato dal doveroso e condiviso sentimento di cordoglio per la scomparsa del Pontefice
Dunque, siamo per cinque giorni in lutto nazionale: da martedì 22 aprile a sabato 26. Il Governo ha deciso per il cordoglio prolungato fino al giorno del funerale di Papa Francesco. Ciò non comporta interruzione lavorativa, se non per scelta volontaria di pochi secondi di raccoglimento in coincidenza delle esequie e quindi nessuna chiusura dei pubblici uffici. Su tutto il territorio nazionale le bandiere istituzionali vengono poste a mezz’asta all’esterno degli edifici pubblici; all’interno, due strisce nere in cima all’asta esprimono il segno di partecipazione per la scomparsa del Santo Padre. La partecipazione a manifestazioni pubbliche viene sospesa e le stesse preferibilmente rinviate. Sia ben chiaro che la prescrizione, o meglio, quest’ultima raccomandazione non vale per le cerimonie ufficiali dello Stato, come, per intenderci, le celebrazioni del 25 aprile, Festa nazionale della Liberazione dal nazi-fascismo. Il 25 aprile rientra fra le tre feste nazionali civili della Repubblica, insieme al 2 giugno e al 4 novembre. Il Capo dello Stato si recherà a rendere omaggio all’Altare della Patria, recando una corona d’allora che sarà deposta sul sacello del Milite Ignoto. Cerimonia di pochi minuti, nella quale il Presidente Mattarella sarà accompagnato dai Presidenti degli Organi Costituzionali (Senato, Camera, Presidenza del Consiglio, Corte Costituzionale), seguiti dai rispettivi Segretari Generali, e dal Ministro della Difesa. In cima al monumento saranno ad attendere i rappresentanti di altre Istituzioni del Paese, dal Presidente della Regione Lazio, al Sindaco di Roma Capitale, al prefetto, al Capo della Polizia, ai Comandanti militari ed altri.
Una circolare della Presidenza del Consiglio del 2001 stabilisce che le celebrazioni si svolgono nella Capitale e in tutti i capoluoghi di provincia. Le prefetture, insieme ai sindaci, si faranno carico di testimoniare il ricordo della data del 25 aprile 1945, momento fondante della nostra democrazia. Allo stesso modo si attivano anche i sindaci dei comuni non capoluogo. Si tratta di cerimonie per loro natura solenni, che prevedono in genere la deposizione di corone presso i monumenti ai caduti, l’esecuzione dell’inno nazionale e un minuto di raccoglimento per quanti hanno sacrificato la loro vita per guadagnare la libertà al nostro Paese. Possiamo definire queste solenni cerimonie anche… sobrie? Non c’è alcun dubbio. E aggiungerei doverose, anche in stato di lutto nazionale, condizione particolare che per la prima volta si verifica quest’anno. Appare quindi quantomeno eccessiva e inappropriata la preoccupazione di qualche rappresentante del Governo di richiamare preventivamente alla sobrietà per le celebrazioni del 25 aprile. Data, tra l’altro, ulteriormente significativa, trattandosi dell’ottantesimo anniversario, che, prevedibilmente, potrebbe dare adito a maggiore enfasi celebrativa. Tanto da indurre qualche malpensante, a sospettare che un periodo così lungo di lutto nazionale (5 giorni non erano mai accaduti) servisse proprio a mettere la sordina alle celebrazioni antifasciste.
In genere la prassi consolidata della proclamazione di un lutto nazionale ad opera del Governo è quasi sempre stata di una sola giornata in occasione del funerale, con l’abbassamento delle bandiere a mezz’asta collegato a questo evento. Anche in occasione della scomparsa di altri papi, come Paolo VI e Giovanni Paolo I. Uniche eccezioni riguardano Giovanni Paolo II nel 2005 e il Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano nel 2023, per i quali si contarono tre giornate di lutto.
Sicuramente l’evento della scomparsa di Papa Bergoglio, ha coinvolto tutti per la spiccata personalità di questo pontefice e la sua vicinanza puramente cristiana ai più deboli e agli emarginati. Si è trattato di un papa che rimarrà indimenticabile sia per i più profondamente credenti che per i non credenti o per gli appartenenti ad altre fedi. E proprio in questo è la sua grandezza: la rappresentazione estremamente logica e ineccepibile nella sua semplicità del messaggio evangelico, a cui ha richiamato tutte le coscienze senza timori o remore. E lo spirito che deve animare il Governo nella determinazione delle circostanze in cui proclamare il lutto nazionale deve proprio tener conto di quanto è coinvolto il sentimento di tutti i cittadini in un evento luttuoso. Nel caso di Bergoglio, questo sentimento si è espresso e si sta esprimendo ai massimi livelli. Probabilmente questa può essere intesa come la motivazione della scelta dei cinque giorni. Scelta che in ogni caso non può tendere ad oscurare i momenti celebrativi fondamentali dello Stato democratico, come appunto la data del 25 aprile.
Ed attenzione, cinque giorni di lutto nazionale costituiscono da oggi un precedente importante per altre eventualità che purtroppo potranno ancora verificarsi nel prossimo futuro. Il rischio che questo Paese si possa ritrovare un domani con bandiere troppo frequentemente a mezz’asta costituirebbe un’immagine ingiustificatamente deprimente.
* Enrico Passaro, già responsabile dell'Ufficio del Cerimoniale di Stato e per le Onorificenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha visto sfilare a Palazzo Chigi ben sette premier, da Silvio Berlusconi a Mario Draghi, passando per Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte. Membro del Comitato consultivo della Fondazione OMRI per il Cerimoniale Istituzionale.