Corporate - Il giornale delle imprese

I POTERI CORTI – Parola d’ordine: aggregazione

Un popolo come il nostro ha davvero difficoltà nel trovare soluzioni integrate, nel fare gruppo, nel creare comunità e qualsiasi altra forma di aggregazione

di Redazione Corporate

PMI e aggregazioni: tra incentivi fiscali e cambiamento culturale per superare il nanismo imprenditoriale italiano

Come riportato da Marco Travaglini su L'Identità, da qualche giorno fa la bozza del disegno di legge PMI, il cui Capo I così recita: “Misure per l’aggregazione di imprese minori…”. Secondo l’Osservatorio nazionale sulle reti d’impresa a cura di InfoCamere, “il 2023 ha messo in rete oltre 47mila imprese (+4,8%) per quasi 9mila contratti (+7,4%) in numerosi settori e filiere, con prevalenza dell’agroalimentare, delle costruzioni e del commercio” (tratto da articolo de Il Sole 24 Ore).

Il dato è certamente positivo, ma l’analisi che bisogna fare è di tutt’altra natura. Infatti, al di là del valore numerico, è evidente che 47 mila imprese sulle 4,5 milioni rappresentano poco più dell’1% del totale, bisognerebbe vedere il valore aggiunto generato da tali aggregazioni. Per non parlare di come la vera motivazione non è tanto “farsi forza” ma, principalmente, risparmiare tasse.Ma la mia, oggi, vuole essere una constatazione sempre “laterale”, come direbbe Edward De Bono. Un popolo come il nostro ha davvero difficoltà nel trovare soluzioni integrate, nel fare gruppo, nel creare comunità e qualsiasi altra forma di aggregazione.

Anche nella stessa modalità di metterci insieme siamo davvero molto eterogenei, dimostrando una forte individualità non solo nelle singole realtà, nella maggior parte dei casi la società viene fatta con amici o parenti, ma anche nell’aggregamento collettivo e associazionistico (per non parlare di corporativismi e caste varie). Figuriamoci le difficoltà insite nelle forme di aggregazione e soprattutto di fusione che spesso tentiamo di proporre come strumento per combattere un nanismo imprenditoriale che, lo abbiamo ripetuto più volte, è causa e conseguenza (in un circolo vizioso spaventoso) di una produttività bassissima nelle imprese di tali dimensioni. Insomma, Alberto Sordi diceva sempre che non si sposava “per non mettersi una estranea in casa”; un po’ come i nostri piccoli imprenditori, soliti ripetere che “le società sono belle dispari e tre sono troppi”. Allora, da dove partire per aumentare dimensioni e potere di mercato, per determinare scambi di conoscenza e generare valore aggiunto?

Son convinto, lo grido continuamente, che vada fatto prima un lavoro capillare e pervasivo sul territorio, porta a porta in fabbriche, opifici e luoghi di impresa, capace di trasmettere, a livello culturale, il concetto fondamentale di come l’aggregazione passi prima per la capacità di aggregare idee e strumenti internamente all’azienda singola, cambiando paradigma strategico sul come fare impresa e, poi, nell’uso di elementi tattici a valore aggiunto operativo.

Un incentivo fiscale è tanto una normativa tecnica per fare aggregazione, quanto uno strumento operativo e tattico, ma qual è la strategia (globale) per (e come) far crescere le imprese e, soprattutto, gli imprenditori nella loro cultura, mentalità e professionalità? Lo strumento è buono ma, al solito, rischia di essere un palliativo che poco risolve a medio e lungo termine, per singole strutture come per quelle aggregate, per di più se inserite in un Paese così complesso come il nostro.