Economia
Obi, Recovery ultima occasione per ripartire. Ma secondo l'indicazione europea
Corvino: "Per un Paese indebitato che non cresce da quarant'anni occorre un intervento strutturale del sistema economico". La vocazione mediterranea del Sud
Si può immaginare ancora che lo sviluppo del Paese dipenda solo dalla capacità del Nord? Certamente no. E’ una mentalità antica capace di distribuire solo sussidi al Sud che invece ha bisogno di ben altro. Di misure concrete per la crescita e la coesione, in linea con le indicazioni dell’Europa. Ed il Recovery Fund è l’ultima occasione per il sistema economico del Mezzogiorno di potersi connettere al processo di ripresa del Paese attraverso il rilancio degli investimenti. A dirlo ad Affaritaliani è Antonio Corvino, direttore generale dell’Osservatorio Banche Imprese di Economia e Finanza.
Draghi meno banchiere e più salvatore della Patria? “Non credo che ci siano salvatori della Patria e lo stesso presidente incaricato non credo ami essere considerato tale! Il suo profilo non è quello di un semplice banchiere. Le istituzioni nazionali, europee e mondiali in cui egli ha operato sono state ben più che istituzioni monetarie. Certo la moneta era lo strumento, la leva, ma le politiche riguardavano la stabilità, la difesa o lo sviluppo dell’equilibrio dell’Italia o dell’Europa o del contesto generale. Obiettivi per i quali è fondamentale la competenza tecnica ma anche la sensibilità politica e la conoscenza delle dinamiche sociali”.
Che cosa si aspettano il Paese e le imprese dal nuovo governo? “Il Paese ha bisogno di essere rimesso in piedi perché possa tornare a guardare con qualche fiducia al proprio futuro. L’Italia non cresce da quarant’anni, avendo smesso la sua spinta propulsiva sin dagli anni ‘80 allorché si adagiò sugli allori di una produzione manifatturiera tradizionale che ben presto sarebbe stata messa in crisi dalla globalizzazione. I ritardi nella trasformazione tecnologica del nostro sistema li paghiamo ancora oggi. E con essi la rinuncia alla conoscenza come prospettiva di crescita del sistema nazionale. Oggi ci troviamo con un Paese in coda alle classifiche internazionali per tecnologia, conoscenza e cultura. Con un paese indebitato, che addirittura si spopola e condanna un terzo del suo territorio ed un terzo della sua popolazione all’arretratezza ed al sottosviluppo. Credo però che a tutti serva un Paese che torni a sperare guardando con fiducia al futuro. Ovvio che ridare slancio all’economia, dopo aver messo in sicurezza il Paese sul fronte sanitario, è una sfida non eludibile”.
E quindi il suo ammodernamento strutturale ed infrastrutturale. “Si, questo vale per l’Italia e vale per il Mezzogiorno dove si gioca la partita del rilancio di tutto il Paese. Ora l’accelerazione dev’essere nell’identificazione delle priorità e sull’attuazione di ciò che si vuole fare”.
Le misure varate da Conte sono sufficienti a rimettere in moto il Sud? “L’ammodernamento del Paese deve partire dal Recovery Fund con il recupero della dimensione mediterranea dell’Italia. Il rilancio della conoscenza, della ricerca, della digitalizzazione, dell’Università, del tessuto produttivo d’avanguardia nel manifatturiero ma anche nei nuovi comparti ad elevato contenuto tecnologico e di ricerca deve trovare nel Mezzogiorno il suo punto di forza per dare lavoro. Purtroppo troppe occasioni si sono perdute. Un governo pieno di ministri meridionali è risultato in ritardo proprio sul futuro del Mezzogiorno. Il nuovo governo mi auguro riparta da qui”.
Il Recovery Fund è la grande occasione per la ripartenza. “E’ certamente l’ultima occasione per riunificare il Paese, dare lavoro e crescita. E’ una sfida, ma bisognerà partire dal Mezzogiorno nel rispetto dei tempi e delle indicazioni dell’Europa.