Economia
Paradisi fiscali, così l'Italia perde 10 miliardi di euro l'anno. Ecco le mete preferite dai "furbetti"
Secondo la CGIA di Mestre, circa 8.000 italiani, tra cui noti imprenditori, sportivi e celebrità dello spettacolo, hanno spostato la loro residenza a Monaco
Paradisi fiscali, così l'Italia perde 10 miliardi di euro l'anno. Ecco le mete preferite dai "furbetti"
Il World Inequality ha recentemente classificato Monaco, Lussemburgo, Liechtenstein, le Channel Islands e le Bermuda come i principali rifugi fiscali per i super-ricchi italiani e le multinazionali attive in Italia.
Secondo la CGIA di Mestre, circa 8.000 italiani, tra cui noti imprenditori, sportivi e celebrità dello spettacolo, hanno spostato la loro residenza a Monaco per beneficiare di un regime fiscale privo di imposte sul reddito e sugli immobili. Nel Lussemburgo, invece, operano sei banche italiane, numerosi fondi di investimento e varie assicurazioni, oltre a diverse multinazionali italiane e straniere.
Un paese è classificato come paradiso fiscale se mostra una marcata assenza di tassazione sulle imprese locali, non richiede che le società svolgano attività economiche significative all'interno dei propri confini, manca di trasparenza legislativa e amministrativa, e non partecipa allo scambio di informazioni fiscali con altre nazioni, secondo criteri stabiliti dall'OCSE nel 1998.
La CGIA sottolinea che le pratiche elusorie di questi enti privano l'Italia di circa 10 miliardi di euro all'anno. Le multinazionali approfittano delle infrastrutture italiane senza contribuire adeguatamente al sistema fiscale, pur realizzando profitti considerevoli. Nel 2022, le filiali delle top 25 multinazionali del web in Italia hanno incassato 9,3 miliardi di euro in ricavi ma hanno pagato solo 206 milioni in imposte, come riportato dall'Area Studi di Mediobanca.
Queste aziende beneficiano inoltre di incentivi statali e possono accedere a sostegni economici in situazioni di ristrutturazione aziendale. Questa dinamica aggrava le disuguaglianze sociali e accresce la povertà, costringendo i contribuenti ordinari a sostenere costi maggiori per servizi spesso carenti. Se le multinazionali versassero le tasse dovute, si potrebbe ridistribuire il carico fiscale e migliorare sostanzialmente le condizioni economiche e sociali del paese.