Economia

Pensione a 38 anni per colpa della politica: sprechi ed errori da evitare

Daniele Rosa

Le baby pensioni, il peccato mortale della vecchia politica

‘Mi ci vorranno più’ di 40 anni di contributi e forse non andrò  mai in pensione' diceva stamattina la barista del paese alla cliente che di rimando le rispondeva ’ti capisco a me sono bastati solo 38 come insegnante, pero’ la mia pensione era modesta’.
 

Unica differenza che la cliente era riuscita ad avere la pensione non con 38 anni di contributi ma a 38 anni. Avendone circa 68 erano già 30 anni che, bontà sua, riscuoteva la pensione.
 

 

Ecco in questa semplice analisi matematica sta uno dei grandi mali del Paese Italia: lo spreco che, unitamente all’evasione endemica, alla corruzione e alla burocrazia hanno portato il debito pubblico italiano al secondo posto nel ranking mondiale.

Baby pensioni e politica. Lo spreco, uno dei mali del paese
 

E adesso, dopo il voto, i vincitori potrebbero mettere in atto quello che hanno dichiarato in campagna elettorale. 
La speranza è che siano coscienti che una cosa sono le promesse elettorali l’altra la realtà .

 

Già il Governo passato, il Renzi/Gentiloni, pur cavalcando l’onda della ripresa europea aveva messo in campo misure, più o meno efficaci, ma che erano costate parecchio. 
 

Quali? 
 

Basta ricordare il jobs act, creatore di molti posti di lavoro ‘a tempo’ ma con un costo di circa 18 miliardi. Poi l’Ape social ( la possibilità di andare in pensione a 63 anni con 36 anni di contributi) con un peso economico pari a 3 miliardi. Il reddito di inclusione di circa 2 miliardi. E, dulcis in fundo, la pioggia degli 80 euro. Una pioggia costata quasi 30 miliardi.
Insomma un’attività pari a oltre 50 miliardi.

Giusta? Sbagliata? Di certo il dato di fatto è che, se da un lato non ha garantito risparmi, dall’altro non ha nemmeno sviluppato l’economia in maniera sostanziale ( il nostro trend è ancora aldisotto degli altri paesi europei).
 

Baby pensioni e politica. Le promesse elettorali.

E adesso i vincitori, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, che vorrebbero fare?
 

A sentire le promesse in campagna tripli salti mortali.
Si parte dal riformare la Fornero. Quota 100 chiede Salvini con un costo stimato intorno ai 50 miliardi. Poi la ‘ flat tax’, di difficile stima, ma più orientata verso i 100 miliardi. 
Le tre aliquote care al partner di Salvini, Silvio Berlusconi, costerebbero ‘solo’ 3/4 miliardi.
Ed infine il ‘nightmare’ dei 5 Stelle, il reddito di cittadinanza. Un provvedimento che potrebbe essere valutato intorno ai 20 miliardi.
E’ meglio non fare la somma perché ci si potrebbe spaventare.

 

Baby pensioni e politica. Non ripetere gli errori del passato

Ed allora si spera che prevalga il buon senso e la moderazione di chi, appena avrà la poltrona, dovrà guidare il paese.
L’essere giovani di politica o di governo deve essere uno stimolo a non ripercorrere gli errori di chi, ancora abbarbicato alle poltrone di Camera e Senato, ha portato il paese in vergognose situazioni come quella in cui tanta gente è in pensione da oltre trenta anni a fronte di altra, più giovane, che dovrà pensionarsi a 70 e, ad altra ancora che, lavorativamente giovanissima, la pensione  potrebbe solo sognarla.