Economia
Popolare di Bari, la slavina deve arrivare:buco nascosto da almeno 200 milioni
Le colpe della Vigilanza sui tassi di copertura
OLTRE 2 MILIARDI DI CREDITI MALATI, BEN OLTRE IL 20% DEL PORTAFOGLIO
Ora toccherà alla Popolare di Bari venire salvata. E così si ripropone inalterato il consueto film delle crisi bancarie italiane che finisce per recitare sempre lo stesso copione: crediti allegri agli amici degli amici o comunque a soggetti, spesso immobiliaristi d’assalto, senza capitali propri e con grandi rischi operativi; quei prestiti con il tempo non rientrano, diventano sofferenze, cominciano le svalutazioni ma molta polvere resta sotto il tappeto perché se si svalutasse correttamente emergerebbero gravi perdite che è meglio occultare.
Poi la slavina diventa non più contenibile dai semplici magheggi di bilancio. Il bubbone esplode, ma il fuoco divampava da tempo. Con un patrimonio sceso sotto i limiti regolamentari ecco la richiesta di soccorso esterno. Con azionisti e obbligazionisti subordinati che finiscono di fatto azzerati.
Un copione che si perpetua e che è andato in scena a Genova alla Carige; a Siena con Mps, in Veneto con le due Popolari. Ora è la volta della Popolare gestita per oltre mezzo secolo dalla famiglia Jacobini. Il canovaccio non si discosta per nulla dalle altre crisi. Crediti facili a chi non sarà in grado di onorarli; sofferenze che superano il livello di guardia; aumenti di capitale, pagati dai soci, a prezzi che valevano due tre volte il vero valore della banca.
E la pioggia di svalutazioni sui crediti malati che crea i primi maxi buchi nei conti. Ora senza il solito soccorso esterno la Popolare di Bari è spacciata.
I requisiti patrimoniali con il Cet 1 sceso al 6% dopo la maxi-perdita da oltre 400 milioni del 2018 non rispettano più i criteri della Vigilanza. Occorre una nuova iniezione di denaro fresco che non si può chiedere ai martoriati vecchi soci, ma si implora il Cavaliere bianco. Che non può che essere il Fondo interbancario una volta di più e perché no il Tesoro.
L’attuale ad della banca quel De Bustis che oggi la guida, dopo esserci già stato come direttore generale dal 2011 al 2014 e indagato in questi giorni a Bari per una vicenda legata a un fondo maltese che avrebbe dovuto immettere denaro nella banca, ha chiamato soccorso a voce alta accusando inoltre di gestione allegra i suoi predecessori.
Servono capitali per un miliardo, c’era un comitato d’affari che gestiva in modo opaco la banca ha dichiarato a gran voce Vincenzo De Bustis chiedendo e ottenendo dal Cda l’azione di responsabilità contro la gestione passata.
Che la Popolare barese nonostante le continue cessione di sofferenze negli ultimi due tre anni, navighi in acque turbolente non dovrebbe essere un mistero.
TANTE CESSIONI MA TUTTORA I CREDITI MALATI SONO A QUOTA 2 MILIARDI DI EURO
Tuttora secondo l’ultimo bilancio di giugno 2019 ha in pancia ben 2 miliardi di crediti deteriorati lordi, oltre il 20% degli impieghi, un livello più che doppio della media del sistema bancario italiano. L’ultima svalutazione importante dei crediti ammalorati è del 2018 ed è pesata per 245 milioni.
È stato l’anno della perdita per oltre 400 milioni della banca. Quella che di fatto ha scoperchiato la pentola. Ma tardi troppo tardi, dato che la crisi viaggiava in realtà da tempo.
Pur cumulando sofferenze e incagli a velocità e intensità del tutto fuori controllo, la Popolare di Bari guidata da sempre dalla famiglia Iacobini, effettuava rettifiche sui crediti ammalorati troppo basse per essere realistiche.
NEL PASSATO SOFFERENZE MAI SVALUTATE DEL TUTTO
Tra il 2016 e il 2017, in interi 2 anni, pur con un quarto del portafoglio crediti di difficile rientro, le rettifiche sono state di meno di 150 milioni cumulati. Per trovare una pulizia più fattiva di oltre 200 milioni occorre risalire al 2015 quando ci fu l’impatto dei crediti marci dell’acquisita Tercas.
Molta polvere (leggi sofferenze non adeguatamente rettificate) è stata lasciata sotto il tappeto. Si evitava di far vedere le perdite reali, nel mentre si chiedevano soldi al mercato.
Un film che ricorda il disastro delle Venete, di Carige e di Mps.
IL VALORE DELLE AZIONI PROPOSTO ERA PIU DEL DOPPIO DELLE BANCHE QUOTATE IN MIGLIORE SALUTE
L’ultimo aumento di capitale del 2015 vide i soci comprare le azioni a 8,95 euro, con una valorizzazione della banca barese che superava e di molto il patrimonio netto. Questo quando l’universo delle banche quotate italiane valeva meno della metà del suo patrimonio netto.
GLI ACCANTONAMENTI SUI CREDITI DETERIORATI 10 PUNTI SOTTO LA MEDIA DEL SISTEMA BANCARIO ITALIANO
Ora però il maquillage contabile, quello di sottostimare le rettifiche sui crediti malati, mostra la corda. La Popolare ha tuttora, e ormai non è più credibile, un tasso di copertura dei crediti deteriorati di solo il 39%. Di quei 2 miliardi di sofferenze e incagli lorde sono state svalutati solo 800 milioni, tanto che i crediti malati netti sono di 1,2 miliardi e pesano tuttora per il 15% del portafoglio impieghi: un livello oltre ogni allarme rosso.
DOPO GLI OLTRE 400 MILIONI DI BUCO DEL 2018 ARRIVERA’ UNA NUOVA GRANDE PERDITA
Tutto ciò significa che la grande pulizia deve ancora arrivare. Non si spiegherebbe la richiesta accorata di De Bustis per coprire urgentemente un deficit di capitale vicino al miliardo.
Se solo la Bari si uniformasse alla media del tasso di accantonamento del sistema bancario italiano che è al 49% dieci punti sopra la Bari, si aprirebbe una voragine di almeno altri 200 milioni di perdite.
E questo quasi sicuramente avverrà. Il cambio della guardia nel controllo della banca che necessariamente dovrà arrivare non potrà permettersi di non pulire radicalmente l’istituto dalla zavorra delle sofferenze.
E allora la maxi-perdita del 2018 sarà di fatto solo l’antipasto di un nuovo grande buco nei conti del 2019.
CRISI SOTTOSTIMATA ANCHE DALLE AUTORITA’: DAI BILANCI SI VEDEVA CHE GLI ACCANTONAMENTI ERANO TROPPO BASSI
Resta sullo sfondo la pantomima di una crisi visibile da tempo già dai bilanci pubblici che vedevano sofferenze fuori controllo e rettifiche del tutto inadeguate, e su cui molti, a partire dagli organi di Vigilanza hanno preferito soprassedere nell’attesa che qualcosa cambiasse.
Ma come si è visto in tutte le crisi lasciar correre il tempo senza intervenire non fa che acuire l’agonia. E come nelle sceneggiature delle crisi ecco andare in onda tutti i capitoli.
Clienti in uscita con la raccolta diretta che flette, ricavi in forte calo; impieghi che dimagriscono. E azionisti e obbligazionisti imbrigliati nell’impossibilità di vendere i titoli della banca comprati a caro prezzo.
IL MERCATINO DELLE AZIONI CONGELATO FIN DALL’INIZIO
Il mercatino messo in pista per scambiare i titoli della Popolare di Bari non quotata si è di fatto congelato da solo. Dal 2017 sono state scambiate azioni per solo 800mila euro, un’inezia. Con i prezzi di negoziazione da sempre deserti che giravano prima della sospensione dei giorni scorsi a poco più di 2 euro, contro i 9 euro dei prezzi di carico di molti azionisti. Che in questo tragico film come negli altri saranno quelli che con i dipendenti pagheranno il conto più alto.