Economia
Post-Covid, il 95% dei "benestanti" teme per casa e conti correnti
L'indagine Bva-Doxa per CFC Legal
L'indagine è stata condotta su un campione nazionale di individui “benestanti”, intesi come decisori finanziari in possesso di immobili messi a reddito, quote in società di capitali, auto di lusso, polizze vita, carte di credito gold/platinum/Amex, prodotti d’investimento finanziario.
Basata su 300 interviste online, l’indagine ha evidenziato che gli strumenti di tutela patrimoniale sono ben noti al target più potenzialmente interessato: non solo le polizze assicurative, le società a responsabilità limitata e l’intestazione o donazione di beni a familiari (conosciute praticamente da tutti), ma anche gli strumenti del fondo patrimoniale, l’affidamento fiduciario e il trust sono noti, almeno per sentito dire, da 7-8 intervistati su 10.
Tutela patrimoniale: è l'84% della popolazione "benestante" a farne maggiormente uso
Per quanto riguarda l’uso degli strumenti di tutela patrimoniale, l’84% dei “benestanti” intervistati ne utilizza almeno uno: se quasi 2/3 degli intervistati (65%) hanno acceso polizze assicurative, il 30% ha costituito un fondo patrimoniale, il 22% ha intestato o donato beni a familiari, il 13% ha quote in srl, l’11% ha un contratto di affidamento fiduciario e infine il 6% dei “rentier” intervistati ha disposto un trust.
Se da un punto di vista materiale l’esigenza di tutela è principalmente legata alle somme sul conto corrente (62%) ed alla prima casa (44%), a livello emotivo il pensiero va soprattutto verso la serenità della famiglia (60%) e il futuro dei figli (57%).
Quasi 1/5 del campione (18%) ha sperimentato di persona problematiche legate ad una mancata o non adeguata tutela patrimoniale, per contenziosi fiscali, successioni, partecipazioni societarie o altre situazioni. E quasi la metà (47%) conoscono qualcuno che si è trovato in una o più di queste situazioni.
"Un italiano su due (il 47%) dichiara di avere una non adeguata tutela patrimoniale"
"Aggiungo - e conclude Carlo Carmine - che tutte le azioni attualmente allo studio del Governo, come ad esempio la Cash Flow Tax, sono rivolte al Fisco allo scopo di "semplicarsi" la vita nella riscossione dei tributi. Eppure, c'è da dire che le stesse non sono rivolte alla riduzione del carico fiscale che ogni azienda, ogni partita iva, è costretta a subire e con il quale si confronta ogni giorno. In questo contesto, a rischiare è sempre il patrimonio di ciascun imprenditore".