Economia

Sparkle, per Labriola il problema non è il prezzo dell'offerta: ecco che cosa c'è dietro al gioiellino dei cavi sottomarini

di Maddalena Camera e Marco Scotti

Tim, il dossier Sparkle 

L'ad di Tim, Pietro Labriola, ha preso tempo fino al 30 novembre per chiudere la trattativa per la cessione di Sparkle al Mef, ossia al Ministero del Tesoro e al fondo spagnolo Asterion che non entrerà direttamente ma tramite la sua controllata italiana Retelit. L'offerta fatta per la società dei cavi sottomarini è di 700 milioni ma si sa che la valutazione di Telecom, che possiede la società al 100%, era più alta e vicina al miliardo. Nei mesi scorsi, tuttavia, Labriola aveva detto di attendersi circa 1 miliardo di incasso dalla cessione di Sparkle e della quota residua di Inwit. 

Guardando i numeri il gruppo Telecom Italia ha in carico la partecipazione in Sparkle a 481 milioni, dopo la svalutazione operata in bilancio lo scorso anno. Aggiungendo l’indebitamento finanziario netto che è pari a 383 milioni si arriva a oltre 860 milioni. 


Secondo quanto risulta ad Affaritaliani, ci sono in realtà ulteriori temi che farebbero pensare che non si parla di un’offerta troppo bassa ma di altri temi. A gennaio, infatti, era stata presentata una cifra superiore agli attuali 700 milioni, ma con una parte del pagamento collegato al raggiungimento di determinati obiettivi, il cosiddetto earn out, assai difficili da raggiungere.  

I 700 milioni promessi dal MEF e Asterion, invece, verrebbero pagati in un’unica soluzione. Perché attendere il 30 novembre, allora, cioè due mesi dalla presentazione dell’offerta? L'offerta potrebbe anche soddisfare TIM economicamente, ma va comunque rivista per arrivare una proposta vincolante, che potrebbe essere accettata anche entro la fine dell'anno, per arrivare poi al closing nella prima parte del 2025. L'incasso, così come quello collegato alla vendita della quota residua di Inwit ad Ardian, che dovrebbe concretizzarsi a novembre, non è compreso nella guidance sul debito di TIM, che a fine anno si attende un'indebitamento pari a circa 7,5 miliardi. Sul fronte degli offerenti, poi, le percentuali di partecipazione tra Mef e Retelit non sono state ancora svelate.

 

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Il Tesoro, che considera Sparkle strategica (come Leonardo di cui detiene una partecipazione del 30%), dovrebbe comunque detenere la maggioranza. La strategicità di Sparkle deriva dal fatto che opera con una rete di 600mila chilometri in fibra ottica fornendo servizi di telecomunicazioni a livello internazionale.

La sua rete si basa soprattutto su cavi sottomarini che dal Mediterraneo vanno verso gli Stati Uniti, il Sud America, il Medio e l’Estremo Oriente ma anche verso l’Europa e l’Africa. E, dato che è il più importante player italiano in questo settore e il quarto a livello mondiale, in pratica il 98% del traffico dati in entrata e in uscita dall'Italia transita dalla sua rete e tramite i suoi 9 data center e 169 Pops, ossia point of presence, a livello italiano e internazionale.

Sparkle è presente in 33 paesi e la sua rete collega 456 operatori in tutto il mondo. La società ha oltre 1500 clienti con ricavi nel 2023 per oltre 1 miliardo di euro. Ma gli investimenti sono notevoli, pari a circa 100 milioni all'anno, le spese pure e quindi, nello scorso esercizio, la perdita è stata di circa 40 milioni.

Sparkle è lontana, dunque, dalla redditività che Fibercop (1,5 miliardi di utili all'anno), ossia la società della rete che la stessa Tim ha recentemente venduto per 18,8 miliardi di euro al fondo Usa Kkr e allo stesso Ministero del Tesoro che detiene una partecipazione del 16%.