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Economia
Sugar tax, "a rischio 5mila posti di lavoro. Sostegno da nessun partito"
Coca Cola

Sugar tax, danni enormi su una filiera già in bilico. Posti di lavoro a rischio e... L'intervista

Una buona intenzione e un grande rischio. La “sugar tax”, imposta che probabilmente entrerà in vigore nel luglio 2025, si porta dietro questi due aspetti: scoraggiare il consumo di bevande zuccherate, con il pericolo (che più che altro è una logica conseguenza) di fare molto male all’intera filiera. 

Ma quali prodotti vengono colpiti nello specifico? E quale sarà l’impatto della nuova e discussa norma sul mercato? A rispondere alle nostre domande è Giangiacomo Pierini, Presidente di Assobibe (l’associazione delle bevande analcoliche), nonché Corporate Affair and Sustainability Director di Coca Cola Hbc.

Come funzionerà la nuova tassa?

Dando per buoni gli emendamenti di sabato scorso, la norma comporterà la riduzione dell'aliquota da dieci a cinque euro per ettolitro per i prodotti finiti e da 0,25 a 0,13 euro per chilo per i prodotti diluiti.

A essere colpite saranno tutte le bevande analcoliche, lisce o gassate, con calorie o senza. Non importa che ci sia o no lo zucchero, basta che dentro compaia un dolcificante e il “gioco” è fatto. Insomma, dalla Coca-Cola al the freddo, passando per l’acqua tonica.

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Dopo i vari rinvii di Conte, Draghi e la stessa Meloni (per due volte) vi aspettavate tale accelerazione?

No, l’annuncio è arrivato come un fulmine a ciel sereno.

Quale impatto vi aspettate sul mercato?

Stimiamo un calo di circa 5 mila posti di lavoro. Poi, per i consumatori, introdurre tale tassa equivale a un aumento dei prezzi. È un settore fragile, non può subire altri urti. Gli effetti saranno devastanti. E questo solo per pochi spicci.

Facendo due conti, nel nostro caso la pressione fiscale aumenterebbe di circa il 14% con l’approvazione della sugar tax. A questo si accompagnerebbe, naturalmente, una serie di costi in più per le imprese. Tra aggiornamenti software e la formazione del personale il quale dovrà consegnare i dati al ministero, solo per fare degli esempi, c’è preoccupazione per un settore che non se la passa bene.

Il settore delle bibite zuccherate viene da anni di forte crisi. Il Covid, con lo stop quasi totale al settore dell’Ho.Re.Ca, ha fortemente colpito il nostro mercato, fatto di prodotti consumati tipicamente in momenti di socialità e condivisione.

Nel dettaglio, negli ultimi anni c’è stato un forte calo dei consumi di bevande zuccherate, crollati del 27%. Solo nel 2023, ad esempio, il settore ha chiuso con un calo dei volumi del 5%. Dovesse passare, la legge avrà un impatto molto pesante.

LEGGI ANCHE: Superbonus: Fi al lavoro su modifiche. Ipotesi slittamento sugar tax al 2025

Questo risvolto porterà almeno benefici sulla salute?  

Questa norma è stata fatta dal Mef solo per fare cassa. Non ha avuto, infatti, grandi benefici sul benessere della gente nei Paesi in cui già esiste. Realtà come Danimarca, Australia e Norvegia l’hanno fatta cadere.

Si tratta solo di soldi, infatti non viene dal ministero della Salute col quale dialoghiamo ormai da 30 anni. Tra l’altro, il settore delle bibite dolci ha tagliato lo zucchero del 41% dai propri prodotti. La direzione del mercato va verso lo sugar-free e le imprese se ne sono accorte da tempo. Ma la sugar tax è una mazzata di altro tipo.

Quanto ci guadagnerebbero i conti pubblici allora?

Briciole. Il governo pensa di ricavare 70 milioni di euro. Ma prendendo, ad esempio, la Gran Bretagna, dove questa tassa è già operativa. Gli incassi sono stati circa la metà di quelli previsti.

Sarebbe da considerare, però, oltre ai rischi per la filiera e per tutti i suoi componenti, anche il fatto che le casse dello Stato incasserebbero inevitabilmente meno Iva, in quanto i consumi verrebbero notevolmente ridotti (si stima del 16%). Capisco che ci siano delle regole di bilancio da far quadrare, ma se andiamo nel mondo reale l’impatto è inevitabilmente dannoso per le imprese e per i consumatori.

C’è chi dice che questa tassa non abbiamo neanche supporti politici

È così infatti. C’è una consapevolezza trasversale sulla strutturazione troppo frettolosa della norma. Dai partiti della maggioranza, passando anche per gli stessi Pd, Azione e Italia Viva. Non ci sono sostenitori.






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