Economia

Tecnocasa, il lockdown riaccende la prossimità, investitori puntano sui negozi

Eduardo Cagnazzi

In difficoltà i negozianti di no food e quelli attivi da poco tempo, con la riapertura più appetibili spazi per le attività da asporto e per gli alimentari.

La pandemia fa sentire i suoi effetti anche sull’immobiliare, un settore strettamente collegato all’andamento dell’economia. Il segmento maggiormente interessato è quello dei negozi. Lo rileva l’ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa, secondo cui gli effetti dell’emergenza sanitaria si sono inevitabilmente avvertiti soprattutto  sulle compravendite che nei primi tre mesi del 2020 registrano un calo del 17,2% per gli uffici, del 17,5% per gli immobili commerciali e del 22,8% per il produttivo. L’impatto del coronavirus si è fatto sentire sul segmento dei negozi, con un calo delle richieste di chi voleva aprire un’attività commerciale e che rimanda a tempi migliori e aspetta anche di capire se la concessione delle nuove licenze non sia condizionata a determinati requisiti da cui possa dipendere la tipologia di immobile ricercata. Subito dopo la riapertura però le agenzie affiliate Tecnocasa e Tecnorete specializzate negli immobili per l’impresa hanno comunque registrato la volontà di aprire soprattutto attività di quartiere legate alla vendita di prodotti alimentari. Quindi la riscoperta della prossimità avvenuta negli ultimi anni e che aveva portato diverse catene della media grande distribuzione ad aprire punti vendita i questo senso ha avuto un’ulteriore spinta dal lockdown. A questo fenomeno ha contribuito anche il massiccio ricorso allo smart working. 

Dopo la riapertura si cercano anche spazi per realizzare attività di asporto. La ristorazione sta cercando di riorganizzarsi, quando può, attraverso il delivery che, in qualche modo, tampona le perdite. In questo settore ci aspettiamo una maggiore tenuta per le attività storiche o comunque con alcuni anni di attività alle spalle e che potrebbero avere la liquidità necessaria per fronteggiare il periodo di chiusura. Maggiori problemi potrebbero avere coloro che avevano aperto da poco tempo e su cui gravano i costi di avviamento, in particolare nelle città ad alta vocazione turistica.

In difficoltà maggiore potrebbero trovarsi i negozianti del settore non food, come abbigliamento e calzature,  soprattutto se non appartengono a brand importanti e solidi che possono reggere meglio la chiusura. Si pensi, ad esempio, ai costi sostenuti per non aver potuto smaltire la collezione primaverile. Un impatto minore potrebbe esserci per quelle attività che, al punto vendita fisico, hanno affiancato anche il canale on line. Continua il trend che vede il cambio di destinazione d’uso in abitativo per quei locali commerciali ormai chiusi e posizionati in vie non di passaggio.

Anche la logistica sembra aver retto bene grazie all’aumento degli acquisti on line. Questa pandemia ha portato ad una vera e propria rivoluzione nel nostro Paese: durante questo periodo le transazioni on line sono aumentate notevolmente (soprattutto per i prodotti di largo consumo) e questo ha impattato non poco sul settore logistico. A questo potrebbe essere associato l’aumento delle metrature richieste per i capannoni al fine di rispondere ad una maggiore capacità di deposito. La richiesta arriva soprattutto dal settore food, farmaceutico e parafarmaceutico.

Anche sui capannoni ad uso artigianale si segnala la richiesta di metrature più ampie molto probabilmente per rispondere a future esigenze di distanziamento.

I dati sulle operazioni di acquisto e di locazione realizzate dalle nostre agenzie nei primi tre mesi dell’anno evidenziano soprattutto operazioni finalizzate alla creazione di spazi per deposito, seguiti da quelli da dedicare alle attività artigianali. 

Sugli uffici al momento non si segnalano richieste particolari o comunque cambiamenti legati a quanto sta accadendo. Le aziende stanno sperimentando lo smart working ma, al momento, non sembrano esserci impatti evidenti a parte il cambiamento dei layout. Sarà importante capire nei prossimi mesi come si muoveranno le aziende.  Potrebbe continuare in questo settore un fenomeno ormai consolidato da anni che vede gli uffici, soprattutto quelli obsoleti e inseriti in contesti residenziali, sottoposti a cambio di destinazione d’uso in abitativo. La ripresa del mercato immobiliare residenziale deponeva a favore di questo trend.

Gli investitori, soprattutto i piccoli risparmiatori, dopo la riapertura sembrano nuovamente interessati ad investire, in particolare nei negoziInfatti, dai dati delle compravendite realizzate dalle nostre agenzie, nei primi tre mesi del 2020, risulta che il 61% degli acquisti di negozi ha avuto come scopo la messa a reddito. Nella maggioranza dei casi sono tagli inferiori a 60 mq. In linea generale sono pronti a cogliere delle occasioni che il mercato potrebbe presentare. Sui canoni di locazione sono già in atto rinegoziazioni e ci si aspetta una contrazione almeno fino alla fine dell’epidemia e, forse, anche oltre se l’impatto economico dovesse essere importante, in particolare per alcune categorie commerciali. Stesso trend al ribasso ci si aspetta sui prezzi perché è nell’aria un aumento di offerta di spazi, soprattutto commerciali, e potrebbe esserci chi sarà pronto ad occuparli soprattutto se in posizioni interessanti.