Economia

Tod's e la fallita Opa: ecco perché è un caso di nanismo imprenditoriale

di Simone Rosti

Il caso Tod’s e la fallita opa, un’occasione per riflettere sul nostro nanismo imprenditoriale e sulle sfide del governo Meloni

Il caso Tod’s e la fallita Opa, ora il governo sia in grado di rilanciare il Made in Italy nelle cornici internazionali 

Tod’s è un vanto dell’imprenditoria nazionale, un gruppo con marchi prestigiosi nel settore della moda. Il suo “patron” Della Valle è un imprenditore ad alta visibilità, molto amato dagli ambienti radical chic, politicamente corretto, sempre in prima linea con operazioni benemerite (come la ristrutturazione del Colosseo, i fondi stanziati per i disastri ambientali, ecc.).

Ma cerchiamo di restare nell’ambito industriale. Nel 2000 Della Valle ha deciso di quotare Tod’s in borsa, ma lo ha fatto con un po’ di timidezza collocando sul mercato una quota del 25% (il flottante) del capitale, una cifra che consentiva alla famiglia di continuare a governare l’azienda in totale libertà, lasciando quindi intendere di considerare la quotazione soprattutto uno strumento di arbitraggio sui titoli.

Nulla di deplorevole, però un collocamento sul mercato dovrebbe servire in primis ad accelerare la crescita, a partire da quella dimensionale (il limite dell’imprenditoria nazionale). Soprattutto in un settore nel quale a farla da padrone sono realtà di caratura planetaria. Concetti senza dubbio ben chiari a Della Valle che, non a caso, aveva ceduto a Bernard Arnault di Lvmh, un 10% del suo gruppo facendo preludere a una imminente operazione di consolidamento proprio in Lvmh.

Poco dopo la famiglia Della Valle, e siamo a questa estate, decise di promuovere un’opa (offerta pubblica di acquisto) sul flottante del 25% con la finalità del “delisting” ovvero togliere il titolo Tod’s dalla borsa milanese. In sostanza l’azienda voleva campo libero al 100% per decidere se e come trattare una eventuale cessione dell’azienda verso lidi di maggiore garanzia per il suo sviluppo. Anche in questo caso tutto alla luce del sole e sotto le rigide regole della Consob, l’organo di controllo delle società quotate.

La famiglia Della Valle come incentivo agli azionisti a consegnare le loro azioni aveva proposto un premio del 20% rispetto alla quotazione del titolo al momento dell’annuncio dell’opa, la stessa cifra con cui il titolo è stato quotato. In sostanza Tod’s dopo più di vent’anni di borsa ha mantenuto lo stesso valore. E molti piccoli azionisti che si sono avvicinati al titolo negli anni quando questo valeva anche oltre 100€, consapevoli che prima o poi il titolo uscisse dalla fase ribassista, sono rimasti con in mano un pugno di mosche al momento dell’annuncio di questa estate. La borsa contempla questi rischi, è evidente, quello che qui vogliamo stigmatizzare però è un approccio al mercato a corrente alterna.

Quello che dovrebbe essere uno strumento per indirizzare il futuro di un’azienda viene talvolta considerato un freno alla libera iniziativa. Non bisogna pensare male per forza, ma i dubbi che sorgono non sono pochi. Lo hanno evidenziato anche alcuni fondi di investimento in possesso di azioni Tod’s. Bastava poi leggere il prospetto dell’opa che conteneva clausole molto discutibili, come quella con cui Della Valle si riservava comunque la possibilità di delistare il titolo (ad un prezzo al di sotto di quello offerto) anche se non si fosse raggiunta la soglia minima di adesione.

Soglia che poi non è stata raggiunta, infatti l’opa terminata il 25 ottobre non è andata a buon fine, e al momento la famiglia Della Valle ha scelto di proseguire l’avventura in borsa senza avvalersi della possibilità di delistare il titolo. Quel che succederà ora è difficile dirlo, però il mercato si è espresso e Della Valle farà bene a cercare un punto di incontro con le legittime rivendicazioni dei suoi azionisti di minoranza che hanno dato una lezione a chi, a volte, considera il mercato come un fastidio. Un messaggio infine per il nostro nuovo governo, affronti con i fatti una questione cruciale per lo sviluppo e quindi per i giovani, si preoccupi di creare le condizioni per attrarre i grandi gruppi industriali e i grandi investitori, il Made in Italy infatti si salva solo se si colloca nelle adeguate cornici internazionali.