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Economia
Torna la febbre dello spread a 240. Gli investitori vogliono gli eurobond

La rete in tempi di coronavirus della Bce sull’impennata dei rendimenti dei titoli di Stato è attiva. Ma l’Unione europea è ben lontana dal trovare la quadra fra gli stati membri sul piano di aiuti per combattere gli effetti economici dell’epidemia. Così, assieme alle obbligazioni governative delle economie “periferiche” del Vecchio Continente (Spagna, Portogallo e Grecia), oggi sul mercato secondario i Btp decennali sono tornati ad essere bersagliati da vendite che hanno fatto schizzare i tassi fino al 2% nel corso della seduta, sui massimi da circa un mese. Lo spread, il differenziale dei tassi rispetto ai Bund equivalenti della Germania, ha chiuso a quota 240 punti base dopo picchi attorno a 246 nel pomeriggio. Il rendimento è volato dell'11,4% e ha chiuso all’1,94% rispetto alla seduta di ieri, con tensioni registrate tra gli investitori fin dall'avvio di seduta sul mercato secondario.

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All'opposto, i rendimenti dei Bund decennali tedeschi si sono limati al meno 0,46%. Quali i motivi di questa fiammata? C'è un legame con lo scenario di incertezza che caratterizza l’elaborazione delle misure espansive in sede europea? E soprattutto, quale piano comunitario gli investitori vorrebbero che Bruxelles partorisse? Affaritaliani.it lo ha chiesto a tre grandi gestori: Luca Tobagi, investment strategist di Invesco, David Furey, responsabile strategist obbligazionario Emea di State Street Global Advisors e Marie-Anne Allier, gestore obbligazionario della francese Carmignac. Ecco le risposte.

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Luca Tobagi (Invesco)
“È possibile che la fiammata dello spread sia da mettere in relazione ai timori sulle stime del FMI: una forte recessione in Italia (-9% previsto, nonostante le misure da finanziare con deficit, cioè nuovo debito) farà aumentare il rapporto debito/Pil. Inoltre la ripresa di tensioni fra i vari partiti fa aumentare la percezione dell'instabilità politica in Italia, che tendenzialmente non giova allo spread. È anche possibile che la difficoltà a raggiungere un’autentica condivisione delle misure per sostenere l'Eurozona nel suo complesso e i singoli Paesi in modo flessibile ed efficace alimenti preoccupazioni, perché gli investitori potrebbero temere che in caso di una crisi più acuta potrebbero non esserci reti di protezione per le nazioni più vulnerabili. Difficile dire se gli investitori abbiano una struttura ideale di piani Ue in mente. La percezione delle misure più appropriate probabilmente varia da Paese a Paese. Un incremento eccessivo e poco controllato dei rapporti debito/PIL verosimilmente potrebbe non essere gradito ai mercati obbligazionari. Tuttavia potrebbe essere probabilmente ragionevole ritenere che un piano di interventi di maggiore dimensione, pienamente condiviso fra Stati membri e con un supporto ancora più ampio da parte della Banca Centrale Europea potrebbe tranquillizzare gli osservatori più nervosi”.
 

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David Furey (State Street Global Advisors)  
“Dopo diversi giorni di forti guadagni, la modalità risk-on si è nettamente ridotta e i mercati si sono presi una pausa, con i mercati azionari oggi in calo di oltre il 3%. Questo ha anche portato a un calo dei rendimenti obbligazionari dei paesi europei core tra i 5 e i 10 punti base. Le probabilità che vengano emessi coronabond come strumento per finanziare in modo congiunto la spesa fiscale sono diminuite da un giorno all'altro. Ciò ha influito sul debito dei paesi periferici e in particolare dell'Italia, dove i rendimenti obbligazionari sono aumentati di circa 9 punti base.


Le misure comuni annunciate dall'UE continueranno ad aggiungere debito al bilancio di ogni nazione. In questa fase il meccanismo privilegiato per l'indebitamento dei paesi è il Mes. Affinché si possano compiere progressi nell'emissione di eurobond comuni, bisogna ridimensionare ostacoli significativi e finora questo non sembra probabile. 


Tuttavia l'unità del blocco è in gioco e quindi potremmo vedere qualche progresso su questa posizione nelle prossime settimane. Tuttavia è probabile che vengano poste condizioni rigorose, con un'attenzione particolare alle modalità di utilizzo dei finanziamenti, con obiettivi specifici in termini di progetti o finalità”.

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Marie-Anne Allier (Carmignac)
“Negli ultimi giorni lo spread Btp/Bund è stato nuovamente sotto pressione.  Ancora più inquietante è il fatto che l'appiattimento della curva italiana evidenzia come gli investitori più coraggiosi siano ancora in grado di mantenere le loro posizioni nel debito italiano in questi giorni. L’epidemia attuale ha ancora una volta messo in luce le debolezze dell'Europa e la tendenza a intervenire in maniera insufficiente e non tempestiva. Proprio come durante la crisi dell'euro del 2011, e nonostante gli acquisti della Bce, solo una forte pressione di mercato potrà superare gli interessi nazionali (e proteggere l'integrità dell'euro). 

L'aumento degli spread è uno dei mezzi di pressione utilizzati dagli investitori per valutare la volontà dei paesi dell’area euro di preservare l'Eurozona. Dal punto di vista degli investitori, la mancanza di progressi in materia di mutualizzazione del debito è ovviamente parte del problema. In particolare, è possibile che l'asta greca di oggi abbia spinto al rialzo anche lo spread italiano, in quanto i future sui Btp sono utilizzati come copertura. Anche le nuove stime sul deficit (e quindi l'aumento dei fabbisogni di finanziamento) è stato un fattore di supporto per questo innalzamento dello spread”.

@andreadeugeni

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