Economia
Turismo ko, scoppia il caso della carenza di stagionali in tutta Europa
La ripresa boom ha colto di sorpresa albergatori e imprenditori del settore
Emilia Romagna: l'83% dei professionisti non riesce a trovare personale
Un'estate di attesa. Un'estate con pochi servizi per i turisti. Un reportage del quotidiano parigino Le Monde racconta in modo preciso la grande carenza dei lavoratori stagionali del turismo in Europa. Occhi puntati in particolare su Italia, Grecia, Francia, Spagna: tutte le destinazioni turistiche si trovano ad affrontare la stessa penuria di camerieri, cuochi o addetti alle pulizie, scoraggiati da salari bassi e uno stile di vita squilibrato. I datori di lavoro cercano soluzioni.
Quest'estate non ci saranno abbastanza mani per servire, non importa dove si vada in vacanza: da Colmar a Heraklion, dalla Puglia a Perros-Guirec, da Saint-Tropez a Siviglia, fino al Nord America: il turismo del mondo occidentale è afflitto dalla scarsità di addetti al turismo, soprattutto per i contratti precari dei lavoratori stagionali e le loro mansioni massacranti. Quanto è stato aggirato durante le ultime due estati, a causa del calo del numero di turisti stranieri, quest'anno dovrebbe essere più difficile: tutto indica che i nordeuropei riprenderanno la loro grande migrazione verso il sole del Sud Europa.
Cosa troveranno sulle spiagge dell'Adriatico, dove, in Emilia-Romagna, l'83% dei professionisti non riesce a trovare personale? E sulle coste spagnole, dove mancano 50mila stagionali? Le stesse cause – note da tempo – gli stessi effetti, qualunque sia lo stato del mercato del lavoro o le sue modalità di regolazione: i professionisti del settore alberghiero e della ristorazione denunciano la scarsa attrattività del loro settore, la mancanza di personale qualificato e la difficoltà ad ospitarli.
Buchi negli orari comporteranno chiusure occasionali, una richiesta di maggiore versatilità per i dipendenti o disorganizzazione che potrebbe influire sulla qualità del servizio, come già accade negli aeroporti di Parigi, Londra o Amsterdam. Il caso è sintomatico di un settore che ha preferito separarsi da parte della propria forza lavoro durante la pandemia di Covid-19, nonostante gli aiuti messi in campo dai governi. Pochi datori di lavoro si aspettavano un così rapido rimbalzo dell'attività e alcuni, per mancanza di visione imprenditoriale, hanno preferito fare quello che potevano nell'estate del 2020, senza reintegrare i loro stagionali. Il settore del tempo libero è stato l'ultimo ad assumere dopo la crisi, in un contesto generale di carenza di manodopera.
Durante i periodi di chiusura dei caffè e dei luoghi turistici, i dipendenti di hotel e ristoranti si sono rivolti ad altri settori in tensione e "hanno scoperto che altrove era più facile lavorare con salari più alti", sottolinea Pascal Pedrak, segretario generale della CFDT Ile-de- Francia, responsabile di alberghi, turismo e ristorazione. In Francia, l'aumento dei salari del settore, entrato in vigore il primo aprile, è stato rapidamente superato da quello del salario minimo, a causa dell'inflazione. Questa stessa inflazione che, parallelamente al rimborso dei prestiti garantiti dallo Stato, limita i margini di manovra dei ristoratori, colpiti dall'aumento del prezzo delle materie prime.
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