Economia

Ubi, rebus da 700 milioni di crediti malati. Anomalia che vale 2 anni di utili

di Fabio Pavesi

Tasso di copertura dei crediti deteriorati più basso tra gli istituti quotati. Svalutare poco significa a parità di condizioni avere utili netti più alti

C’è un enigma nei conti di Ubi Banca, dura da anni e vale almeno 700 milioni di euro di nuove perdite. È un rebus che rende di fatto unica la quarta banca del Paese nel panorama dell’universo bancario. Si tratta degli accantonamenti sui crediti malati che da sempre vede Ubi Banca in una situazione di eccezione rispetto al resto dell’industria bancaria. Ubi infatti ha un tasso di copertura dei crediti deteriorati molto basso, il più basso tra le banche quotate.

CORRE UBI IN BORSA DOPO OK BCE A OPS INTESA-SANPAOLO/ In una Piazza Affari negativa dopo il crollo ad apile della produzione industriale tedesca (-17,9%), corre il titolo Ubi Banca (+3,3% al suono della campanella; positiva anche Intesa) dopo che la Bce ha dato la sua autorizzazione preliminare all'acquisizione diretta di una partecipazione di controllo - pari almeno al 50% del capitale più un'azione - in Ubi Banca, nonché per l'acquisizione indiretta di una partecipazione di controllo in IW Bank da parte del gruppo Intesa-Sanpaolo

Su 6,67 miliardi di euro di crediti deteriorati lordi, la banca bresciana bergamasca ha svalutato solo 2,64 miliardi. Un  tasso di copertura che è del 39,5% e fa a pugni con la dinamica dell’intero settore. Secondo i dati raccolti da Pwc, Unicredt ha un tasso di copertura del 61%; Intesa del 54%; BancoBpm del 42%. Mps e Bper viaggiano rispettivamente al 53% e al 55%. Il divario tra Ubi e i concorrenti è su tutte le classi di crediti malati.

Sulle sofferenze Ubi accantona il 51,5%, mentre UniCredit ha svalutato le sue sofferenze lorde del 72%; Intesa del 66%; Banco Bpm è al 57%; Mps e Bper hanno tassi di copertura delle sofferenze lorde del 62% e del 67%. Sugli incagli o meglio sulle inadempienze probabili (Utp) la forbice è ampia. La banca guidata da Victor Massiah copre gli Utp al 27%. Un tasso molto basso se paragonato ai competitor: UniCredit è al 48%; Intesa al 37%; Banco Bpm e Bper al 35% e Mps ha un  tasso al 45%. 

Emerge così una situazione che fa di Ubi (sulla carta) una banca assai virtuosa. Pulisce meno delle altre banche le scorie delle sue sofferenze e dei suoi incagli. Vuol dire che ritiene di subire meno degli altri il morso dei prestiti di difficile rimborso. Il che ha però un impatto non indifferente sui bilanci.

Svalutare poco i crediti malati consente a parità di condizioni di avere utili netti più alti in termini relativi. Se solo Ubi uniformasse i suoi accantonamenti a livello della media del sistema emergerebbero almeno 700 milioni di maggiori svalutazioni. Non poco. Quella cifra vale due anni interi di utili netti della banca. E ribalterebbe in un colpo solo il livello di redditività della banca.

UBIbanca
 

Non più utili ma perdite. Quel che appare un enigma ha per Ubi una spiegazione. La banca sostiene da sempre che i bassi livelli di copertura sono giustificati da un livello di garanzie reali (ipoteche e garanzie personali) sottostanti ai finanziamenti molto elevati, tra i più elevati del sistema. Insomma la banca svaluta poco i suoi crediti malati perché ha più garanzie sotto forma di pegni e ipoteche da escutere eventualmente. Crediti malati più garantiti della media del sistema. Certo è che da questo punto di vista Ubi è un’anomalia assoluta nel panorama delle banche quotate italiane.

E quando  l’anomalia è così marcata vien da chiedersi come mai in Ubi sono stati così attenti nel garantirsi i crediti, mentre tutte le altre banche hanno peccato in leggerezza? E’ possibile che solo a Bergamo abbiano preso così tante precauzioni nel tutelare i loro affidamenti? Domande cui è difficile dare una risposta. Certo è che ora nel pieno della battaglia sull’offerta pubblica di scambio (Ops) che vede contrapposti Intesa-Sanpaolo e i soci forti di Ubi, quel dato pesa eccome.
 

Intesa ha già detto che in caso di successo dell’offerta provvederà ad allineare i tassi di copertura a quelli di Intesa. Vuol dire prevedere svalutazioni aggiuntive nel bilancio di Ubi di oltre 900 milioni. Se ne farà carico la banca guidata da Messina che è in grado con la nuova entità di assorbire il colpo.

Se invece l’Ops dovesse fallire, Ubi resterà sola e si porterà appresso il rebus mai risolto per altri anni. Che vuol dire una mina inesplosa di 700 milioni di euro di possibili svalutazioni che Ubi si è ben guardata negli ultimi anni di affrontare. Pena mangiarsi tutti gli utili degli ultimi 2 anni.