Economia

Volkswagen, la manina di Piech. Quei sospetti sull'ex presidente....

 

In azienda ne sono convinti. Anche se la tempistica con cui il timer della bomba dei motori diesel truccati è stato innescato per poi esplodere con tutta la sua violenza ora lascia poco spazio alla dietrologia (e lo stesso quotidiano Handelsblatt assegna al retroscena una probabilità zero). C'è chi vede però nell'accelerazione dell'inchiesta dell'US Environmental Protection Agency ai danni della Volkswagen, anche ai piani alti della casa automobilistica tedesca, la manina dell'ex presidente del consiglio di sorveglianza Ferdinand Piech, patriaca nipote di Ferdinand Porsche e principale azionista del colosso delle quattroruote (con oltre il 50%). Una strana coincidenza, secondo le voci che circolano negli uffici del colosso di Wolksburg, con l'ex plenipotenziaro della Volkswagen che avrebbe fornito gli ultimi dettagli dello scandalo dei motori truccati ai tecnici del Ministero dell'Ambiente a stelle e strisce (l'inchiesta americana che ha portato allo dieselgate è partita a fine 2013 con Piech ancora saldamente alla guida).

La scorsa primavera, infatti, il rapporto fra i due si è improvvisamente incrinato e Piech aveva stabilito che Winterkorn non sarebbe stato il suo erede alla guida del Cds prendendo le distanze dal super-manager. Ora, con la deflagrazione dello scandalo che rischia di costare parecchi miliardi (fra multe e richiami) alla prima casa automobilistica mondiale, Piech avrebbe consumato la sua vendetta, piazzando anche un suo uomo alla guida del gruppo (in pole per la successione a Winterkorn c'è infatti Matthias Muller, Ceo della controllata Porsche).

L'unica magra consolazione per l'ex Ceo Winterkorn, secondo  quanto emerge dall'ultimo report annuale, è che se ne andrà in pensione con 28,6 milioni di euro (era giù il manager più pagato del settore, con circa 17 milioni di stipendio annuo). A Winterkorn potrebbero anche andare due annalità in caso di uscita per totali 33 milioni, ma la parola spetta al board che potrebbe ridurre la somma.

Intanto, emergono altri particolari dell'inquietante vicenda. Già lo scorso aprile, sentendosi il fiato sul collo dell'agenzia californiana per il controllo dell'ambiente, la 'Volkswagen of America Inc.' aveva inviato una lettera ai suoi clienti proprietari di vetture diesel Audi e Volkswagen per una generica "azione di richiamo per problemi di emissioni" dei gas di scarico. Ai proprietari delle vetture con i motori a rischio di non superare i periodici test veniva detto di portare l'auto al rivenditore dove sarebbe stato installato un nuovo software per assicurare che le emissioni dai tubi di scappamento venissero "ottimizzate per operare efficentemente". Volkswagen però non chiarì che l'operazione era stata avviata solo per rispettare con un escamotage i severi standard qualitativi delle autorita' di controllo locali. Tra questi stavano da mesi aumentando le perplessità sulle macroscopiche differenze tra le emissioni registrate in laboratorio (quelle truccate appunto con il software che alterava i risultati) e quelli nelle prove su strada, dove il programma che abbassa i livelli di emissioni di gas inquinanti non funzionava.

I funzionali del Air Resources Board della California, e gli omologhi federali dell'EPA (Ente per la protezione ambientale) acconsentirono a dicembre del 2014 all'operazione di richiamo volontario delle auto diesel di Volkswagen con motore 2 litri prodotti tra il 2010 ed il 2014 per risolvere quello che al società tedesca sosteneva essere un innocente malfunzionamento tecnico e di facile soluzione che avrebbe potuto far scambiare il motore per piu' inquinante di quanto la società non attestasse. In sintesi, il piano per nascondere il danno causato dai motori non in linea con gli standard ambientali più aggiornata, era stato progettato da tempo.

Infine, sul Dax di Francoforte, il titolo Volkswagen apre in rialzo del 4,4%, seconda seduta di rimbalzo per le azioni del colosso automobilistico (ieri infatti hanno chiuso in positivo di oltre il 5%, dopo aver oscillato tra -8% e +7% dopo le dimissioni di Winterkorn). Nei due giorni precedenti aveva bruciato oltre 25 miliardi di euro