Spettacoli

La nuova tv di Agon Channel

Di Igor Righetti*

*Giornalista, docente Linguaggi radio tv e format crossmediali, autore e conduttore radiotelevisivo del ComuniCattivo

I tanti flop di programmi sulle tv generaliste Rai, Mediaset e La7 dimostrano che senza idee e facce nuove il pubblico cambia canale. È sufficiente ricordare la trasmissione clone di tante altre e senza talenti  “Forte forte forte” su Rai 1 condotta da Raffaella Carrà, il docu-reality di sentimenti “About love” su Italia 1 (il solo sentimento che ha provocato nella prima e unica puntata è stato quello di far cambiare canale), il soporifero “Le invasioni barbariche” su La7 di Daria Bignardi (chiuso in anticipo) e il programma “Senza parole” su Rai 1 con Antonella Clerici, dove l’unico elemento su cui sono tutti d’accordo è il titolo della trasmissione.
Del resto anche i telespettatori  più anziani che non si collegano al web hanno a disposizione decine e decine di canali sul digitale terrestre.  Programmi miseramente falliti non perché sperimentali o innovativi ma soltanto perché il grande pubblico delle generaliste li ha ritenuti interessanti e divertenti come guardare il pavimento bagnato mentre si asciuga. Programmi che hanno provocato nel pubblico la reazione del celebre dipinto di Munch:  “L’urlo”.
Così come l’overdose del genere talk show  ha provocato la defezione del pubblico in quanto ormai datato nella struttura e fotocopia l’uno dell’altro. Molti conduttori e autori giustificano gli insuccessi a causa delle risorse economiche limitate. Da sempre sono dell’opinione che per fare programmi di successo non c’è bisogno di investimenti faraonici ma d’idee. Sembra che un virus di stipsi creativa abbia colpito tanti addetti ai lavori. Neppure la riduzione dei budget pubblicitari a causa della crisi economica è stata in grado di stimolare i direttori di rete ad aprirsi a qualcosa di nuovo convinti che lasciare la strada vecchia, in un Paese anziano come l’Italia, li avrebbe esposti al tonfo.  Ma i tonfi, col botto, sono arrivati lo stesso. I format acquistati all’estero e riadattati, spesso in modo maldestro o approssimativo, costano molto e non sempre funzionano con il pubblico italiano. Sky troppo spesso scimmiotta le tv generaliste dimenticando che i suoi abbonati pagano soprattutto per vedere lo sport, le serie tv americane e i film.
Per quanto riguarda i programmi, sulle pay tv da sempre funzionano i format celebri nel mondo (non a caso Italia’s got talent, Masterchef  Italia e X Factor hanno ottimi ascolti su Sky) oppure trasmissioni autoprodotte che “osano” e provocano e che non sarebbero mai trasmesse sulle più celebri reti generaliste. I cloni di programmi già esistenti su altri canali o le trasmissioni senza mordente nelle tv a pagamento rendono i telespettatori felici come mosche in una città di stitici. C’è quindi spazio, in Italia, per una nuova visione di rete generalista fuori dal torpore e dall’eccesso di burocrazia che soffocano le generaliste Rai, Mediaset (in misura minore, basti pensare ai grandi successi dei programmi di intrattenimento con forte contenuto emotivo di Barbara D’Urso e di Maria De Filippi, regine della tv italiana) e La7 in picchiata di ascolti a causa dei suoi tanti talk show politici tutti uguali. La “tv di parola” costa poco, così come gli show cooking ovvero i programmi di cucina nati dalle numerose food tv del mondo anglosassone, ma i talk show tutti incentrati sulla politica e sulle disgrazie dell’Italia portano i telespettatori non masochisti, già pieni di problemi a causa del difficile momento storico,  alla fuga dal canale per evitare di assumere ansiolitici. È indubbio, poi, che la tv generalista così come la conosciamo è destinata anche in Italia a essere ripensata. Le nuove coordinate saranno la produzione di contenuti e la loro distribuzione.
Il pubblico giovane è il più ambito dagli investitori pubblicitari ma è anche il più difficile da catturare perché al tradizionale schermo televisivo abbina,  e ormai sempre più spesso sostituisce, quello del computer e del telefonino. La crossmedialità, l’utilizzo cioè, di più mezzi di comunicazione per raggiungere pubblici diversi e l’infotainment, fusione delle parole information ed entertainment, informazione e intrattenimento, rappresentano senz’altro due armi vincenti. Per raggiungere più persone bisogna pensare a programmi che possano essere adattati su più piattaforme coinvolgendo anche il web e la telefonia mobile. Pure parlare di target è ormai un concetto superato come la clava di Fred Flinstones. Si deve per forza ragionare per stili di vita. Un sessantenne di oggi non ha nulla a che vedere con un suo coetaneo di dieci anni fa.

Programmi autoprodotti
C’è quindi spazio per un canale fatto di programmi originali autoprodotti che non si trovano sulle reti dei tre grandi gruppi nazionali. Un canale che se saprà distinguersi e avrà il coraggio di osare riuscirà a far emigrare i telespettatori delusi o annoiati dalle solite minestre riscaldate. E con loro arriverà anche la pubblicità. Del resto non dobbiamo dimenticare che l’Italia si colloca al quinto posto nel mondo per il tempo che i suoi abitanti trascorrono guardando la televisione. Forse perché in Italia oltre un terzo della popolazione non si è mai connesso a Internet (22 milioni di persone secondo i dati Istat). Da qualche mese un nuovo canale lo ha ideato l’alacre e coraggioso imprenditore romano Francesco Becchetti, azionista di Becchetti Energy Group (BEG) e presidente della squadra di calcio inglese Leyton Orient. Becchetti ha fatto qualcosa di più della solita emittente televisiva: ha delocalizzato la sua rete in Albania, a Tirana, visibile in Italia sul canale 33 del digitale terrestre e in streaming su www.agonchannel.it/live con studi anche a Roma. E nel progetto è riuscito a coinvolgere alcuni noti personaggi del mondo della tv e del cinema come Simona Ventura, Monica Setta, Veronica Maya, Pupo, Sabrina Ferilli e Maddalena Corvaglia. 
Apriti cielo! In tempo di vacche magre per la pubblicità guai a chi osa mettersi in mezzo per dividersi la torta degli inserzionisti. E poi nell’”italietta” invidiosa viene perdonata qualunque cosa tranne che il successo degli altri. Dall’altra parte è pur vero che una società in start-up ha bisogno di un po’di tempo per rodarsi, per creare un palinsesto, per integrarsi con il mondo web, trovare volti riconoscibili con l’emittente e quindi fidelizzare i telespettatori.  Ed è anche vero che alcuni personaggi del mondo televisivo italiano, soprattutto avanti con gli anni, hanno una mentalità meno elastica e hanno difficoltà a interagire con concezioni produttive più snelle e al passo con i tempi, sono abituati a fare i capricci quando si trovano su reti meno celebri di quelle in cui hanno lavorato. La sfida di Becchetti e dei suoi capaci manager sarà proprio questa: cercare personaggi che credano veramente nel progetto, personaggi credibili e non a tempo, proporre programmi crossmediali originali per catturare anche il pubblico più giovane che si nutre di web trovando il registro linguistico a loro idoneo e una conduzione meno formale e ingessata dei tre grandi gruppi televisivi italiani.
Per mettere in atto il suo progetto, il vulcanico Becchetti, che punta all’1% di share,  ha chiamato due fuoriclasse, due professionisti con grande esperienza ciascuno nel proprio settore: il giornalista professionista Giancarlo Padovan, responsabile della redazione sportiva e delle news, il quale ha aderito al progetto sin dall’inizio, e l’autore televisivo Massimo Righini, responsabile delle produzioni e del palinsesto, arrivato a gennaio di quest’anno. Un giornalista e un autore televisivo, dunque, non due burocrati come quelli che affollano molte direzioni di altre reti generaliste.
Padovan, già capo servizio allo sport per la Repubblica e il Corriere della Sera è stato direttore di Tuttosport dal 2002 al 2008; Righini, entrato a Mediaset nel 1997 come inviato per Verissimo e poi autore di 53 programmi di successo come Domenica Live, Amici, Uomini e donne, Ciao Darwin. Per Magnolia ed Endemol ha realizzato programmi per il gruppo Discovery tra cui Shopping Night home edition, Changing Rooms e Best in town, tutti per Real Time. Padovan e Righini si sono trasferiti in Albania, Paese in cui già vivono e lavorano 20 mila italiani, una nazione giovane (l’età media è di 29 anni) e in continuo sviluppo. Un Paese sul quale ha investito anche la compagnia italiana Blue Panorama Airlines con la sua low cost Blu-express.com che collega a prezzi imbattibili ben 11 aeroporti italiani con Tirana (Fiumicino, Pisa, Milano Malpensa , Bologna, Bergamo, Verona, Venezia, Ancona, Genova e da poco anche Firenze e Perugia) garantendo voli diretti in ottimi orari, puntualità ed efficienza.

Massimo Righini, a chi si rivolge Agon Channel e quali sono i generi televisivi che propone?
Agon Channel è un canale generalista, che punta su volti conosciuti e amati dal grande pubblico per proporre programmi per tutta la famiglia. Diamo molto spazio all’ informazione, sconvolgendo il palinsesto in occasione di eventi importanti, italiani e internazionali, non dimenticando però il genere più amato, l'intrattenimento, con i talent show come “Leyton Orient” e “Chance”, “Contratto”  di Sabrina Ferilli o i game di Pupo e Marco Senise.

La criticità dell’attuale situazione economica e il dilagare di Internet e di nuovi media quali opportunità o problemi pongono?
Questa situazione pone un unico obiettivo, direi molto positivo: devono vincere le idee. In questo momento storico possiamo così liberarci delle zavorre e portare avanti i professionisti che hanno creatività, idee e fantasia, non dimenticando che ormai ogni autore è anche un producer. 

Si può ancora fare sperimentazione in tv?
Si deve fare sperimentazione, senza pensare che significhi fare "stranezze". Si può fare sperimentazione proponendo programmi concilianti, per tutti, o per fasce ben specifiche, scegliendo nuovi modi di raccontare che sono in continua evoluzione.

I programmi di Agon Channel sono autoprodotti. Perché gli altri canali generalisti, pur avendo al loro interno autori capaci, preferiscono spendere molto di più acquistando da società esterne format ideati in altri Paesi?
Ormai le grandi aziende proprietarie dei canali hanno all'interno ben pochi autori. Io ho iniziato a lavorare a Mediaset nel 1996 con “Verissimo” e ricordo bene la quantità di menti creative che lavoravano in ogni produzione interna. Ma adesso chi dà lavoro sono le società esterne che operano in modo trasversale per ogni canale esistente. 

Con la crisi economica sono cambiate le richieste da parte del pubblico televisivo?
Con la crisi, parola decisamente abusata ormai che permette di scusare ogni atrocità che si propone in tv e non solo, la gente chiede emozione. In ogni sfaccettatura. Maria De Filippi con cui ho lavorato e che è la regina dell'emotainment lo sa bene e cavalca “C'è posta per te” in modo eccellente.

Come pensa sarà la tv del futuro?
Sarà interattiva, in mano al telespettatore e non necessariamente fruibile all'orario in cui va in onda il programma sul canale tv. Ha cominciato Sky con MySky che ci permette di creare un nostro palinsesto basato sui nostri orari quotidiani, ma la stessa Agon Channel ha un sito ben costruito con le puntate di ogni programma fruibili in streaming.

In estate i grandi network televisivi propongono quasi tutte repliche di programmi e fiction andati in onda durante l’inverno. Agon Channel coglierà l’occasione per farsi conoscere  dal pubblico delle reti generaliste nazionali proponendo nuove trasmissioni?
Agon Channel sta preparando un palinsesto ad hoc, dove faremo tutto ma non spegnerci. Partirà un daytime di due ore in diretta dal titolo "A casa nostra", un nuovo programma del mattino con ospiti, rubriche ed esperti e andremo per spiagge con un game. E tanto altro ancora, basta seguirci.

Quali altri personaggi vedremo su Agon Channel?
Il nostro editore sta ricevendo chiamate da qualsiasi personaggio in onda o no su ogni rete esistente. Non scherzo. C'è voglia di lavorare con Agon Channel. Sarà Becchetti a breve e comunicare alla stampa i nuovi acquisti. Tutto a tempo debito. 

Oltre ai programmi produrrete internamente anche fiction e sit-com?
Il nostro editore ci sta pensando seriamente. Non solo per l'Italia. Becchetti ha un entusiasmo che ammiro moltissimo e che da tanto non vivevo.
 
Giancarlo Padovan è a capo di una redazione di 12 giornalisti per realizzare 7 edizioni (5 di 13 minuti registrate ma con la possibilità di intervenire con aggiornamenti dell’ultimo minuto, una di 27 minuti e una di 8 minuti in diretta) che si susseguono dalle 6 del mattino ogni 2 ore fino all’ultima edizione di mezzanotte  e gli approfondimenti giornalistici in diretta come “I primi” (talk del mattino dedicato all’attualità e alla rassegna stampa), “Time Square” e “Sport Square”.

Padovan, quale peso ha l’informazione e, più in particolare, l’informazione sportiva su Agon Channel?
Un peso rilevante e non soltanto per la quantità di news e telegiornali, ma soprattutto per le scelte editoriali che hanno caratterizzato gli ultimi tre mesi. Siamo stati presenti con approfondimenti giornalistici in diretta, ospiti in studio e collegamenti nei fatti nazionali e internazionali più rilevanti come la marcia di Parigi per ricordare le vittime di Charlie Hebdo, l’elezione del presidente Mattarella, la visita di Papa Francesco a Napoli, la strage al Museo del Bardo di Tunisi ripresa in diretta anche da Corriere tv, il canale video del Corriere della Sera. L’informazione sportiva conta due appuntamenti fissi in diretta: “Sport Square” condotto da Luca Colantoni il lunedì alle 22.30 e il venerdì alle 22.45 con grandi ospiti in studio e in collegamento tra i quali Vincenzo D’Amico, Xavier Jacobelli, Bruno Pizzul e José Altafini. L’attualità calcistica e di altre discipline sportive sono al centro del dibattito, in un inizio e fine settimana all’insegna dello sport.

Quale taglio e quale linguaggio ha pensato per l’informazione di Agon Channel?
Per essere diversi dalle altre reti stiamo lavorando su nuovi modelli comunicativi. Siamo attenti sia a un nuovo registro linguistico sia alla scelta dei nostri ospiti che non appartengono soltanto al mondo dello sport. Oltre ai commenti sportivi cerchiamo sempre tagli originali da dare alle nostre trasmissioni parlando anche del linguaggio che caratterizza i calciatori, di come debellare la violenza negli stadi o di come è cambiato nel tempo il modo di fare una telecronaca sportiva.

L’era dell’informazione è paradossalmente prigioniera della disinformazione. Come ottenere l’attenzione di un pubblico in continua evoluzione e bombardato da messaggi comunicativi?
È la grande sfida: il pubblico sa già tutto o almeno crede di saperlo, spesso ha un’informazione incompleta o sbagliata. Credo che la credibilità sia fondamentale, stretta parente della competenza.

La spettacolarizzazione dell’evento sportivo quanto ha favorito lo sport?
Ha favorito lo sport tv ma ha penalizzato l’evento da stadio. La spettacolarizzazione dello sport in tv ha quindi svuotato gli stadi e riempito i salotti televisivi. Ma lo stadio, così come il teatro, ha bisogno degli spettatori.