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Esteri
Catalogna, Shelley Winters incontra Puigdemont

In un film del 1968, “Joe Bass, l’implacabile”, una Shelley Winters anziana e ingrassata, è la donna di un capo delinquente. Forse è un’ex prostituta, certo ha un notevole passato. Ad un certo momento il piccolo gruppo è circondato dagli indiani e sembra non avere scampo. Shelley non si perde d’animo, sorride al capo degli aggressori, facendogli capire che è disponibile, e tutto si aggiusta. Gli astanti sono stupiti e Shelley esclama, alzando le spalle: “E che credevate? Anche loro sono uomini”.

I film sono fiction, ma chi ha scritto quella battuta la sapeva lunga. Molti - non tutti - hanno una divisa; molti – non tutti - hanno degli ideali: ma tutti hanno l’istinto di conservazione e l’istinto sessuale. E questo riduce tutti a proporzioni umane. E facile fare i gradassi quando il nemico è lontano, ma quando si avvicina, quando si tratta di combatterlo sul serio, e c’è una possibile via di fuga, perché non sceglierla? Il consiglio dell’istinto di conservazione è dei più pressanti.

De te fabula narratur”, si potrebbe dire a Carles Puigdemont. “Stiamo parlando di te”. Fino a pochi giorni fa emettevi proclami magniloquenti, annunciavi inflessibile resistenza, dicevi insomma “noi tireremo dritto”, come qualcuno delle nostre parti, e poi, nel momento in cui il governo di Madrid decide che applicherà l’art.155, sparisci? Infatti il leader catalano prima si è spostato a Gerona, a due passi dal confine, ed ora è a Bruxelles, dove spera di ottenere asilo politico. Chissà come si dice in spagnolo, ma l’espressione giusta, in italiano, è: “La paura fa novanta”.

Una paura giustificata, del resto. Non è divertente essere arrestati, processati, e condannati a molti anni di carcere. La sedizione infatti è dovunque repressa duramente. Il nostro codice penale, all’art. 241, recita: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l'indipendenza o l'unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni. La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l'esercizio di funzioni pubbliche”. Che Puigdemont abbia esercitato funzioni pubbliche non è dubbio, e dunque la pena sarà non inferiore a sedici anni. Si capisce che chi può esserne accusato scappi.

Si può capire, ma non certo apprezzare. Visto che abbiamo cominciato col cinema, immaginiamo una scena da film. Puigdemont, improbabile autostoppista, chiede un passaggio per andare da Gerona in Francia. Un vecchio signore, lo riconosce, lo fa salire in auto e gli dice: “Guardi che do un passaggio a un fuggiasco, non a Carles Puigdemont, l’eroe dell’indipendenza catalana. Quello in questo momento è sicuramente nella Generalitat, come Salvador Allende. Il politico cileno le aveva sbagliate tutte, ma era un uomo di carattere: e infatti, nel momento supremo, non abbandonò il Palacio della Moneda, a Santiago. Affrontò i golpisti con le armi in ugno e infine si è suicidò per non cadere nelle loro mani”. La storia a volte non offre alternativa.

Non si tratta di fare gli eroi a spese altrui. Si tratta di essere coerenti con la parte che si è scelto di recitare. Se Puigdemont era convinto che la proclamazione dell’indipendenza catalana era legittima, doveva considerare illegittima la reazione di Madrid, e dunque testimoniare questa illegalità lasciandosi arrestare. Perché questo imponeva il ruolo che si era scelto. Se invece era convinto che quella proclamazione era illegale, ha creato alla sua regione gravissimi ed inutili problemi. Quanto a lui personalmente, fuggendo è scaduto al livello di un qualunque ladro di galline. Se ce ne sono ancora.

Sono francamente deluso. Da uno spagnolo mi aspettavo di meglio. Non è bello vedere pose eroiche, finché non c’è pericolo, e fughe ignominiose quando si comincia a fare sul serio. E così rimane provato che un conto è riempirsi la bocca di belle parole, inclusa l’indipendenza della Catalogna, un altro conto è andare in galera per questo stupido capriccio. Ma forse il personaggio di Shelley Winters la sapeva più lunga di me. Che volete, sempre uomini sono.

giannipardo@libero.it

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