Corea del Nord, minacce e problemi reali del regime di Kim Jong-un
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La minaccia è un’arma che si agita per indurre l’altro a fare o non fare qualcosa. Se ne serve il rapinatore per indurre la sua vittima a consegnargli il portafogli e se ne serve il gatto, soffiando e mostrando i canini, per indurre il cane a stare alla larga: dunque può essere offensiva o difensiva. Da decenni la Corea del Nord minaccia l’universo mondo, senza che si capisca perché. Che cosa chiede? Niente. Qualcuno è aggressivo, nei suoi confronti? Neppure.
La Corea del Sud, infinitamente più prospera, più ricca e più tecnologicamente progredita della Corea del Nord non ha interesse ad aggredirla, anche perché - soprattutto dopo l’esperienza della riunificazione tedesca e dei costi che ha comportato – non vorrebbe la riunificazione delle due Coree nemmeno se gliela offrissero gratis. La Cina, confinante da nord, non ha interesse ad aggredire Pyong Yang, ché anzi, da sempre, protegge la sua piccola alleata. Alla fine della guerra del 1950 questa era esausta e matura come una pera che sta per cadere dall’albero, e invece – credo di ricordare contro il parere del generale McArthur, ma proprio a causa della protezione cinese - fu rispettata e lasciata indipendente. Gli Stati Uniti, fin troppo lontani, non hanno il minimo interesse ad aggredire la Corea del Nord. Il Giappone, gigante economico, non lo farebbe mai, anche se in passato ha fatto della Corea una sua colonia, perché oggi la sua parte settentrionale non vale assolutamente niente. Non ha grandi risorse, non ha valore strategico, non sorveglia (come la Turchia col Bosforo) stretti importanti, insomma non è assolutamente nessuno. La Cina, forse, potrebbe avere interesse a strapparle una ventina di chilometri quadrati di territorio, a nord, per avere l’accesso al Mar del Giappone, ma non ha mai manifestato questo bisogno. E comunque potrebbe farlo con la mano sinistra, distrattamente, tale è la sproporzione fra i due Paesi.
Tutto ciò posto, il fatto che da sempre la Corea del Nord parli di guerra, di armamenti, di risposta alle minacce degli altri – e in primo luogo della Corea del Sud, del Giappone e degli Stati Uniti – ha del fantastico. Ora addirittura sostiene di aver bisogno della bomba atomica e dei missili balistici intercontinentali per la sua sicurezza nazionale. Sembra la strega di Biancaneve che dice di non poter fare a meno della cintura di castità per preservare la propria verginità. E tuttavia il mondo è costretto, se non a prendere sul serio le ragioni di questo nano aggressivo, almeno a temere i mezzi di cui ora si è dotato e con cui potrebbe tentare di porre in essere le sue strampalate e pericolose iniziative.
Storicamente, la guerra di Corea del 1950 fu, come quella del Vietnam, una guerra d’aggressione e d’annessione del Nord contro il Sud. E se il Sud si salvò (per un pelo) fu perché al consiglio di Sicurezza dell’Onu l’Unione Sovietica non oppose il veto (credo disertasse le riunioni, in quel momento) e gli Stati Uniti si impegnarono a fondo. Infatti dovettero ripartire da Pusan, quando stavano per essere rigettati in mare e la penisola era ormai quasi tutta in mano a Pyong Yang. Dunque storicamente, se qualcuno dovrebbe avere qualcosa da temere, è Seul, non Pyong Yang. Ma la realtà è quella che è. E rimane la domanda: che cosa vuole realmente la Corea del Nord? I suoi proclami difensivi non sono credibili, ma quali sono le sue reali intenzioni?
E qui si accettano scommesse. Potrebbe darsi che, per rispondere alla fame e all’insoddisfazione del Paese, gli si offra in compenso una scorpacciata di retorica, sostenuta dai sogni di potenza che consente l’armamento atomico. E dunque Kim Jong-un non sarebbe da prendere sul serio. Sono decenni che, dinanzi al disastro economico nordcoreano, le grandi potenze hanno aspettato l’implosione del regime, che però non si è verificata. Inoltre per molto tempo non hanno seriamente creduto che il regime fosse in grado di farsi la bomba. Anche perché ogni volta che lo proclamava e raddoppiava le sue minacce, poi smetteva quando otteneva qualcosa, per esempio aiuti alimentari. Insomma il comportamento nordcoreano, nel corso dei decenni, è stato contemporaneamente inconcludente e incomprensibile. Solo che recentemente la bomba atomica, se pure sperimentale, l’ha fatta scoppiare sul serio, e questo ha cambiato completamente il quadro.
Can che abbaia non morde, ma ciò soprattutto se è sdentato. Se invece dispone di denti atomici, e non è chiaro neppure se e contro chi intenda usarli, bisogna assolutamente premunirsi contro le brutte sorprese. L’obiettivo più ovvio del Nord è la Corea del Sud. Questa, per difendersi, da oltre sessant’anni dispone soprattutto dell’alleanza con gli Stati Uniti. Ma la sua capitale – una metropoli poco lontana dalla frontiera – nel caso di un attacco atomico a sorpresa sarebbe una vittima duecento volte più grande di Hiroshima.
Le potenze interessate, e in primo luogo la stessa Corea del Sud, sono costrette a prendere di petto un problema che, per i molti decenni passati, è stato spazzato sotto il tappeto, o liquidato con un’alzata di spalle. “Se ci aggrediscono li annientiamo”. Ma se l’aggressione fosse attuata con una bomba atomica su Seul, come si farebbe poi marcia indietro? Dunque non bisogna impedire che Pyong Yang aggredisca il Sud, bisogna impedire che abbia la possibilità di farlo. Ma come ottenerlo?
Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it