Esteri

G20 Roma senza Xi-Putin e con divisioni interne: multilateralismo in ritirata

di Lorenzo Lamperti

Al via l'evento globale nella capitale italiana. Ma dietro i numeri c'è la realtà

Ovviamente non oro colato, ma una narrativa abbastanza diffusa e a sprazzi penetrante da creare qualche dubbio nell'efficacia di eventi come quello del G20. E dire che era tutto cominciato d'amore e d'accordo, nel 1999, per trovare risposte comuni alle crisi finanziarie globali e tenendo in conto le economie in via di sviluppo. Due anni dopo la Cina sarebbe entrata nell'Organizzazione mondiale del commercio. Poi qualcosa si è perso per strada, perché Pechino in primis e Mosca a rimorchio non accettano più di adeguarsi alla linea imposta da altri e si sentono abbastanza forti per sedersi a tavoli sui quali sanno di poter dare loro le carte. Ecco perché c'è già qualcuno che parla di una nuova fase di multilateralismo, chiamandola "minilateralismo". Piccole organizzazioni e piattaforme regionali o tematiche che perseguono interessi comuni a gruppi minori, superando il problema dei diritti di veto o della cooperazione globale che in epoca di protezionismi, sovranismi e guerre fredde tecnologiche sembra molto difficile da ottenere.

Irrimediabilmente ci sono dei riflessi sull'agenda del G20 romano. Le tre tematiche principali dell'evento sono indicate in queste tre parole chiave: persone, pianeta e prosperità. Con ovvi rifearimenti alla pandemia da Covid-19, la necessità del completamento di un post emergenza stabile e proficuo dal punto di vista economico e azioni forti a tutela dell'ambiente e in contrasto al cambiamento climatico, argomento al centro dell'altro grande appuntamento dei prossimi giorni, la Cop26 sul clima di Glasgow. Ma l'assenza fisica di alcuni leader e le divisioni interne, per quanto sottili, possono produrre un risultato al di sotto delle attese. Che a loro volta si stanno irrimediabilmente abbassando.