Esteri
Gaza, nessuna pace sarà davvero possibile. Ecco che cosa si nasconde dietro il piano di Trump
L'idea della Casa Bianca: rivedere, assieme alla rinascita di Gaza (primo inevitabile passo), l’intero assetto territoriale mediorientale
Gaza, ecco che cosa si nasconde dietro il piano di Trump
Al di là della “sparata” nel più tipico stile trumpiano, il progetto per la nuova Gaza enunciato dal Presidente americano sembra rispondere ad un innegabile ed ineludibile elemento di realtà: la sicurezza di Israele.
Comunque la si voglia guardare e tentare di risolvere (la teoria dei due popoli-due stati che tutti richiamano ha per il momento -un momento che dura da 70 anni- fallito), la vicenda medio orientale dipende e dipenderà sempre -che lo si voglia o no- dalla necessità di garantire ad Israele l’esistenza ed una “esistenza di pace”.
E in questa visione Gaza ha rappresentato, rappresenta e se rimarrà territorio di Hamas (organizzazione che vede nella distruzione di Israele la sua ragione di vita), rappresenterà sempre un elemento di devastante pericolo per la sopravvivenza d’Israele.
Con Gaza a ovest, la Cisgiordania ad est e il Libano dei pasdaran filo iraniani a Nord, Israele è stretta in una morsa mortale. Morsa che l’idea del Presidente Trump, seppur folcloristica, sembra voler superare. Bisogna dire le cose come stanno: finché la suddivisione territoriale del Medio Oriente resterà quella attuale nessuna pace o buona convivenza tra popoli sarà davvero possibile.
Tutto passa da questa cruna d’ago! E se l’idea della Casa Bianca sarà quella di rivedere, assieme alla rinascita di Gaza (primo inevitabile passo) l’intero assetto territoriale mediorientale una pace -seppur a medio o lungo termine- sarà davvero possibile. E non ci sarebbe da sconvolgere granché!
Basterebbe dare un accesso al mare alla Cisgiordania -ovvero al popolo palestinese- da nord, lungo il confine con il Libano e ricomprendere Gaza nello stato di Israele in una nuova mappa del territorio mediorientale che dall’Egitto, passi per Israele con il suo accesso al mare in Gaza, la Cisgiordania con il suo accesso al mare in quello che oggi è il nord di Israele per giungere al Libano. Un “quadro territoriale di pace” senza il quale ogni ipotesi di convivenza (due popoli per due stati) appare non solo impossibile ma neppure -ragionevolmente- impensabile.
Finché si parlerà di deportazioni (e parlare di “deportazioni volontarie” è davvero un insulto all’intelligenza) tutto risulterà maledettamente -e giustamente- complicato, ma se si avrà la sensibilità, la tenacia e la coraggiosa lungimiranza di utilizzare eventualmente anche il “piano Trump” per coinvolgere tutti gli attori dell’area in un autentico progetto di pace che incida “nella carne” di un nuovo assetto territoriale capace di supportare e garantire davvero una pace, la meta sarà più vicina di quanto si pensi, “riviera” o "non riviera” che sia!