Esteri

Guerra Israele, a Doha negoziati per il cessate il fuoco. Ma a Gaza il massacro continua

Un eccidio dopo l'altro, che da questa parte del Mediterraneo non fa più notizia

di M. Alessandra Filippi

Con la sinistra parli di tregua, con la destra semini "bagni di sangue"

Sono i paradossi tragici ai quali questa guerra devastante ci ha abituati. Mentre tutti i fari sono puntati su Doha e i negoziati per il cessate il fuoco nella Striscia, che fonti anonime danno ormai per "imminente", a Gaza Israele intensifica i bombardamenti aerei. Ieri gli attacchi hanno centrato quel che restava di una scuola trasformata in rifugio, nella quale erano stipate donne e bambini, oltre che alcune palazzine residenziali ancora rimaste in piedi. L'ultimo raid aereo, alle prime luci dell'alba, ha ucciso in un colpo solo 24 palestinesi, che si aggiungono ai 63 uccisi ieri.

Un eccidio dopo l'altro, che da questa parte del Mediterraneo non fa più notizia. Secondo quanto riporta The New Arab, medici appartenenti alla MAP-Medical Aid for Palestinian, organizzazione sanitaria senza scopo di lucro con sede nel Regno Unito, avrebbero affermato di aver assistito ad attacchi israeliani volti a "distruggere o uccidere", e aggiunto "È come quando un appaltatore dice ai suoi operai di concludere e finire tutto in fretta. È una follia assoluta."

La perversità espressa sul campo cammina di pari passo con la speranza emersa in queste ore dai colloqui per il cessate il fuoco, mediati dagli Stati Uniti insieme a Qatar ed Egitto. Trattative che fin da lunedì scorso non sono mai state così vicine a quello che i commentatori definiscono "closest point", la fase finale. Ai principali negoziatori israeliani, tra cui i capi delle agenzie di intelligence Mossad e Shin Bet, si è aggiunta una delegazione di alto livello della Jihad islamica, arrivata a Doha per partecipare ai colloqui sullo scambio di prigionieri e sul cessate il fuoco tra Hamas e Israele. Molteplici fonti hanno confermato che sono stati raggiunti progressi significativi nei negoziati. Le concessioni di Hamas sono importanti, contrariamente a quanto dichiarato dall'ormai uscente Segretario di Stato americano Antony Blinken, secondo il quale il solo scoglio rimasto sarebbero loro.

La realtà dei fatti è che, nonostante la pressione americana, Netanyahu prende tempo e sta ancora cercando di ottenere più risultati. E sebbene questa mattina sia stata annunciata la rinuncia della richiesta di una lista degli ostaggi ancora vivi all'interno della striscia di Gaza, Netanyahu continua a insistere sulla necessità di restare nella zona adducendo ragioni di sicurezza.

Vero è che la nuova piega presa dagli eventi ha mandato su tutte le furie i falchi sostenitori della linea dura. Bibi, per tenere buona l'ala oltranzista del suo governo, insiste nel dire che vuole il controllo militare su Gaza, indipendentemente da qualsiasi accordo. Le pressioni interne esercitate dall'estrema destra della sua coalizione non mollano e minacciano di ritirarsi se si raggiungerà l'accordo. Il ministro delle finanze Bezalel Smotrich, alla guida del Partito Nazionale Religioso-Sionismo Religioso, uno dei più intransigenti della coalizione, lo ha definito una "catastrofe per la sicurezza nazionale", mentre il ministro della Sicurezza Nazionale, Itamar Ben-Gvir ha chiamato alle armi il suo collega, esortandolo ad unirsi a lui nella lotta contro le debolezze del capo.

L'accordo dovrebbe essere implementato in tre fasi, simili al piano proposto dal presidente Joe Biden nel maggio 2024. Lunedì, nel suo ultimo discorso di politica estera durato mezz'ora, Biden ha affermato che "l'accordo di cessate il fuoco è a portata di mano dopo più di un anno di carneficina", precisando che la pressione da lui esercitata è stata determinante. "Ho imparato in molti anni di servizio pubblico a non arrendermi mai, mai, mai". E a proposito della situazione apocalittica dei palestinesi a Gaza, ha dichiarato: "Stiamo spingendo molto per chiudere questa questione. Hanno sofferto terribilmente in questa guerra iniziata da Hamas. Hanno attraversato l'inferno. Così tante persone innocenti sono state uccise, così tante comunità sono state distrutte. Il popolo palestinese merita la pace. Il diritto di determinare il proprio futuro".

La complessità delle trattative si riflette nelle notizie contrastanti che emergono dalle diverse fonti. Il quotidiano israeliano Yediot Ahronoth riporta che Hamas viene accusato di aver bloccato l'accordo sugli ostaggi, mentre i palestinesi attribuiscono la responsabilità a Israele. Secondo il Wall Street Journal, il leader di Hamas, Mohammed Sinwar, succeduto al fratello Yahya, ha approvato in linea di principio la proposta di accordo sugli ostaggi, mentre una fonte palestinese accusa Israele di aver nascosto dettagli chiave, tra cui le mappe del ritiro.

Dal canto suo Hamas ha fatto sapere che i colloqui hanno fatto progressi su alcune delle questioni controverse e più volte discusse nei 15 mesi di guerra, durante i quali Israele ha ucciso a Gaza più di 46.500 palestinesi e ne ha feriti oltre 110.000. "I negoziati su alcune questioni fondamentali hanno fatto progressi e stiamo lavorando per concludere presto ciò che resta", ha detto un funzionario del gruppo palestinese all'agenzia di stampa Reuters in condizione di anonimato.

Nei negoziati di pace in corso in Medio Oriente, emerge il ruolo del presidente eletto Donald Trump, il quale, secondo diversi analisti, esercita una "vera pressione" su Israele, in contrasto con l'approccio dell'amministrazione Biden. Secondo Marwan Bishara, editorialista e analista politico di Al Jazeera, "affermare di aver ottenuto la vittoria su un fronte nel quale ha collezionato una serie clamorosa di errori è oltre il limite accettabile". Bishara, pur esprimendo cauto ottimismo sull'accordo in corso, ha aggiunto che "Il diavolo si nasconde nei dettagli in un accordo del genere, perché hai a che fare con le bugie di Netanyahu, su ogni singola fase e su cosa è pronto a fare e a non fare".

Secondo Mohamad Elmasry, professore di studi sui media al Doha Institute for Graduate Studies, è probabile che un accordo di cessate il fuoco a Gaza venga approvato proprio grazie alla nuova pressione esercitata dall'amministrazione Trump. "Gli Stati Uniti hanno sempre una leva su Israele, anche Biden l'aveva. La realtà è che Joe Biden e Antony Blinken, per un motivo o per l'altro, non volevano porre fine a questa guerra. Avevano la capacità di farlo, ma non hanno mai esercitato una vera pressione su Israele". Di parere simile è il vicepresidente eletto JD Vance, il quale ha dichiarato: "È molto chiaro che il presidente che minaccia Hamas e rende chiaro che ci sarà l'inferno se i prigionieri non saranno rilasciati è parte del motivo per cui abbiamo fatto progressi."

C'è da chiedersi se l'"inferno" minacciato da Trump non sia preludio di una geopolitica aggressiva, capace di disegnare nuove alleanze in Medio Oriente. Trump è stato già regista dei Patti di Abramo nel 2020, accordi storici che hanno normalizzato le relazioni tra Israele e diversi paesi arabi, con suo genero Jared Kushner come principale architetto diplomatico. I negoziatori di Trump, con la loro politica di "fare accordi" e pressione esponenziale, hanno creato un contesto in cui qualsiasi cessate il fuoco apparirebbe come una vittoria diplomatica per gli Stati Uniti. Tuttavia, in termini di stabilità a lungo termine, questa potrebbe rivelarsi un'illusione.

La diplomazia del Medio Oriente è notoriamente sottile, fatta di messaggi codificati e strategie indirette. Dietro le dichiarazioni di Biden, che tenta un'impossibile pulizia della coscienza, si celano interessi economici, alleanze strategiche e un continuo gioco di potere tra i vari attori della scena mondiale. Il Qatar, l'Egitto e gli Stati Uniti si contendono il ruolo di mediatori, ma le loro motivazioni non sempre corrispondono a un reale impegno per la pace.

Il conflitto persiste perché la diplomazia della "parola" raramente coincide con quella della "realtà". Mentre a Doha si tratta per fermare il conflitto, e nei salotti diplomatici si parla di cessate il fuoco e soluzioni pacifiche, le truppe israeliane continuano a bombardare Gaza e i palestinesi restano intrappolati sotto il fuoco incrociato. Gli "accordi" sono troppo spesso un velo dietro cui si nascondono altri interessi, mentre sul terreno la vita dei palestinesi e la sicurezza degli israeliani vengono lasciate a un futuro incerto. Se il cessate il fuoco non fosse davvero una vittoria, ma solo un altro passaggio in una lunga serie di trattative senza vera risoluzione, dovremmo chiederci: cosa sta realmente cercando di ottenere la diplomazia occidentale? E soprattutto, fino a che punto i giochi di potere continuano a tenere prigioniera la pace?