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Esteri
I quattro weekend che decidono le sorti del mondo: ecco quali sono
G7 Giappone

Il Turkmenistan è famoso per i suoi giacimenti di gas che fanno gola alla Cina: di recente il dragone ha firmato un memorandum per la costruzione di una grande gasdotto che dal Turkmenistan, passando per l’Afghanistan, arriverà in Cina. Il Kazakhstan è un grande produttore di gas e petrolio. Kirghizi e Tagiki hanno risorse naturali rilevanti; i Kirghizi hanno una delle più grandi miniere di terre rare (di cui i depositi sono già stati sfruttati in epoca sovietici): il Kutessay II. Mettere le mani su quei siti è vitale per la Cina per rafforzare la sua presenza nel mercato delle Ree.

Numerosi gli argomenti discussi ma, per comodità, possiamo raggrupparli a quattro macro aree: collaborazioni e finanziamenti cinesi per infrastrutture fisiche, formazione di manager e tecnici locali a spese e ospiti delle università cinesi, accordi commerciali per acquisto di materie prime, collaborazioni sul fronte digitale e della difesa (ricordate Aws-Amazon qualche paragrafo sopra?). Il summit cinese sembra distante da noi occidentali, che al massimo ci interessiamo di una nazione extra Eu solo se ci scappa una guerra. Ma il centro Asia è strettamente collegato al Medio Oriente e entrambe le aree sono ora il campo giochi della Cina: una nazione che, pacificamente, ha risolto i problemi tra sciiti e sunniti (al secolo Iran e Saudi Arabia), che sta gestendo senza sparare un colpo la crisi afghana (unica tra le grandi nazioni che sta investendo dopo la situazione lasciata dagli americani) e che sta acquisendo la sovranità digitale (quella finanziaria è già cosa fatta) in Africa senza uso di armi o guerre democratiche.

Leggi anche: Xi, anti G7 con le repubbliche ex sovietiche. Ed entra nel giardino di Putin

Questi quattro eventi, per quanto differenti tra loro, sembrano descrivere con vivida evidenza come i centri di potere del mondo multi polare si stanno strutturando: dal vecchio potere occidentale-americano ai nuovi centri di potere mediorientali pro Cina e la visione della Pax cinese che sta congiungendo i puntini di una strategia iniziata 20 anni fa, di cui solo oggi, con un che di naïve, l’Occidente prende atto.

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