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Esteri
Israele, il dissenso e l'orrore per i crimini di guerra non è antisemitismo
Benjamin Netanyahu Primo ministro di Israele

Propaganda oscena. L’accusa è falsa e tendenziosa e serve a mascherare la deriva morale e spirituale dello Stato ebraico e dei Governi occidentali. Commento 

All’inizio di giugno, al Théâtre Antoine di Parigi, si è svolto un convegno sull’antisemitismo. Uno dei tanti con i quali in questi mesi è stata alimentata la macchina della propaganda sionista. Sostenuto da politici e intellettuali, il filosofo di origini ebraiche Bernard-Henri Lévy, a pochi giorni dal voto per le europee, rivolgendosi alle oltre mille persone presenti in sala ha lanciato il suo monito “Sull’Europa si sta abbattendo il tornado dell’antisemitismo”.

La sindaca di Parigi Anne Hidalgo, che ha dato la cittadinanza d’onore agli ostaggi israeliani, nel suo intervento, dal retrogusto elettorale, ha ribadito il suo “No alla banalizzazione dell’odio”, aggiungendo che “la vera sinistra democratica non strumentalizza la causa palestinese”. E giù un applauso scrosciante da prima della Scala. Lévy ha chiamato sul palco una ventina di ospiti, tutti uniti da un’unica solida missione: “allertare le coscienze sulla questione esistenziale che riguarda l’anima stessa dell’Europa moderna, fondata nel 1945, sulla memoria della Shoah. Una memoria che ora pare ad alcuni giovani lontana e indistinta tanto da sfumare il significato della parola genocidio”.

A parte il fatto che sull’Europa fondata sulla memoria della Shoah ci sarebbe molto da dire e dissentire, fra un’abiezione e l’altra, che Israele commette superando ogni giorno se stesso in efferatezza e perversione, da mesi osservo il fenomeno legato alle denunce per antisemitismo, sia da parte di Israele e delle comunità ebraiche, sia da parte di simpatizzanti sionisti della prima e ultima ora.

LEGGI ANCHE: Israele, Netanyahu contro il cessate il fuoco: "A Gaza una guerra di civiltà"

Con l’attenzione dell’entomologo ho scrutato questa strana marea che qualche volta si è ritirata, molto più spesso è montata, e non smette di crescere. Giunta a questo punto della curva di salita, sono arrivata alla conclusione che l’accusa è sostanzialmente falsa. Confezionata ad arte dall’oscena propaganda israeliana, che ha ramificazioni ovunque in Occidente e oltre, è l’accusa perfetta che permette di confondere le acque, ribaltare i piani, invertire i sensi, manipolare la realtà trasferendo sugli altri le proprie responsabilità; compreso l’innegabile razzismo e disprezzo verso tutto quello che non è “kosher”, o riconducibile alla tradizione ebraica. È in questo modo che qualunque forma di dissenso nei confronti di Israele e della carneficina umana che pratica senza sosta né pietà da nove mesi e, in verità, da 76 anni, è stata, e continua ad essere, trasformata in pericolosa manifestazione di antisemitismo e, di fatto, viene messa a tacere.

Certo, casi di vero odio razziale e religioso esistono, e ce ne sono per tutti, ma non sono né lo tsunami né il tornado che vogliono farci credere. E riguardo al fatto che Israele da nove mesi è considerato da buona parte degli esseri umani sani di mente uno Stato canaglia, razzista, militarizzato, criminale e assassino, non è dovuto a nessuna forma di antisemitismo bensì, sic et simpliciter, al suo modus operandi.

Caso vuole che Israele faccia rima con Babele, la cui torre, fin dalla notte dei tempi, rappresenta la confusione morale e spirituale dell'umanità. Ed è proprio la deriva morale e spirituale che viene contestata allo Stato ebraico. Una deriva nella quale sta trascinando l’Occidente e, nostro malgrado, tutti quanti noi che ci troviamo a queste latitudini. Dunque, il tema è che alla quasi totalità di noi raccapriccia assistere alla depravazione di un popolo che viene legittimato a maciullarne un altro, ingoiandolo al pari di un cannibale. Un vecchio adagio recita; chi è causa del suo mal pianga sé stesso. Israele, dunque, pianga sé stesso e non scarichi su altri, soprattutto su noi gentili, il peso dei propri crimini e colpe. Né si permetta di sostenere che la sua guerra “contro l'asse del male” sia anche “la nostra guerra”. Non solo non lo è, ma non vogliamo essere complici delle loro azioni criminali.

Va detto, senza paura e senza remore: quello che viene spacciato a reti unificate come antisemitismo, nel 99% dei casi è puro dissenso, sdegno, disgusto, sconcerto, condanna e, perché no, sano terrore. Purtroppo per Israele, e per fortuna per l’umanità, il mondo si è svegliato e ha iniziato a guardarlo in faccia per quel che è: uno stato antidemocratico, militarizzato, dove vige l'apartheid, e nel quale la repressione sistematica dei nativi palestinesi viene praticata con metodi violenti, barbari e feroci, contrari a qualunque principio sancito dai Diritti Umani, e in violazione degli stessi, attraverso segregazione, tortura, spoliazione, disumanizzazione, demonizzazione, omicidi indiscriminati, rapimenti, atti vandalici di ogni genere e natura.

Così, dopo averci tartassato per decenni con la Memoria dell’Olocausto, il cui slogan più celebre è “mai più!”, oggi Israele è il Paese sul quale pende un procedimento che lo vede indagato per probabile genocidio e che vede pendere sulla testa del suo Primo Ministro e del suo Ministro della Difesa la richiesta di mandato di arresto per Crimini di guerra e Crimini contro l’umanità, oltre a tutta una nutrita serie di altre accuse formulate da numerosi organi internazionali. Un Paese per il quale il 5 giugno scorso la Camera bassa dei rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato una bolla che prevede “l’applicazione di sanzioni e misure restrittive contro i giudici della Corte Penale Internazionale che sono impegnati in qualsiasi tentativo di indagare, arrestare, detenere o perseguire qualsiasi politico statunitense o persona protetta dal Paese che come gli USA non riconosca la CPI”. Una vera e propria messa in stato di accusa del Corte Penale e del suo procuratore, Karim Khan, a cui il testo fa esplicito riferimento. La conferma, l’ennesima, della volontà di porsi al di sopra della legge internazionale. L'approvazione del Senato è improbabile, ma il voto alla Camera dimostra il continuo sostegno incondizionato a Israele da parte dei legislatori statunitensi.

Così, mentre negli USA va in scena una caccia alle streghe che ha come vittima la Giustizia Internazionale e come obiettivo il sabotaggio della verità, Israele prosegue con l’osceno sterminio palestinese e con la pianificazione di conflitti sempre più vasti e dagli esiti imprevedibili. Nelle ultime 24 ore, con la solita scusa di uccidere miliziani di Hamas, l’esercito israeliano ha bombardato senza sosta la Striscia di Gaza, da nord a sud, commettendo, con diversi attacchi, l’ennesima carneficina di civili innocenti. Fra ieri e oggi l’esercito israeliano ha assassinato più di 100 persone e svariate decine di feriti.

Lo ha fatto colpendo scientemente il quartier generale dell'UNRWA a Gaza City, dove le bombe hanno smembrato letteralmente i corpi delle vittime, fra le quali c’è anche un medico; lo ha fatto prendendo di mira tendopoli e campi profughi zeppi fino all'orlo di famiglie, altro che di terroristi, e dove la stragrande maggioranza delle vittime sono, di nuovo, come sempre, bambini, donne e anziani. In sostanza, l’esercito ha colpito aree da lui stesso dichiarate sicure e in cui fino a ieri incoraggiava i palestinesi a trasferirsi. Un crimine anche questo del quale, insieme all’infinita lista di tutti gli altri, l’esercito più immorale del mondo dovrà rispondere, insieme ai vertici del suo Paese. Unitamente agli Stati Uniti, le cui bombe, fin dall’inizio, contribuiscono al genocidio in corso a Gaza. Bombe che la ex candidata repubblicana alla Casa Bianca Nikki Haley aveva autografato in occasione di una sua visita in Israele, scrivendoci sopra il macabro augurio “Uccideteli tutti” (recupera qui l'articolo).

Anche in Cisgiordania lo spargimento di sangue continua. Ogni giorno è peggio. In un video del 7 giugno, girato a Jenin, si vedono due palestinesi su uno scoter inseguiti dalle forze israeliane a bordo di una jeep blindata che improvvisamente cadono dalla moto, come fossero stati colpiti alle spalle. Dopo che le vittime si schiantano al suolo, la jeep si ferma brevemente accanto ai due corpi e poi prosegue, come se nulla fosse. Successivamente il video mostra gli equipaggi delle ambulanze della Mezzaluna Rossa Palestinese che tentano di recuperare i corpi sotto il fuoco incrociato dell'esercito israeliano. E ieri pomeriggio è circolato un nuovo video, ancora più osceno, girato ancora una volta a Jenin, il campo profughi palestinese da mesi al centro di una feroce e sanguinosa rappresaglia, nel quale si vede il corpo ferito di un palestinese legato al cofano di un veicolo militare delle forze israeliane che lo hanno utilizzato come scudo umano per farsi strada fra le vie della Cisgiordania occupata. E non si contano i rapimenti, gli atti vandalici, gli assassini a sangue freddo, i raid nei villaggi, vere e proprie azioni di guerriglia terrorista commessa ai danni di inermi cittadini palestinesi la cui unica colpa è quella di essere del colore e della fede sbagliata.

Si potrebbe mettere insieme una Treccani del crimine con tutti quelli commessi da Israele in questi nove mesi e sette decenni di impunita pulizia etnica dei nativi palestinesi.

Quel che accade a Gaza, devastata oltre ogni immaginazione e, su diversa scala, anche in Cisgiordania, è un segnale che deve metterci in guardia circa lo stato generale di salute delle Democrazie nel mondo; e anche della Giustizia Internazionale, sbeffeggiata, ignorata e vilipesa a più riprese, e dallo scorso 5 giugno trasformata in “imputata” dagli Stati Uniti, insieme ai suoi rappresentanti. E questo per il solo fatto di essersi permessa di accusare lo Stato ebraico e i suoi massimi vertici di crimini incontestabili, documentati, commessi sotto gli occhi di tutti. Israele, attraverso la controllata americana, ci ha voluto trasferire un messaggio, il suo nuovo paradigma per questo XXI secolo, sintetizzabile con la memorabile battuta del Marchese del Grillo, alias Alberto Sordi: “Io so' io... e voi non siete un cazzo!”.

In questo mare di cattive notizie ne abbiamo una buona: gran parte dell’opinione pubblica mondiale in questi mesi si è svegliata, si mobilita senza sosta, e sta imparando a rispondere a tono, in barba all’azione repressiva e intimidatoria della propaganda sionista. Un vecchio proverbio arabo dice “il destino ti aspetta sulla strada che hai scelto per evitarlo”. Già, il destino ci attende sempre al varco. Israele, l’Europa e gli Stati Uniti farebbero bene a ricordarselo.






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