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Esteri
Medio Oriente, l'esplosione di un'escalation non può essere esclusa

Medio Oriente, si intravede il "cessate il fuoco". Ma l'esplosione di un'escalation non può essere esclusa

Da una parte l'inasprimento del conflitto tra Hezbollah e Israele, dall'altra l'apertura di Hamas al "cessate il fuoco" sono fattori che identificano il Medio Oriente come una terra molto complessa, con le sue criticità e contraddizioni. Per quanto tutti i protagonisti dimostrino di voler tenere aperta la strada del dialogo, l'improvvisa esplosione di un'escalation non può essere esclusa.

In una sorta di tira e molla, appare abbastanza evidente la volontà di USA e Iran di evitare lo scontro militare. Mentre il governo israeliano pareva deciso ad invadere il Libano, la Lega Araba ha dichiarato, dopo sette anni, di non considerare più Hezbollah un’organizzazione terrorista. È un grande segnale di apertura senza precedenti da parte del "blocco arabo" guidato dall’Egitto, principale alleato degli Stati Uniti e di Israele.

Hezbollah ha mantenuto la sua posizione, secondo cui fermerà gli attacchi dal Libano meridionale, solo se Israele cesserà le operazioni nella Striscia di Gaza e si ritirerà dai territori palestinesi.

Il 4 luglio, Hamas ha risposto positivamente alla proposta di accordo con Israele, proveniente dagli Stati Uniti. Sono, pertanto, ricominciate le trattative regionali. Il Qatar è tornato ad essere il dominus degli incontri e della diplomazia tra gli Stati Uniti, Israele e Palestina. Nel contempo, Hamas ha informato Hezbollah di aver accettato la proposta di un "cessate il fuoco". Le prospettive di una pace regionale sono ancora molto lontane. Resta, infatti, difficile capire cosa emergerà da questi nuovi negoziati.

"Un eventuale accordo per il "cessate il fuoco" su Gaza porterà alla fine delle ostilità tra Hezbollah e Stato ebraico - sostiene Lorenzo Trombetta su Limes. Ciononostante, serviranno garanzie politiche di medio e lungo termine per entrambi.

Consentendo in questo modo alle decine di migliaia di israeliani di far ritorno alle loro case in Alta Galilea. Affinché le altrettante decine di migliaia di libanesi possano tornare nel Sud del Libano sarà necessario uno sforzo finanziario e politico non indifferente: gran parte delle località libanesi lungo la linea del fronte sono distrutte".

Hezbollah e Israele, per raggiungere gli obiettivi dovranno effettuare un solido accordo politico, che riesca a tenere, al fine di evitare una guerra devastante e catastrofica, in cui nessuno potrà dichiararsi vincitore. Ci sono, ora, le condizioni per cui i mediatori egiziani e degli altri paesi possono parlare direttamente con i rappresentanti del partito armato alleato di Hamas e dell’Iran.

Limes informa che "finora i contatti avvenivano tra il mediatore dell'amministrazione americana, Amos Hochstein e il presidente del parlamento libanese, Nabih Berri, interlocutore con i paesi occidentali per conto di Hezbollah. Ma si è mossa anche la Francia nella figura dell'ex ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian, che ha fatto più volte la spola tra Beirut e Parigi per cercare di spingere per un cessate il fuoco tra Hezbollah e Israele".

"Alcuni paesi arabi alleati degli Stati Uniti – soprattutto gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita – possono garantire preziose risorse economiche da inviare al Libano, che si trova da quattro anni in default, come una specie di ricompensa, in caso di accordo con Israele. In questo contesto, il 2 luglio scorso Arabia Saudita e Libano hanno firmato a Beirut un accordo per l’avvio nel paese di circa 30 progetti umanitari e di sviluppo per un valore di dieci milioni di dollari. Solo di recente Riyad ha ripristinato le relazioni formali con Beirut, dopo anni di gelo proprio a causa delle relazioni tese con Hezbollah e con l’Iran".

Con Teheran i rapporti sono stati normalizzati – grazie alla mediazione cinese – nel marzo 2023. "La decisione della Lega Araba di rivedere le sue relazioni con Hezbollah e la decisione dell'Arabia Saudita di investire (sebbene mascherata da “progetti umanitari e di sviluppo") nel Libano nonostante il dominio del movimento filo-iraniano - continua l'articolo della rivista Limes - sono notizie che allontanano gli spettri di guerra. E che probabilmente preparano il terreno sia per la formulazione di un accordo-quadro tra il Partito di Dio e lo Stato ebraico sia per l’ingresso in Libano di finanziamenti del Golfo per ricostruire il Sud del paese".

Si osserva più freno, e meno frizione, sebbene in Medio Oriente i rapporti siano sempre così fragili da poter improvvisamente accadere il contrario.






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