Esteri

Storico crollo dell'export alimentare verso il Regno Unito post brexit

L'opinione di Vincenzo Caccioppoli

Le criticità maggiori si legano alle procedure doganali e all'aumento dei costi di trasporto dovuti a ritardi

Se il PIL diminuisce causa pandemia il Made in Italy agroalimentare sembra essere l’unico settore ad andare in controtendenza ed aumentare l’export. Lo dicono i dati ISTAT elaborati da una analisi della Coldiretti, da cui emerge che di fronte alla caduta dell’8,8% del Pil dovuto all’andamento negativo della domanda sia della componente nazionale che estera, nel 2020 sono cresciute solo le esportazioni di prodotti agroalimentari che fanno segnare “un aumento dell’1,4% a fronte del crollo generale del 10,8% nelle spedizioni all’estero”. Insomma cibo e bevande fanno segnare il record storico per il Made in Italy sulle tavole di tutto il mondo nonostante i disastrosi effetti Covid.

All’estero con il lockdown i consumatori stranieri non hanno comunque voluto rinunciare ai prodotti più tradizionali dell’alimentare Made in Italy, che mostra una grande capacità di resilienza nonostante le difficoltà degli operatori e dell’economia. La crescita della domanda di cibi e bevande all’estero – secondo l’analisi Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero nei primi undici mesi del 2020 – è stata trainata dalla Germania (+5,5%) che è il primo partner dell’Italia seguita dagli Usa (+5,2%) nonostante i dazi che hanno colpito i prodotti più significativi.

Ma in questo quadro tutto sommato positivo c'è sicuramente una nota stonata assai importante per il nostro mercato agroalimentare, che è quella rappresentata dallo storico crollo del 38,3% delle esportazioni Made in Italy in Gran Bretagna, nel mese successivo alla Brexit per effetto degli ostacoli burocratici ed amministratici che frenano gli scambi commerciali. I prodotti italiani più esportati in Gran Bretagna – sottolinea sempre la Coldiretti – sono nell’ordine gli alimentari, i mezzi di trasporto, l’abbigliamento, i macchinari ed apparecchi e metalli che pagano un conto salato alla Brexit ma a diminuire sono anche le importazioni in Italia da Oltremanica che si riducono addirittura del 70,3% e riguardano soprattutto mezzi di trasporto, prodotti chimici e macchinari ed apparecchi.

Le difficoltà negli scambi commerciali con la Gran Bretagna – continua la Coldiretti – mettono in pericolo 3,4 miliardi di esportazioni agroalimentari Made in Italy dello scorso anno con il Paese Oltremanica che si classifica al quarto posto tra i partner commerciali del Belpaese per cibo e bevande dopo Germania, Francia e Stati Uniti. Dopo il vino, con il prosecco in testa, al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti in Gran Bretagna ci sono – continua la Coldiretti – i derivati del pomodoro, ma rilevante è anche il ruolo della pasta, dei formaggi, salumi e dell’olio d’oliva e il flusso di Grana Padano e Parmigiano Reggiano.

Una voce dell’export importante che – sostiene la Coldiretti – rischia di essere messo a rischio dalle tensioni alle frontiere che possono trasformarsi in ritardi, particolarmente dannosi soprattutto per i prodotti deperibili come gli alimentari. La conferma – ricorda la Coldiretti – viene dai casi di confisca da parte di funzionari doganali olandesi di panini al prosciutto e altro cibo a viaggiatori e camionisti provenienti dal Regno Unito. Le criticità maggiori, per tutti i settori che esportano verso il Regno Unito, sono riscontrabili – sottolinea la Coldiretti – a livello di procedure doganali e sono legate all’aumento dei costi di trasporto dovuti a ritardi, maggiori controlli ed in generale alla burocrazia. Ad essere colpiti – spiega la Coldiretti – sono soprattutto i piccoli produttori ma difficoltà specifiche sono causa di preoccupazioni nel settore florovivaistico, legate soprattutto ai certificati fitosanitari, che complicano gli scambi in quanto manca un riconoscimento reciproco dei passaporti fitosanitari.

A questo si lega anche la mancanza di un accordo sui requisiti fitosanitari e sanitari (Sps) che dal 1° luglio rischia di rendere il quadro ancora più complicato perché le autorità britanniche saranno chiamate a controlli alle frontiere sempre più completi, con ritardi e burocrazia che ne consegue. Anche nel settore vitivinicolo che è la principale voce dell’export agroalimentare Made in Italy – conclude la Coldiretti – si potrebbe riscontrare difficoltà soprattutto in materia di etichettatura, con norme specifiche previste però solo ad ottobre 2022.