Esteri

Sull'orlo dell'abisso

di Franco Cardini

"I media c’inondano di bambini che piangono abbracciando orsacchiotti e bambolette, di vecchiette che penosamente attraversano le strade sotto i bombardamenti"

Ora, ecco qua. Un’aggressione degli ucraini contro il Donbass è irrilevante: non la si vede da lontano, ha modestissime dimensioni e può essere “dimenticata” tanto più che i russofoni della foce del Don non interessano a nessuno in Occidente. Ma quando si muove l’Orso di Mosca, tutto cambia aspetto: e giù col mostro aggressore, col tiranno assassino. Giù con i media asserviti quasi tutti alla politica (quindi al parlamento italiano eletto con un numero di votanti così basso come prima non si era mai visto), la quale con i suoi partiti esangui, sempre meno autorevoli presso la pubblica opinione e sempre più omologati – fra il “patriottismo sovranista” della Meloni, l’euratlantismo blindato di Renzi e l’euratlantismo solo apparentemente più articolato di Letta non c’è pratica differenza – è a sua volta asservita agli alti comandi della NATO e al presidente degli USA, a sua volta asservito alla logica del potere, del profitto e della produzione dettatagli dai Signori di Davos. Che poi questi ultimi comincino a loro volta a preoccuparsi per le ripercussioni delle sanzioni alla Russia, è un altro discorso: e ne vedremo in atto le conseguenze fra qualche giorno.

Attenti quindi al pacifismo peloso di chi si preoccupa per i suoi interessi e i suoi profitti: se Mosca piangerà, non rideranno né Wall Street, né la City, né Francoforte. Questo è quanto preoccupa ora lorsignori, non certo i disagi e le sofferenze della gente. Mentre si continuano a ignorare o a fraintendere i segnali. Ad esempio, i russi indugiano a sottoporre Kiev alla stretta finale. Davvero si crede che siano stati impressionati dal fatto che il governo ucraino ha fatto girare qualche fucile tra gli adolescenti e i vecchietti? Davvero non ci sfiora il sospetto che stiano fermi in quanto sono in corso trattative e Putin intende dare agli ucraini il tempo d’una pausa di riflessione che, se volesse, potrebbe tranquillamente negare?

Ma intanto sono senza dubbio le vittime del momento a salire al proscenio e ad essere sistemati nelle lucenti vetrine massmediali. Che c’inondano di bambini e di bambine che piangono abbracciando orsacchiotti e bambolette e gattini, di vecchiette che penosamente attraversano le strade sotto i bombardamenti, magari perfino con quel Grandguignol di volti insanguinati e di cadaveri dilaniati che specie in TV è oggetto da sempre di un trattamento bipolare: vi sono cadaveri di serie A che si debbono mostrare per trasformarli nella moneta sonante del consenso e cadaveri di serie B che è meglio nascondere per non “turbare” chi li vede. Ed è evidente che i morti di Kiev ucraini sono di serie A: come le bambine che piangono avvinghiate agli orsacchiotti e le vecchiette che penano ad attraversare la strada per porsi al riparo.

Ma di grazia, razza di vipere e sepolcri imbiancati che non siate altro; ci voleva Kiev per svegliarvi all’umana compassione suscitata per ricavarne risultati politici antirussi? È vero che, in un passato anche recente, le città di Gaza, di Beirut, di Belgrado, di Kabul, di Baghdad, di Damasco, erano piene di cadaveri di serie B dei quali non si doveva parlare per non “turbare” le nostre coscienze, ma davvero non vi eravate accorti della massa di sofferenza che i nostri bombardamenti “chirurgici” e le nostre bombe “intelligenti” stavano provocando? Anzi, mi ricordo i gridolini di gioia che si alzavano dai salotti delle buone famiglie italiane, in quelle notti del 2003 in cui la TV ci mostrava il bombardamento di Baghdad, con il fantastico sfrecciare di quei raggi verdi sugli edifici presi di mira. Che spettacolo! Ci pensavate alla pena e al terrore là sotto? Bene: ora è il turno degli ucraini per soffrire e per aver paura. Domani potrebbe arrivare anche il nostro turno, e pensare che ci preoccupiamo già del gas per il riscaldamento. Se comincia così, la nostra volontà di resistenza…

Lavoriamo per la pace, dunque. Ma facciamolo con realismo, senza piagnistei e senza isterismi manichei. Manifestare per la pace ma al tempo stesso “schierarsi con l’Occidente”, “senza se e senza ma”, significa solo contribuire a correre a passo di carica verso una prosecuzione e un allargamento del conflitto che non può giovare a nessuno. Le guerre, le perdono tutti.

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