Esteri

Super Tuesday, Sanders paga lo spettro Corbyn. Il virus aiuta Biden vs Trump

Lorenzo Lamperti

In pochi giorni le pedine sulla scacchiera delle primarie Dem hanno cambiato completamente disposizione. Ecco perché

Il primo a capirlo, gliene va dato atto, è stato Donald Trump. Subito dopo l'inizio delle primarie Democratiche, qualche settimana fa in Iowa, il presidente degli Stati Uniti aveva adombrato la possibilità di un "complotto" ai danni di quello che lui chiama amichevolmente "Mad Bernie", alias Sanders. Certo, la definizione è molto forzata. Non è stato un "complotto" ma un riposizionamento, rapidissimo per la verità, dell'anima moderata e di "establishment" del partito attorno al nome di Joe Biden

Eppure sembrava impossibile. Biden aveva fatto flop nelle prime due uscite, in Iowa e New Hampshire. Il giovane Pete Buttigieg, 38 anni, sembrava aver preso il suo posto sullo scacchiere delle affollate (alemno fin o a qualche giorno fa) primarie Dem. Poi, è bastato qualche segnale di risveglio in Nevada e soprattutto la schiacciante vittoria in South Carolina (favorita dal voto degli afroamericani, che appoggiano Biden per i suoi trascorsi nell'amministrazione Obama) per cambiare completamente la predisposizione delle pedine.

Nei due giorni precedenti al Super Tuesday si sono fatti da parte sia Buttigieg che Amy Klobuchar, dichiarando il loro appoggio per Biden. Un fulmine a ciel sereno per Sanders, improvvisamente sulla difensiva. Troppo importante per i Dem cercare di evitare di imitare la disfatta del Labour Party nel Regno Unito. In molti hanno infatti accostato la figura di Sanders a quella di Jeremy Corbyn, le cui posizioni radicali hanno spianato la strada al trionfo di Boris Johnson.

La speranza dell'anziano radical era che Michael Bloomberg, all'esordio nella contesa proprio nella notte del Super Martedì, potesse fare bene e rubare delegati a Biden. Nulla di tutto ciò. Il multimiliardario editore ed ex sindaco di New York ha fatto flop, vincendo solo nelle Isole Samoa, non proprio il fulcro delle primarie. Altrove sono arrivate batoste praticamente ovunque, anche in Stati come la Virginia dove aveva investito fior di quattrini per spingere la sua campagna.

Il voto moderato è andato così in blocco a Biden, che ha conquistato 9 Stati su 14, lasciandone solo 4 al rivale Sanders. Vero che il senatore del Vermont ha vinto in California, dove erano in palio 415 delegati, il bottino più ghiotto della tornata, ma altrettanto vero che nel secondo peso massimo della nottata, il Texas, l'ha inaspettatamente spuntata Biden, con i sondaggi che davano favorito Sanders grazie al voto latino.

Le brutte notizie, per Sanders, non finiscono qui. Elizabeth Warren, la vera delusione delle primarie, ha dichiarato che (almeno per ora) non si ritirerà. L'ultima donna rimasta nella corsa aveva acceso molti entusiasmi negli scorsi mesi, con i suoi fan che avevano anche coniato lo slogan "Warren has a plan for that", per sottolineare il suo approccio molto concreto ai temi del dibattito politico. Qualcosa però non ha funzionato, e la Warren annaspa, ormai lontanissima dall'obiettivo candidatura. Un suo eventuale ritiro avrebbe lasciato Sanders da solo nello schieramento radical, dandogli nuovo impulso nella corsa per la presidenza.

Ora invece Biden è il grande favorito per arrivare a sfidare Trump alle presidenziali del 3 novembre. Nonostante qualche svarione e imprecisione durante le prime settimane di campagna elettorale, l'ex vice di Obama è riuscito a non naufragare del tutto, anche se reggendosi alle corde, e alla fine è riuscito a rimettersi in piedi. La sua "normalità" sta finalmente pagando, grazie all'appoggio che gli arriva non solo dagli afroamericani ma anche da altre categorie rilevanti, come i colletti blu e i vigili del fuoco. Da qui ha costruito la sua ripartenza, che gli ha consentito di vincere in Alabama, Arkansas, Minnesota, North Carolina, Oklahoma, Tennessee, Texas. Virginia e Massachusetts, lasciando a Sanders solo Colorado, Utah, Vermont e California.

Trump, non è un mistero, preferirebbe vedersela con Sanders. Un rivale molto più simile a lui ma, per forza di cose, meno inclusivo visto il posizionamento socialista che difficilmente paga sui grandi palcoscenici negli Usa. Senza contare che The Donald, da sempre terrorizzato dal cosiddetto "Deep State", vede in Biden il candidato più attiguo al "sistema", e dunque più temibile. Non a caso il Kievgate gira proprio intorno all'interessamento di Trump per Biden in Ucraina. E ora l'emergenza coronavirus rischia di creare più di un grattacapo a Trump. Secondo gli exit poll di Nbc, circa la metà dei votanti alle primarie dem di California, Texas, Carolina del Nord, Tennessee e Virginia, ha definito il Covid-19 un fattore chiave nella scelta di votare Biden. 

La corsa alle primarie Dem è ancora lunga, certo, ma il favorito è improvvisamente cambiato. E le presidenziali di novembre sembrano un pochino più incerte.