Esteri
Terremoto in Tibet, per la Cina un'occasione di rinforzare il proprio ruolo nella regione
Il sisma nella regione autonoma, che ha un rapporto tormentato con Pechino, vede la Cina già all'opera con solerzia per aiutare la popolazione ed avviare la ricostruzione. Una mobilitazione utile anche politicamente
Terremoto in Tibet, per Pechino un'occasione di rinforzare il proprio ruolo nella regione
Quando in Cina la terra trema non è mai soltanto una questione legata alla natura. Ogni tremore, anche nella storia recente del Dragone, ha assunto significati simbolici soprattutto in ambito politico. Basti pensare al sisma di Tangshan, il più distruttivo in assoluto del XX secolo: la scossa, datata 28 luglio 1976, ha anticipato di poche settimane la morte di Mao Zedong, fondatore e padre della Cina comunista. Quel sisma, ancora oggi, da molti è additato come segnale premonitore della fine dell'era di Mao. E c'è anche un caso più recente, quello relativo al terremoto dello Sichuan del 2008, nell'anno delle Olimpiadi di Pechino.
Tibet, una regione da sempre delicata per la Cina
Il terremoto di questo martedì ha colpito il Tibet. Ossia una delle province più delicate sotto il profilo politico e sociale. Basti pensare che qui le truppe di Mao sono riuscite ad entrare soltanto nel 1951, due anni dopo il termine della guerra civile e la fondazione dell'odierna Repubblica Popolare Cinese.
Non è stata soltanto l'asperità del territorio, caratterizzato dall'altopiano del Tibet e dalla presenza della catena dell'Himalaya, ad aver a suo tempo rallentato l'avanzata dell'esercito popolare. La regione è popolata in maggioranza da cittadini appartenenti all'etnia tibetana. La lingua e la cultura di chi abita da queste parti dunque, hanno diverse peculiarità rispetto a quelle dei cittadini di etnia Han, la più diffusa in Cina. C'è poi da valutare l'aspetto religioso, con il Tibet che è culla del buddismo tibetano.
Si tratta di elementi che non hanno mai mancato di creare negli anni aspri contrasti tra la popolazione locale e le istituzioni centrali. Contrasti che hanno l'aspetto di gravi grattacapi interni e internazionali per la Cina. Le azioni di Pechino nel Tibet infatti, sono costantemente sotto i riflettori. A dimostrarlo, tra le altre cose, anche la popolarità all'estero del Dalai Lama, figura centrale del buddismo e in esilio dal 1959.
La scossa è anche un'occasione per Pechino
Alle accuse di reprimere la popolazione tibetana, le autorità di Pechino hanno sempre risposto mostrando i dati economici della regione. Anche se il Tibet rappresenta ancora la provincia più povera, è altrettanto vero che qui la crescita annuale del Pil è ancora attorno il 10%, a fronte di un 5% nazionale. Inoltre, specialmente nell'ultimo decennio, la regione è stata dotata di importanti infrastrutture capaci di fare uscire il territorio dallo storico isolamento geografico.
La risposta alla tragedia legata al sisma di questo martedì, al fianco del lutto per le almeno cento vittime accertate, potrebbe costituire una nuova occasione per il governo cinese. La mobilitazione immediata di oltre 1.500 uomini dell'esercito verso le aree più colpite, i soccorsi indirizzati nei villaggi più remoti, sono tutti elementi che Pechino potrebbe utilizzare a suo favore. E, in particolare, per far parlare in modo positivo del proprio ruolo nella regione. Un discorso che ovviamente varrà anche per la successiva fase, quella della ricostruzione.
Il precedente del sisma dello Sichuan del 2008
C'è un procedente in tal senso ed è quello dello Sichuan. Quando, 17 anni fa, la terra ha tremato violentemente nella regione, le autorità di Pechino hanno subito voluto dar prova di efficienza. La scossa del maggio del 2008 è stata ancora più forte di quella odierna in Tibet e ha colpito un'area densamente urbanizzata e abitata.
Intere città sono state rase al suolo, anche molti edifici moderni all'epoca non sono stati in grado di resistere alle sollecitazioni telluriche. Il governo in quel momento era retto da Hu Jintao, il quale stava già attraversando una fase politica molto delicata: da lì a breve la Cina avrebbe avuto gli occhi del mondo puntati addosso per le Olimpiadi del 2008 e, proprio in Tibet, erano in corso alcune delle più violente proteste degli ultimi anni.
Da qui la reazione da parte di Hu. Da un lato, Pechino ha ammesso subito l'entità del disastro, senza nascondere nulla né all'opinione pubblica interna e né a quella internazionale. Dall'altro, le autorità si sono mosse a favore di un'enorme opera di ricostruzione, in grado di coinvolgere anche le aree limitrofe all'epicentro. Solerzia nella risposta e nella ricostruzione basteranno oggi in Tibet per trasformare il sisma da evento luttuoso a occasione per il governo?