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I 500 miliardi di Trump per l'AI sono un cinico segnale anche per Musk
Il progetto Stargate segna uno strategico smarcamento di Trump dal suo strettissimo alleato. E ai leader delle Big Tech The Donald dice: "Sbranatevi tra voi, l'America ne beneficierà"
I 500 miliardi di Trump per l'AI sono un cinico segnale anche per Musk
Cinquecento miliardi di dollari per l’intelligenza artificiale, una maxi-alleanza stile “Progetto Manhattan” e una dinamica sistemica di matrice tecnologica che plasmerà il grande rapporto tra potere americano, apparati e Stato profondo economico e tecnologico.
Il progetto Stargate promosso martedì da Donald Trump con Larry Ellison, Ceo di Oracle, Sam Altmann, ad di OpenAI, e Masayoshi Son, patron di SoftBank, è un piano a tutto campo che parla al futuro degli States, plasma una nuova alleanza tra il comandante in capo e il Big Tech che l’ha a lungo avversato e “militarizza” il rapporto pubblico-privato verso l’obiettivo comune della dominazione tecnologica da parte degli States. Ma parla soprattutto per chi è assente, più per chi è presente: Elon Musk non è della partita e, intanto, ha lanciato un duro affondo contro Altmann, ritenuto un cacciatore di fondi pubblici, e soprattutto Son, banchiere giapponese che secondo Musk ha poco più della metà dei 19 miliardi che ha promesso di inserire nell’investimento iniziale di 100 in una prima fase.
Trump, i 500 miliardi per l'AI e l'apparente sgarbo a Musk
Questa mossa può apparire in controtendenza con la volontà di Trump di dare al patron di Tesla, SpaceX e Neuralink un ruolo centrale nella nuova amministrazione, peraltro vidimata dalla guida di un nuovo dipartimento dell’efficienza governativa. Musk è stato decisivo per l’elezione di The Donald, ha guadagnato miliardi di dollari in azioni dal 5 novembre scorso e da tempo è in campo per fare tanto da primo sostenitore quanto da ideologo della destra trumpiana. Perché però Trump ha deciso di dare spazio, nel sostenere un progetto, al piano di rivali di Musk come Altmann nella sua prima uscita pubblica da presidente?
Quello che può sembrare un fatto contraddittorio è in realtà coerente con la visione di Trump, che in primo luogo ricorda sempre di essere un fautore del capitalismo americano, dunque della concorrenza anche spietata tra imprese. In secondo luogo, The Donald intende plasmare un rapporto sistemico con le Big Tech sapendo che gli investimenti dei multi-miliardari in Ia, chip, data center creeranno a tutto campo valore economico-industriale, posti di lavoro e sviluppo che genereranno sviluppo e prosperità per gli States, consolidando il suo potere con l’aumento dei fatturati corporate. Terzo punto è il fatto che Musk avrà un ruolo privilegiato nella nuova corsa allo spazio e al suo legame con la sicurezza nazionale, e dunque diversificare serve a Trump per evitare la dipendenza di Washington da un singolo magnate.
“Trump vuole annunciare progetti di costruzione e posti di lavoro, mettendo il suo cappello sul ciclo di investimenti e catturando la nostra attenzione: “50 miliardi! 100 miliardi! 500 miliardi! 5.000 miliardi!” È così che Trump capisce sul serio l’intelligenza artificiale “, scrive su X l’analista di Limes Alessandro Aresu, aggiungendo che per Trump “l’Ia è un’industria” e The Donald percepisce che per svilupparla “serve energia (da qualunque fonte, drill baby drill) e va costruita. Degli altri aspetti, a Trump non importa granché ma l’aspetto fisico delle tecnologie è sempre cruciale”.
Trump vuole vedere i leader delle big tech sbranarsi tra loro. E l'America ringrazia
E l’alleanza col nuovo Big Tech si plasma su un paradigma rinnovata: non è più il software (dal motore di ricerca all’algoritmo) il cuore ma, parafrasando Aresu, è l’hardware che domina tutto. Per svilupparlo, nota Aresu, “basta ragionare un po’ per capire che Trump, consapevole della situazione, non vuole essere dipendente da un solo leader tecnologico ma vuole farli “sbranare” tra loro. Vogliono fare i "gladiatori"? Prego, procedano”. La prosperità e la supremazia dell’America ringrazieranno.